venerdì 29 giugno 2012

Gaggìa, profumo di giovinezza

E’ da poco iniziata la stagione del mare; papà, che odia l’inverno e anche il blando freddo catanese gli sembra Siberia, ne aspetta impaziente l’arrivo; a partire, dai primi giorni di giugno con tono di supplica e un po’ di comando, come solo un padre che ha superato i novant’anni sa fare, la richiesta pressante è sempre la stessa: quando ti finisce la scuola?, quando si va al mare? Mio padre che è stato insegnante dovrebbe sapere che la scuola ha scadenze precise: ci sono gli scrutini, le ultime scartoffie burocratiche da consegnare e l’ultimo Collegio Docenti da presenziare ma alla sua età si è preso il lusso di non più ricordare le incombenze noiose della vita per rammentare solo la cose belle della sua infanzia che per lui è Africa, Bengasi, il mare, il sole, la sabbia della lunga spiaggia della Giuliana. Noi non siamo lontani dall’ Africa, abitiamo in Sicilia e anche a Catania c’è una splendida spiaggia di sabbia dorata dove negli ultimi anni, per lunghe stagioni di mare, andiamo ogni giorno d’estate a rinverdire il ricordo di spiagge africane.
Quando finisce la scuola? Quando si va al mare? E quando, infine, è possibile andare, papà che d’inverno è spesso scontroso, chiuso in remoti pensieri inespressi, sotto l’ombrellone a due metri dal mare diviene loquace ed è un conto e racconto di eventi lontani, mille volte sentiti ma sempre graditi, di cui conosco ritmo e fermate. Ed il flash dei ricordi gli scatta immediato al solo annusare, portato dal vento di mare, un vago profumo che sale da un fitto intrigo di spine e di fiori di un giallo solare.

Un grande groviglio di acacie spinose, cresciute spontanee ai bordi sassosi del lido, gli apre il ricordo di spiagge lontane, di giochi, di balli, di estati africane. Lo senti anche tu questo dolce profumo? E' fior di gaggia, un arbusto spinoso che cresce spontaneo su terre di pietre e di sale; fiorisce in estate ed emana profumo di miele; lo senti anche tu questo dolce profumo? Annusalo bene e tienilo a mente, è questo il profumo della mia giovinezza.

Informazioni botaniche sulla gaggia sul sito: giardinaggioirregolare.com


mercoledì 27 giugno 2012

Balconi di strada

Per riuscire a soddisfare il bisogno ancestrale di un ambiente in cui vivere che abbia parvenze di naturalità, gli uomini coltivano le piante; questo desiderio prescinde dalla posizione sociale e dalla disponibilità economica destinata a soddisfare tale bisogno. Infatti il desiderio di naturalità camuffato sotto esigenze estetiche, artistiche o di rappresentanza è un desiderio universale insito in ognuno di noi. Un piccolo vaso sbrecciato con dentro una Yucca o una latta di conserva destinata ad accogliere talee di senecio esprimono desiderio di naturalità così come un ardito progetto di pareti verdi verticali destinato ai palazzi più alla moda delle city. Ecco, allora alcuni esempi di “balconi di strada”  evidentemente capaci di soddisfare in chi li ha creati il desiderio di vivere nel verde.
"Balcone da marciapiede" a Catania; tra l'altro, in serie ripetute: Yucca, Phoenix, Monstera, Chlorophytum, Aspidistra, Senecio.
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Casa a mare del custode del Lido: Cordilyne, Tradescantia, Pelargonium, Mesembrianthemum, Echeveria, Chlorophytum, Hibiscus
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"Balconcino minimale" a Belpasso; si riconoscono: oleandro, agavi, rosa, palme del genere Phoenix e Washingtonia
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Pochi vasi curati con affetto da una anziana signora ad Adrano: Asparagus plumosus, Pelargonium
 
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A Brucoli un balcone fiorito essenziale, monospecifico
Bryophyllum daigremontianum

sabato 23 giugno 2012

Orto botanico di Catania






Com’è dura e faticosa la giornata del turista  di città; sveglia presto e camminare con un programma fitto di cose da vedere: musei, palazzi, mercati e negozi vengono tutti passati al setaccio senza stare su a pensare alla fatica da affrontare perché :” Chissà quando mai ritornerò a visitare questa caotica città di mare”. C’è un momento, però, della giornata, molto duro da superare, quando a mezzogiorno  la città si svuota perchè tutti se ne vanno a pranzare e allora anche il turista globetrotter non ha proprio dove andare e gioco forza si deve fermare. Non ha senso stare a girare in una città che ha altro da pensare. Un parco, un giardino, una panchina al fresco sono indispensabili da trovare per fermarsi a resettare idee e programmi da venire. A Catania c’è un posto che mi sento di consigliare al turista che si deve riposare e questo luogo è l’ Orto Botanico di città a cui si accede dal n. 395 al 401 della centralissima via Etnea. Non c’è molto da camminare e la scoperta di specie interessanti da fotografare renderanno piacevole la breve sosta prima di ricominciare.


 ORTO BOTANICO DI CATANIA
Tratto da: Guida alla visita dell'Orto botanico, edizione 1983

L’Orto botanico di Catania è stato fondato tra il 1850 ed il 1860 dal padre benedettino  Francesco Tornabene Roccaforte, uomo d’ingegno catanese, di cultura enciclopedica i cui studi spaziavano dalla teologia all'agricoltura e alla botanica e che per oltre cinquant’anni, dal 1840 al 1892,  ebbe la docenza della cattedra di Botanica presso l’Ateneo di città. L’Orto non è molto grande essendo esteso complessivamente circa un ettaro e mezzo ed è diviso in due distinte sezioni che fanno capo una all’Orto Generale (Hortus universalis) di maggiore superficie, organizzato in modo formale in settori dal tracciato geometrico che si dispiegano secondo la direttrice principale che dall’ingresso di via Etnea porta all’edifico che ospita l’ Erbario e l’altra, all’Orto Siculo (Hortus siculus) su un terreno a livello ribassato, donato come ampliamento dell’Orto nel 1865 e che raccoglie, come voluto espressamente dal benefattore, piante spontanee della flora sicula con particolare riguardo a quelle in progressiva estinzione.
Altri punti di interesse dell'Orto sono: l’acquario ripartito in settori per la coltivazione di piante acquatiche in massima parte angiosperme come ninfee, nelumbo e papiro (Cyperus papyrus) ma anche alcune specie di felci galleggianti come Marsile e Azolla; 

Euryale ferox: le grandi foglie rotonde galleggianti hanno la pagina superiore increspata e ricoperta di spine sparse

e la grande serra, di recente realizzazione , ricostruita al posto dell’originale Tepidarium. Essa ospita una collezione di specie tropicali (CoffeaMangifera indica, Piper auritum)  e palme in acclimatazione (Ravenala madagascariensis, Hyophorbe lagenicaulis).
Serra delle specie tropicali
Le collezioni
L’Orto Generale è diviso in quadri organizzati per famiglie botaniche secondo la classificazione di Engler adottata agli inizi del 900 dall’allora direttore dell’Orto. Interessante la collezione delle palme con oltre 40 specie e più di cento esemplari anche di notevole dimensione e rarità come Trithrinax campestris una elegante palma con fusti multipli, alti oltre cinque metri e ciuffi di foglie terminali a ventaglio e margine spinoso.
Altre specie di palme con esemplari adulti, spesso in regolare fruttificazione, sono sparse per l’Orto come: Caryota mitis, Butia eriospata che produce frutti eduli dal sapore di susina, Sabal palmetto, Erythea armata dal fogliame azzurrognolo, Whashingtonia robusta, Phoenix canariensis con esemplari di entrambi i sessi (la palma femmina è quella, evidentemente, che porta il casco di datteri).
Scientificamente importante, in quanto arricchita da numerose donazioni private, è poi, la collezione delle succulente coltivate in parte all’aperto e, nelle specie più delicate, in serra. Fu lo stesso Tornabene a dare vita alla collezione iniziale come risulta da un suo elenco di acquisizioni datato 1887 che annovera specie appartenenti alle Cactaceae, Crassulaceae, Aizoaceae.    Passeggiando per l’Orto si possono, inoltre, notare grandi esemplari di specie arboree alcune provenienti dall’impianto originale dell’Orto; tra esse Phitolacca dioica specie originaria dall’Argentina con una circonferenza alla base superiore ai dieci metri; Eucaliptus citriodora così chiamato per il gradevole odore di limone che emanano le foglie se stropicciate, Dracaena draco con due grandi esemplari posti davanti la scalinata di accesso dell’edificio principale. Sono poi numerose le specie arbustive esotiche da fiore che , introdotte presso l’istituzione Universitaria, sono oggi frequentemente utilizzate come specie ornamentali nei giardini pubblici o privati dell’isola come: Brugmansia versicolor, Jacobinia macrantha, Duranta mutisiiTecomaria capensis, Odontonema strictum.
Brugmansia, Jacobinia, Duranta, Tecomaria, Odontonema
Hortus siculus
Verso sud, attraverso un leggero dislivello, si accede ad una piccola parte riparata, compresa tra antichi palazzi e un alto muro di recinzione, sede dell’Orto Siculo che raccoglie esclusivamente specie spontanee della flora siciliana come espressamente indicato nel 1865 dal catanese Mario Coltraro all’atto del lascito.
In tempi recenti sono stati riprodotti alcuni ambienti tipici del territorio isolano partendo dalle coste alle zone umide, dalla macchia ai boschi montani. Molti gli esemplari di specie arboree come carrubo, leccio e bagolaro e specie in via di estinzione come Abies nebrodensis e Zelkova sicula. Interessanti le arbustive come Erica multiflora, Phyllyrea angustifolia, Cistus creticus, Cistus monspeliensis, Cistus salvifolius e le erbacee come Scilla sicula e Centaurea tauromenitana o fiordaliso di Taormina, specie perenne ritenuta rarissima.

mercoledì 20 giugno 2012

Acalypha hispida

Tipi da Orto

Una delle piante che vado sempre a trovare quando mi trovo a girovagare per i viali dell’Orto Botanico di Palermo è Acalypha hispida, un arbusto tropicale proveniente dall’ arcipelago malese, appartenente alla famiglia delle Euphorbiaceae, che in natura si presenta come un cespuglio lianoso alto fino a 15 metri ma che, nel nostro ambiente, essendo climaticamente esigente viene coltivato in vaso, tenuto al riparo dentro serre che in inverno vengono riscaldate in quanto la temperatura minima invernale non deve scendere, per la specie, sotto i 18 °C. La serra che ospita l’esemplare palermitano è quella cosiddetta “della Regione” dove il vaso con l’acalypha, chiamata nei luoghi d’origine “Philippine medusa” fa bella mostra di se, in estate quando l’esemplare è in fioritura, proprio all’ingresso della serra mentre bisogna cercarla in posizione più defilata durante la restante parte dell’anno. La particolarità della specie è data dalle attraenti spighe di fiori rosso arancio, di forma cilindrica, pendule e lunghe fino a 40 cm. I francesi chiamano la specie "pianta ciniglia" e l’effetto tessuto è dato dai pistilli piumati dei tantissimi piccoli fiori femminili che compongono la spiga unisessuale della pianta che è dioica. Le foglie sono alterne, cuoriformi, lungamente picciolate. Nei luoghi dove la specie è coltivata all’aperto viene usata per realizzare siepi o gruppi ornamentali fioriti tutto l’anno. In Europa possiamo coltivarla come pianta annuale d’appartamento ricordando di ricrearle un ambiente simile a quello naturale: luce non eccessiva, sole non diretto, terreno umido, acqua non per immersione, nebulizzazioni in fase di formazione dei fiori.

sabato 16 giugno 2012

Brachychiton, alberi australiani per i giardini del Sud

Brachychiton discolor
Al genere Brachychiton appartengono una trentina di alberi ed arbusti provenienti dall’Australia sia dalle aree costiere più umide che dalle regioni interne siccitose.  Le specie arboree nei luoghi d’origine raggiungono ragguardevoli dimensioni e sono utilizzate a scopo ornamentale per le splendide fioriture che, in alcune specie provenienti dalle aree a clima caldo umido, hanno la particolarità di avvenire all’inizio della stagione secca su piante che hanno perso le foglie. L’intera chioma si riempie di grandi grappoli di fiori cerosi campanulati che nelle diverse specie possono essere di colore rosso, rosa o crema. I Brachychiton sono alberi dal tronco ben piantato, imponente rispetto alla chioma perché capace di accumulare al suo interno linfa con funzione di riserva idrica (Brachychiton rupestris); la corteccia è liscia e grigia, detta a pelle d’elefante e le foglie sono grandi, più o meno lobate nelle diverse specie e anche sulla medesima pianta, simili all’acero in Brachychiton acerifolius e al pioppo in Brachychiton populneus.
Brachychiton acerifolius
I frutti delle diverse specie appartenenti al genere sono molto caratteristici: grossi baccelli deiscenti, detti follicoli, di consistenza legnosa, coriacea, a forma di barchetta  una volta aperti; all’interno del frutto i semi sono disposti dentro una struttura di aspetto alveolare e sono avvolti da una tunica pelosa rivestita da setole; queste, toccate, si attaccano facilmente alle dita provocando in alcune specie un forte prurito.
Brachychiton: follicoli
A questo rivestimento si deve l’attribuzione del nome del genere da Brachy=corte e chitone=tunica. Un tempo il genere si chiama Sterculia in onore di Sterculio (!!!) una divinità tardo romana, in verità non molto nota, nume tutelare del “letame” inteso come fattore di fertilità ed abbondanza. Il motivo che ne ha ispirato l’attribuzione è l’odore (indovinate di che..) emanato dai fiori di alcune specie come, ad esempio di Sterculia foetida. Tutte le specie sono monoiche, portano cioè fiori di entrambi i sessi sulla stessa pianta. Dai paesi d’origine i Brachychiton si sono diffusi come alberi d’ornamento nelle regioni siccitose ad estate calda ed asciutta, come il Mediterraneo, il Sud Africa e la costa occidentale degli Stati Uniti. Ecco allora la descrizione di alcune specie che è possibile trovare nei giardini delle città mediterranee che si affacciano sul mare : 
Brachychiton acerifolius o albero fiamma
Albero di medio sviluppo con foglie di un bel verde lucente, alterne e molto simili alle foglie dell’acero; all'inizio dell'estate, su piante ancora prive di foglie, si producono masse brillanti di numerosi piccoli fiori campanulati di colore rosso fuoco, raggruppati in pannocchie terminali.  La fioritura è spettacolare e veramente "di fuoco"; lo stesso colore di fiamma si crea alla base della pianta per i fiori che cadono al suolo. Se la stagione primaverile non è molto piovosa la fioritura è più intensa e  di colore più acceso.
Tappeto di fiori di Brachychiton acerifolius
I frutti sono grandi baccelli deiscenti a maturità che rimangono a lungo pendenti a grappoli sulla pianta. E’ una specie sufficientemente resistente al freddo (non intenso) delle regioni mediterranee marine. 
Brachychiton discolor 

E' un albero molto simile alla specie precedente ma di portamento più sviluppato. L’aspetto distintivo di questa specie sono i fiori, relativamente grandi, rossi  fuori e rosati internamente. La pagina superiore della foglia, i fiori e i follicoli sono ricoperti da una peluria lanuginosa. Prima della fioritura la pianta tende a spogliarsi delle foglie anche se non completamente. E’ un bell’albero con tronco ben piantato frequente in parchi, giardini o alberature stradali; meno sensibile al freddo rispetto a B. acerifolius.
Brachychiton populneus

E' specie che proviene dalle regioni interne, aride, dell’Australia ed è dunque molto resistente alla siccità e al caldo. Si tratta di alberi di medio sviluppo che a differenza delle specie precedenti non perdono le foglie. In Australia è specie molto apprezzata per fornire ombra e riparo in zone siccitose. I fiori campanulati, color crema con l'interno rosato variegato, compaiono all’inizio dell’estate e sono molto ricercati dalle api che ne producono un ottimo miele.
Da fiori si formano, in breve, frutti legnosi più tozzi delle precedenti specie da cui è possibile estrarre semi gialli di facile germinabilità, avvolti in setole ad effetto pruriginoso che gli aborigeni consumano abbrustoliti.
Le foglie, molto simili al pioppo, nelle regioni d’origine sono appetite dal bestiame ed utilizzate come foraggio in momenti di grande siccità.
Qualunque specie di Brachychiton si scelga di utilizzare per i giardini del Sud si tratta sempre di alberi di assoluto pregio estetico, adattabilità al clima e rusticità.

Brachychiton rupestris, l'ultimo arrivato

Dove trovare nuovi ibridi di Brachychiton: Vivaio Tropico del Conero
 

mercoledì 13 giugno 2012

Quiz botanico "giugno 012"

Cinque indizi per una specie



1
Il mio nome vuol dire basso cespuglio e ho origini modeste
 
2

I pizzaioli mi usano per pulire il forno perchè non  mi spavento del fuoco
 
3

Nella città del Santo un illustre viaggiatore, che amava molto girovagare per l’ Italia,
ne vide ed apprezzò uno molto famoso

4
In tanti, nel Mediterraneo, amano  il mio grande cuore

5
Mi puoi trovare a Menfi, cittadina siciliana, tra le grandi ali di un’aquila romana


venerdì 8 giugno 2012

Fiori di ginestra, profumo di ..assoluto

Alfio è stato uno dei migliori studenti del mio Istituto; intelligente, interessato agli aspetti tecnici del lavoro agricolo, curioso, studioso. Non sono molti gli studenti che, come lui, frequentano un piccolo Istituto Professionale per l’Agricoltura per vero interesse ed amore verso la propria terra, il cui territorio, compreso tra l’Etna ed il fiume Simeto, ha da sempre avuto nell’attività agricola, esercitata nelle campagne e nei boschi etnei, una importante fonte di reddito per la sua popolazione. Dopo il diploma, tuttavia, le grandi idee e i molti progetti si sono infranti nelle difficoltà economiche che caratterizzano la contingenza dei tempi che stiamo vivendo. E’ necessario lavorare, anche in nero,e ogni attività che consenta di guadagnare, per quanto faticosa, è bene accetta. Capita così di dover riprendere a svolgere antichi lavori  che negli ultimi anni erano divenuti appannaggio di ciurme di lavoratori stranieri, abituati a livelli di fatica e di guadagno poco apprezzati, sino ad oggi, dai lavoratori locali inurbati. Alfio si è rimboccato le maniche e si è unito alle squadre di coloro i quali effettuano sull’Etna la raccolta dei fiori di ginestra da destinare alla produzione di "concreta di ginestra" , una pasta cerosa color miele ottenuta dai fiori per estrazione degli oli essenziali tramite solventi e del suo distillato chiamato “assoluto di ginestra” entrambi utilizzati per la produzione di profumi.
Raccoglitore di fiori di ginestra
Spartium junceum o ginestra di Spagna è un arbusto ramosissimo che può raggiungere i 5 metri d’altezza. Ha rami cilindrici lisci e flessibili, eretti; sui rami giunchiformi, capaci di svolgere attività fotosintetica, le foglie sono scarse e facilmente caduche. I fiori, portati sulle cime dei ramoscelli, sono grandi, gialli, ed emanano un odore gradevolissimo. E’ un arbusto frugale che cresce su terreni poveri in tutta l’area del Mediterraneo. Sull’Etna è considerata specie pioniera perché i suoi popolamenti si insediano sui campi di lava contribuendo alla loro progressiva colonizzazione.
Spartium junceum, specie pioniera
In primavera inoltrata, tra i 600 ed i 900 metri di quota, il versante occidentale dell'Etna  è un unico tappeto giallo, un mare stordente di fiori profumati la cui fragranza impregna l’area ad ogni soffio di vento. Attraversare un ginestreto per una passeggiata domenicale è un’esperienza “emozionale"; non altrettanto si può dire per chi è intento dall’alba al tramonto alla raccolta dei suoi fiori.

Inoltrandosi nella macchia dei cespugli fioriti, portando dappresso ceste e cestelli, il raccoglitore con mani esperte e movimenti rapidi strappa i fiori dai ramoscelli appiattiti della ginestra, passando e ripassando finché ogni singola pianta non ne viene completamente spogliata.
Al mercato locale un chilo di fiore viene pagato circa 50 centesimi ed in una giornata di duro lavoro se si è esperti e le piante sono ben cariche, si possono raccogliere circa 70-80 chilogrammi di prodotto, pressato in grandi sacchi. I fiori, raccolti in montagna vengono conferiti ad un padroncino locale che rivende a Messina per la produzione delle essenze profumate da commercializzare in Italia ed in Francia dove l’essenza di ginestra è usata in profumeria dal XVII secolo. Appena si conclude la raccolta dello Spartium è tempo di Genista aetnensis, specie endemica etnea, il cui profumo ha un sentore più mieloso e le singole piante raggiungono spesso dimensione arborea. Un lavoro sfibrante per una stagione breve ma durissima. Chiedo ad Alfio se è contento di questo lavoro, la sua risposta è lapidaria: “Raccogliere i fiori di ginestra è una gran faticaccia ma, meglio il profumo di ginestra che l'odore di una stalla".
P.S.
I vivai della Forestale, su richiesta scritta al distaccamento di competenza, forniscono in genere piantine di ginestra (Spartium junceum ) a radice nuda da utilizzare per campagne o giardini di montagna.

Ulteriori informazioni sulla "concreta di ginestra"
Nella realizzazione del post mi hanno molto incuriosito le notizie che andavo trovando sulla produzione dell’essenza di ginestra partendo da un prodotto chiamato “concreta”; ho cercato di contattare alcune ditte che in Sicilia ne fanno la produzione e ho chiesto delucidazioni in merito al relativo processo di produzione. Una delle ditte contattate mi ha così risposto:

Rispondo alla sua richiesta con molto piacere, in quanto credo che sia molto importante scrivere su un settore talmente particolare e complicato come il nostro, e che in definitiva risulta una piccola fonte di sostentamento per molti abitanti dei paesi che sorgono alle pendici dell'Etna. Per quanto riguarda la lavorazione una volta che i fiori di ginestra raccolti arrivano nel ns. stabilimento si effettua una cernita per eliminare tutti i ramoscelli e materiali var i(tante volte anche pietre), dopo questa operazione il fiore viene immerso in solvente organico mediante il quale si estrae l'olio essenziale. Superata la fase di estrazione e dopo diverse concentrazione, volte ad eliminare e a recuperare il solvente organico, si ottiene la preziosissima concreta di ginestra. Il processo produttivo, per sommi capi, è questo anche se la vera difficoltà sta nei tempi e modi di operare, con convinzioni differenti da esperto a esperto del settore. Sperando di essere stato abbastanza chiaro, nei limiti del possibile, le porgo cordiali saluti.
Saluti
Dott. Salvatore Recupero


mercoledì 6 giugno 2012

Cruciverba botanico "giugno 012"

Orizzontale: 1: organo fiorale con funzione vessillare composto dai petali; 7: il genere botanico di cetriolo e melone; 8:  vino DOCG prodotto in numerosi comuni della provincia di Verona dai vitigni: Corvina veronese, Corvinone, Rondinella; 9: iniziali della specie botanica nota ai tedeschi come Chinesischer Salat; 10: foglia tipica della famiglia delle Coniferae; 12: genere di piante appartenenti alle Asteraceae che comprende erbacee perenni dai vistosi fiori gialli noti in Cina come Xuan Fu Xua; 14: botanico italiano autore dell’ opera monumentale Flora Napolitana che fu direttore nel 1810 dell’Orto botanico di Napoli; 15: in botanica infiorescenza ad asse corto che porta i fiori su peduncoli tanto più lunghi quanto più in basso sono inseriti in modo da assumere superficie piana;17 : abbreviazione standar del genere di orchidee Isadendrum Isaoara; 18: genere di erbacee annuali appartenenti alla famiglia delle Gentianaceae diffuso in Nuova Zelanda ed Australia dedicato ad un farmacista olandese del 1700, socio della Royal Society, che creò una grande collezione botanica venduta nel 1716 allo Zar Pietro il Grande. Verticale: 1 ombrellifera erbacea i cui frutti sono utilizzati come condimento e per la preparazione di un’acquavite tedesca; i semi, seccati, aromatizzano il pane;2: nome con cui è conosciuta Oxalis tuberosa e la sua radice, un tubero commestibile; 3: fabbricati di campagna; 4: caso in cui il polline dell’androceo può fecondare l’ovario dello stesso fiore; 5:  fibra tessile, nota sin dall’antichità, ricavata dal libro di pianta erbacea a fiori azzurri; 6: Lactuca sativa Etna; 7: involucro esterno del fiore costituito dai sepali; 11: Agave titanota; 13: sono così chiamati in alcune piante insettivore gli ascidi aventi forma cilindrico-rigonfia; 14:frutto costituito da numerose piccole drupe riunite a formare una drupa composta; 16: Botanical Society of Edinburgh.

Cruciverba in PDF

sabato 2 giugno 2012

Trachelospermum jasminoides: un "tarocco" di gelsomino

Trachelospermum jasminoides
Quando ero ragazzina volevo, fortissimamente, volevo possedere un paio di jeans di marca Levi's; i miei genitori, tuttavia, non erano molto d'accordo. Le ragazzine della mia età, agli inizi degli anni ’70, vestivano con la gonna scozzese plissettata, le camicette con il collo arrotondato e i calzettoni al ginocchio; i jeans erano abbigliamento da maschio e ci voleva un’occasione del tutto speciale per poterli portare.
Marcella che desidera i jeans Levi's
L'occasione arrivò quando, dovendo fare una scampagnata primaverile nel bosco di famiglia, si stabilì che la gita avrebbe potuto contemplare, in via del tutto eccezionale, l’uso per me di un paio di jeans e ne fu finalmente deciso l’acquisto. Ma a Enna, piccola cittadina al centro della Sicilia, gira e rigira per negozi e botteghe, di jeans marca Levi’s , che facessero al caso mio, non ce n'erano; se proprio dovevano essere Levi's occorreva andare in città, a Catania, e oramai non c'era più tempo, la gita era imminente e, insomma, rimaneva un'unica possibilità: andare a vedere dal “Popò”. Il signor “Popò” (evidentemente un soprannome, una “ingiuria” di paese; non ne ho mai saputo il vero cognome) aveva un negozietto che vendeva cose americane taroccate, mimetiche per cacciatori, zainoni di tela e altre cianfrusaglie utilizzate dagli scout. Di jeans Levi’s manco a parlarne ma, a prezzo molto, ma molto conveniente, il signor Popò aveva in vendita degli ottimi jeans di marca “Lewis” insieme a magliette “Fruit of the moon” (tarocchi della marca Fruit of the loom). Pur di avere l’agognato paio di pantaloni fui d’accordo per l’acquisto del “tarocco” ma superata l'euforia del primo momento il falso jeans manifestò tutte le sue magagne. I pantaloni erano rigidi come il baccalà, avevano cuciture gialle, spesse e nodose che quando ti sedevi non ne volevano sapere di piegarsi insieme alle tue gambe e un’etichetta in cartoncino rigido sul sedere che spesso e volentieri ti si piantava nella schiena.
Marcella che indossa jeans Lewis
Da allora il mio motto è : “Diffidare dalle imitazioni” e lo applico anche in campo vegetale. Tra gli esempi più eclatanti di specie vegetale "taroccata" ritengo si possa ascrivere a buon diritto Trachelospermum jasminoides, un rampicante di origine asiatica (Cina, ma guarda!) che imperversa nei giardini mediterranei sotto le mentite spoglie di “falso gelsomino”. In questo momento dell’anno non c’è muro, recinzione o giardinetto che non ne abbia alcune piante strettamente abbarbicate al supporto, interamente ricoperte da fiori bianchi a forma di girandola che vorrebbero imitare il sublime profumo del gelsomino ma che in realtà emanano un odore dolciastro intenso e persistente che nessun naso ben educato può tollerare a lungo.
Trachelospermum jasminoides


Una contraffazione evidente sotto molti aspetti: le famiglie di appartenenza sono completamente diverse, mentre Trachelospermum appartiene alle Apocynaceae come plumeria ed oleandro, Jasminum è un'oleacea; mentre Trachelospermum è sempreverde, Jasminum è spogliante; mentre Trachelospemum è resistente al freddo spingendosi in su, nei giardini del Nord, Jasminum ama il caldo è rimane confinato nelle tiepide terre meridionali; mentre Trachelospermum è un vero rampicante aderendo alle superfici con radici aggrappanti e vegetazione fitta, Jasminum officinale si avvolge intorno a supporti con portamento leggero ed aggettante. Non c'è niente dei caratteri del trachelospermo che in qualche modo possa competere con l'originale. Chissà perché al momento dell’attribuzione botanica, avvenuta nel 1884 ad opera del botanico Fortune, si sia usato il termine jasminoides “simile al gelsomino” per indicarne la specie.  
Jasminum officinale: l'originale
E di tarocchi del gelsomino ce ne sono tanti altri in giro: Stephanotis floribunda commercializzata come “gelsomino del Madagascar” (il profumo di questo “tarocco” però, mi piace); Gelsemium sempervirens come “gelsomino americano”; Plumbago capensis o “gelsomino azzurro” (quest’ultimo non fa manco odore!!).
Stephanotis, Plumbago e Gelsemium
Conclusione della storia: quando andate da un vivaista e chiedete un gelsomino non vi fate "taroccare"  come ho fatto io con i jeans della mia infanzia. Con le copie al posto degli originali, si prendono solo e sempre fregature.
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