sabato 28 settembre 2013

Solanum da fiore

Ora che, finalmente, è finita l’estate, si può ricominciare a parlare di fiori; sembrerà strano ma per noi meridionali le migliori fioriture non sono primaverili o estive ma appunto autunnali visto che l’autunno, da noi, è una fresca estate: in luglio ed agosto c’è troppo caldo, l’ acqua spesso è razionata, l’irraggiamento è da ustione,  tutte condizioni climatiche che convergono, nei vegetali, ad inibire ogni velleità riproduttiva. Ed è per questo che molte specie mediterranee in estate perdono fascino e si mimetizzano con l’ambiente circostante arido ed assolato;  va un poco meglio per le tropicali a cui il caldo ed il sole non bastano mai come bouganvillea, plumeria, lantana ed ibisco ma tutto il resto aspetta la fine di settembre e poi ottobre per fiorire, complice un accorciamento della durata del giorno che ha il suo inizio all’equinozio d’autunno e che da il segnale alle specie brevidiurne di darsi una smossa, che basta indugiare, è arrivata l’ora di fiorire. Cassia, odontonema, senecio, Hibiscus mutabilis, montanoa, Dahlia maxonii, stevia sono tutte specie in attesa della giusta combinazione termica, idrica e luminosa per darci dentro; non sono le sole ai nastri di partenza perché altre specie che hanno già fiorito in primavera, si preparano ad un nuovo periodo fertile come callistemon, brugmansia, cestrum, solandra, murraja.
brevidiurne
Ci sono poi alcune specie che se ne infischiano della stagione e non smettono mai di riprodursi emettendo fiori in continuazione: sono i solanum da fiore, arbusti sempreverdi di origine sud americana, protagonisti in giardino ma anche in vaso in ogni stagione dell’anno; estate, autunno, inverno e poi ancora primavera, miriadi di fiori viola o bianchi ripagano alla grande delle costanti concimazioni che vanno certamente fatte perché tanta esuberanza va supportata da adeguato nutrimento; e poi acqua, molta acqua, ma con il vantaggio che la richiesta è “on demand”: un solanum assetato assume, infatti, un aspetto supplichevole: foglie patenti, fiori chiusi, aspetto floscio che sono il segno inequivocabile di una richiesta perentoria d’acqua che conviene subito soddisfare. Le due specie di Solanum da fiore maggiormente presenti e facilmente reperibili presso vivai e garden sono Solanum rantonnetii a fiore viola e Solanum jasminoides a fiore bianco, parenti entrambi di tutte le solanaceae dei nostri orti.
Le enciclopedie botaniche dicono che, entrambe le specie, ma sopratutto Solanum rantonnetii, sono sensibili al freddo e dunque non adatte ad essere coltivate ovunque ma, è proprio questo il bello per noi meridionali; sono specie che hanno predilezione per i giardini del sud dove si trovano alla grande e dove dunque non dovrebbero mai mancare.

Solanum rantonnetii si presenta come un cespuglio leggero con lunghi rami flessibili a portamento aggettante che rendono la specie più idonea a ricoprire ringhiere , muretti e graticci piuttosto che essere utilizzata come arbusto isolato in giardino. Proviene dal Paraguay ed esprime il meglio di se quando non è esposto al pieno sole, in terreno sciolto e ben concimato.
Le foglie sono opposte, lanceolate, acuminate all’apice; i fiori, tipici delle Solanaceae, sono a disco, di colore violetto più o meno intenso con un occhio giallo arancio e sono portati in gruppi numerosi all’ascella delle foglie, lungo tutti i rami. Sopporta bene le potature che sono consigliate in dicembre per costringere la pianta a fare pausa, almeno per un poco, per ricaricare le energie e riprendere in primavera con nuovo slancio. Sino a vent’anni fa la specie era di difficile reperimento come ebbe a scrivere Guglielmo Betto sul suo libro “ Le piante insolite” ; ora la si trova facilmente nei garden e anche dai rivenditori di strada che la commercializzano spesso come specie da vaso allevata in forma di alberetto. E’ il tipico prodotto florovivaistico realizzato da produttori siciliani per la commercializzazione sui mercati del nord Europa dove la specie deve, per forza, essere coltivata in casa e dunque in vaso. Alcuni esemplari sfuggono al mercato estero e trovano collocazione sul mercato locale. Ne esistono anche varietà a foglia variegata a crescita molto lenta.
Solanum jasminoides è specie più resistente al freddo anche se tende a diventare spogliante in queste situazioni climatiche; i rami sono sottili e flessibili e come per Solanum rantonntii si lanciano oltre gli ostacoli rivestendo al meglio ringhiere e balconi. 
I rami dell’anno portano in cima, riuniti in mazzetti, fiori bianchi che al centro hanno di giallo solo gli stami saldati tra loro. Viene chiamato gelsomino di notte ma in realtà i fiori non emanano nessun odore ed è proprio questo l’unico difetto che si può attribuire a queste specie così generose; tantissimo colore ma nessuna traccia olfattiva; ma, insomma, recriminare, in questo caso, sarebbe  proprio voler pretendere troppo.

giovedì 26 settembre 2013

Cactus opuntia a "fichi rossi": un gradito regalo


E’ vero; c’è un che di infantile nel mio carattere! La parola regalo, pacchetto, sorpresa hanno per me un suono fatato, un ritorno ad immagini di compleanni lontani quando il regalo, qualunque esso fosse, era un dono gradito: un pagliaccio di vetro, un salvadanaio porcello, una minuscola scatola porta ricordi. Ora alle feste dei diciott’anni si fa la lista da Euronics e se non ti vuoi adattare alla quota capestro ti guardano male; ti fanno sentire un emarginato, un disadattato che non si sa adeguare. Che mondo privo di poesia, che non conosce sorpresa, che non può spasimare di trepida attesa per un regalo scelto a catalogo o che conta la cifra raccolta in busta facendo le pulci alle tasche degli amici invitati. Io che sono all'antica, di fronte al pacco arrivato per posta, oggi, mi sono sciolta: pensieri affettuosi scritti sul retro di una foto di Opuntie a fichi rossi; una ghianda crestata; una piccola opuntia privata di spine, un ciondolo verde a forma di fico, un piccolo vetro colore magenta con sopra un biglietto.
 
Apro il barattolo e ciò che assaporo ha dentro  aroma di bosco, un gusto un po’ aspro ma così delicato che ti sembra impossibile sia fatto di fico d’india.
Ti basta guardarne il colore, sentirne in bocca l'amalgama fine che hai  evidente la percezione del grande lavoro, della passione che Margherita ha avuto nel fare le cose riuscendo a produrre tanta dolcezza da un' opuntia selvatica del Salento.
Grazie Titti
 

domenica 22 settembre 2013

Soluzione Anagrammi d'estate

Oggi che è l'equinozio d'autunno pubblico la soluzione degli anagrammi botanici d'estate, postati in agosto; sono i nomi di quattro specie profumate che non dovrebbero mai mancare nei giardini o balconi di chi ama la fragranza dei fiori
me solingo
 
Jasminum nitidum
Cacio vi cola
Matthiola incana 
 
rubo seta
Polianthes tuberosa

re indaga
Gardenia jasminoides


Brava Jolanda che ha da subito indovinato

 

sabato 21 settembre 2013

Quiz botanico settembre 013

Cinque indizi per una specie
 

1
Sul mio nome gli anglosassoni hanno fatto una gran confusione perché non ho niente a che spartire con aceri di monte e platani

 
2
La dea egizia dell'amore, testa di mucca, figlia di Nut e Re, è la mia signora, onorata solennemente a Dendera nel tempio dei misteri
 
 
 3
Senza di me Zaccheo non sarebbe mai arrivato così’ in alto

 
4
A Lét Marefià nel “luogo dove riposano i sapienti” sotto la mia ombra maestosa si trovano le spoglie di Orazio Antinori, esploratore e naturalista perugino
 
 
5
Sono un privilegiato tra i miei simili perché  sono amico di due diversi agaonidi


SOLUZIONE
 

martedì 17 settembre 2013

Jaborosa, Ruellia, Liriope e le altre

Erbacee perenni per i giardini del sud 
Alcune foto sono di Daniela Romano


Le erbacee perenni, la loro diversa tipologia di impiego e le relative possibilità di utilizzo nei giardini moderni sono tra gli argomenti più dibattuti del momento tra coloro i quali (paesaggisti, garden designer e landscape architect) si occupano di indicare le nuove tendenze in fatto di verde ornamentale.

E di specie erbacee perenni si è discusso in uno dei tanti workshop svoltisi recentemente a Bergamo in occasione della manifestazione  organizzata da ArketiposI maestri del paesaggio, International meeting of the landscape and garden” che ha sede dal 7 al 22 settembre tra le antiche mura della città lombarda. Per un’intera giornata oltre duecento persone si sono accostate al tema: le “ Piante erbacee perenni nel giardinaggio di oggi. Come il giardinaggio inglese ha influenzato l’uso delle erbe perenni oggi in Italia” discutendone con l’esperta Annie Guilfoyle, paesaggista inglese, e con i tecnici del vivaio Valfredda, una delle aziende italiane che hanno fatto della coltivazione di “fiori di erbe perenni” il punto di forza della propria attività produttiva.
Chi ha avuto modo di seguire i lavori e le discussioni che ne sono scaturite ne ha tratto la conclusione che le specie erbacee perenni sono la tipologia vegetale cui si punta oggi maggiormente per realizzare giardini a bassa manutenzione, politicamente corretti perché utilizzano specie erbacee autoctone o naturalizzate capaci di dare il meglio della propria valenza estetica con il minimo apporto di input energetici esterni.

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Poca manutenzione, esigui apporti idrici, ridotti interventi colturali;  giardini dove l’uso di complementi d’arredo poveri come sassi, materiale ferroso, mattoni, legno povero e specie tipiche della flora spontanea come le  graminacee (Pennisetum, Stipa, Carex  Miscanthus, Equisetum), danno all’insieme  un aspetto più naturale e casuale ben lontano dall’opulenza dei giardini scenografici del secolo scorso; giardini minimali in cui le fioriture seguono l’andamento stagionale integrandosi ed omologandosi con l’ambiente naturale circostante.
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Ma in questa onda che trascina all’essenziale non sono pochi colori i quali, esperti o semplici appassionati, nuotano contro corrente rimanendo fedeli all’idea del giardino come interpretazione scenografica della natura, rivendicandone la bellezza come diversità, come esotismo, come varietà di colori e di specie e di forme abbinate tra loro per ottenere meraviglia, stupore in tutte le stagioni dell’anno, unendo i diversi ingredienti con sapiente arte giardiniera; giardini, è vero, oramai anacronistici per lo sforzo che essi richiedono in termini di manutenzione, apporti energetici, costi, ma capaci di stupire e di fare sognare. Io mi identifico in questo secondo gruppo di nostalgici; amo il diverso, l’esotico, l’esuberanza tropicale di fiori e specie venute da lontano; amo lo sfarzo, il colore, i profumi e gli aromi presenti nei giardini paesaggisticamente diversi da quello che è l’ambiente naturale, mediterraneo, che mi circonda.

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Per cercare di coniugare “risparmio di risorse e voglia di esotismo”, nell’immenso gruppo delle erbacee perenni ho scelto, per i giardini a mare del sud, un breve elenco di specie esotiche da fiore capaci di coniugare adattabilità e gradevolezza estetica, modernità e ritorno all’antico.
Jaborosa integrifolia
Jaborosa integrifolia è una specie perenne rizomatosa di origine argentina appartenente alla famiglia delle Solanaceae; presenta una rosetta di foglie ovali grandi e spesse, dal colore verde intenso che spuntano direttamente dal terreno. Produce grandi fiori solitari di forma stellata con corolla bianca che si divide in cinque lobi ognuno con la punta ricurva e molto allungata. Fiorisce tutta l’estate ed i fiori emanano un delicato profumo notturno. Può essere utilizzata come specie tappezzante con esposizione a mezz’ombra o anche a pieno sole in un terreno ben drenato; si propaga facilmente grazie alle radici rizomatose tanto da riuscire a divenire invadente. Per avere un buon risultato coprente sul web consigliano di utilizzare sette piante al metro quadrato. Necessita di annaffiature nel periodo più caldo dell’anno.
Ruellia simplex
 
Ruellia simplex è specie erbacea perenne della famiglia delle Acanthaceae, proveniente da paesi dell’America del sud come Messico, Brasile e Bolivia dov’è conosciuta con il nome di “petunia messicana” o “petunia del deserto”. La specie ha portamento eretto con esili fusti che si muovono flessuosi al vento, portando foglie opposte, lanceolate; i fiori hanno una splendida tonalità di blu con corolla a forma di imbuto con 5 lobi rugosi irregolarmente dentati ai margini, portati alla estremità dei rami nel punto di giunzione tra la foglia e lo stelo; i fiori durano un solo giorno ma vengono prodotti in abbondanza e a ripetizione dalla primavera all’autunno inoltrato. Con l’arrivo dell’inverno la pianta si giova di una drastica potatura che ne mantiene la forma più ordinata. Ne esistono anche varietà nane che si adattano alla coltivazione in vaso. Si propaga naturalmente per seme giungendo a divenire invasiva nei luoghi d’origine; nei giardini la propagazione avviene facilmente per talea utilizzando rametti che radicano facilmente in acqua. La ruellia ama il caldo e preferisce il pieno sole o l’ombra leggera ma gradisce adeguati apporti idrici.
Liriope
Questa erbacea perenne forma grandi cespi,  costituiti da lunghe foglie sempreverdi, nastriformi,  che presentano un portamento vagamente tondeggiante e tendono ad allargarsi tappezzando il terreno; in estate produce infiorescenze erette a spiga composte da fiori singoli di colore blu viola, ne esiste, tuttavia,  anche una varietà a fiore bianco che può essere coltivata in vaso perché a portamento più esile e foglie più sottili. Non gradisce le annaffiature eccessive.
Lythrum salicaria 
Pianta erbacea perenne proveniente dall’Europa e dall’Asia; alta più di un metro ha sottili e folti steli eretti di colore verde bruno. Le foglie sono opposte lanceolate e prive di picciolo con una leggera peluria rossa che ricopre l’intera pianta: ha una lunga fioritura estiva portando all’apice dei fusti lunghe spighe di numerosi fiori rosa intenso. La propagazione avviene principalmente attraverso i semi che sono contenuti all’interno di capsule autunnali  che diffondono la specie assai efficacemente tanto da essere inserita, in alcuni paesi, nell’elenco delle specie aliene più invasive. Ha radici carnose che prediligono terreno umido: la pianta è chiamata Salcerella ed è molto conosciuta per le sue proprietà medicinali essendo un potente antidiarroico diffusamente utilizzato, in passato, contro la dissenteria.
Zephyranthes candida

E’ una bulbosa erbacea perenne, di piccole dimensioni, originaria dei paesi del Sud America i cui fiori ricordano i crochi; nelle regioni a clima mite si comporta da sempreverde con belle foglie filiformi che formano cespi bassi e compatti; in estate e fino all’autunno produce fiori bianchi, soffusi di verde alla base  e con stami di colore giallo vivo; essi sbocciano singolarmente in cima a steli dritti dopo il verificarsi di abbondanti piogge che in giardino possono essere simulate con l’irrigazione; è specie adatta per bordura e nei prati tende ad espandersi occupando tutto lo spazio che ha a disposizione; gradisce l’esposizione diretta al  sole.

giovedì 12 settembre 2013

Chinotto, un agrume dal gusto amaricante

Il chinotto è un agrume di origine cinese, di contenute dimensioni, caratterizzato dal possedere  un aspetto raccolto ed un poco arruffato; le piccole foglie lanceolate, infatti, alterne e coriacee, simili a quelle del mirto, sono disposte, sui rametti privi di spine, sovrapposte ed appressate a causa degli internodi dei rami molto ravvicinati. La specie, un tempo veniva considerata botanicamente una variante dell’arancio amaro e per questo era denominata Citrus aurantium sub var myrtifolia; oggi la varietà ha assunto il rango di specie a se stante per cui il chinotto ha denominazione botanica Citrus myrtifolia. I fiori di zagara sono bianchi, molto profumati e raccolti a mazzetti; i frutti sono piccoli, di forma tondeggiante riuniti in grappoli sulla parte terminale dei rami dove rimangono persistenti a lungo, anche per oltre un anno; prima sono di colore verde brillante poi a maturità hanno un colore arancione intenso ed un sapore amaro che non consente di mangiarli tal quali. 
I frutti di chinotto vengono, infatti, per tradizione trasformati in confetture, canditi, sciroppi e bevande dal particolare gusto amaricante. Negli ultimi anni il chinotto ha trovato una certa diffusione come agrume ornamentale coltivato in vaso.

Riportano le cronache che l’introduzione del chinotto in Italia dall’Oriente risale al 1500 ad opera di un navigatore savonese che introdusse la specie in un tratto molto circoscritto della Riviera di Ponente, tra Varazze e Finale, con al centro la città di Savona. In quest’area le condizioni di suolo e clima si rivelarono ideali per la coltivazione del chinotto divenendone da allora coltura tradizionale.
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La coltivazione della specie si è poi diffusa anche al sud con epicentro di interesse in Calabria dove il chinotto è particolarmente coltivato per l’estrazione degli oli essenziali utilizzati in profumeria. 
E’ soprattutto nel XIX secolo che il chinotto fa il suo ingresso nella tradizione dolciaria savonese; sulla base di una ricetta francese rivisitata e corretta viene, infatti, messa a punto una lunga e laboriosa lavorazione di canditura dei frutti di chinotto che venivano conservati sotto sciroppo e serviti, poi,  spolverati da un velo di zucchero, immersi nel liquore maraschino. Una prelibatezza molto amata nel società di fine ottocento il cui consumo si protrasse sino agli anni Venti.   
 
I frutti canditi di chinotto costituiscono una tradizione dolciaria non più in voga  ed è per questo che in tempi recenti il chinotto di Savona è stato inserito tra i presidi Slow Food d’ Italia; inoltre la coltivazione del chinotto in terra savonese è promossa e salvaguardata da un’associazione di liberi buonguastai chiamata “Arciconfraternita del chinotto”.


E’ nella buccia del frutto del chinotto che sta il segreto del suo aroma essendo ricca di elementi aromatici e digestivi. Il processo di canditura rende il piccolo frutto molto morbido internamente mantenendo però una consistenza soda della buccia che oppone resistenza al morso;  da qui il detto savonese “Pelle dura, cuore tenero”.
 

A partire dagli anni 50,  il consumo di una bevanda gassata di colore scuro ottenuta utilizzando il succo del chinotto ha avuto in Italia una grande diffusione. La prima ditta che iniziò la produzione commerciale del chinotto in bottiglia fu la Pietro Neri seguita poi da altre aziende come la San Pellegrino. Una bibita dissetante e digestiva molto simile al chinotto è il kinnie diffusa nell’isola di Malta.
 
Così come avviene per altri agrumi, dalla distillazione  della scorza dei frutti di chinotto, che poi verranno sottoposti a canditura,  si ottiene  un olio essenziale  il cui profumo  ricorda l'arancio ma con un fondo più amaro; l'essenza viene utilizzata come base per la creazione di profumi aromatici come ad esempio “Chinotto in fiore” un omaggio del profumiere di origine savonese Marco Abaton alla sua città ; un profumo, dice la pubblicità, dalle “note di testa fresche, verdi ed agrumate che lasciano spazio ad un cuore rotondo e balsamico”.


Generale Marcello Prestinari (PR) per errore scambiata con la Chinotto
La vera Chinotto
 
Il 28 marzo 1941, al largo di capo Gallo, in Sicilia, sbattendo su una sbarramento di mine inglesi, colò a picco il cacciatorpediniere italiano “Generale Antonio Chinotto”, unità navale della Regia Marina intitolata al generale che nel 1916, sul Carso, diede grande prova di valore nelle ultime battaglie sul fronte Giulia.

 

lunedì 9 settembre 2013

Piante "orecchie di elefante"



Questa abitudine dei vivaisti di volere appioppare nomi comuni alle piante, per blandire la curiosità infantile del popolo degli utenti del verde e renderli, così, più propensi all’acquisto, mi riesce indigesta dopo tutta la fatica che ho fatto per mandare a memoria cognome e nome botanico delle diverse specie vegetali. Anche i siti specializzati in giardinaggio sono spesso portati alla banalizzazione: albero del corallo, albero bottiglia, pianta fiamma anche se poi con il termine di “albero corallo” si indicano indistintamente specie diverse come Jatropha multifida, Erythrina crista galli, Erythrina caffra, Berberidopsis corallina e di piante “fiammeggianti” ce ne sono tante sia arboree (Brachychiton acerifolius, Delonix regia) che arbustive (Pyrostegia venusta, Tecoma capensis). Basta che una pianta abbia un fenotipo particolare e le si appioppa subito un appellativo ad hoc; se ad esempio una specie ha grandi foglie e proviene da Africa o Asia non ci si potrà esimere dal chiamarla con l’epiteto suggestivo di pianta “orecchie di elefante”, un nome evocativo capace di colpire l’immaginazione dei neofiti del verde. E anche in questo caso le specie caratterizzate dall’avere grandi orecchie o meglio grandi foglie sono essenzialmente tre: Kalanchoe beharensis, Alocasia macrorrhiza ed Colocasia esculenta.
Kalanchoe beharensis è di origine africana, proviene, infatti, dal Madagascar dove la specie  può raggiungere le dimensioni di un piccolo albero succulento; da noi è pianta coltivata in vaso o anche in piena terra dove tuttavia si mantiene non più alta di un metro. A guardare le foglie di Kalanchoe beharensis il titolo di “grandi orecchie” sembra un poco usurpato perché ad andare bene le foglie, non superano i venti di centimetri di lunghezza ma il colore grigiastro e la presenza di una fitta peluria rendono un poco più veritiera la somiglianza. 
Nei due generi Alocasia e Colocasia, appartenenti alla famiglia delle Araceae, si comincia a fare sul serio. Sono infatti generi che comprendono specie asiatiche caratterizzati dal possedere foglie veramente grandi e spettacolari. Le due specie più rappresentative  sono Alocasia macrorrhiza ed Colocasia esculenta, spesso presenti nei giardini meridionali come specie erbacee perenni poste in vasche o angoli ombrosi; si originano da grossi rizomi sotterranei da cui si partono gambi carnosi e rigidi sormontati da larghe foglie lucenti di colore verde brillante con venature più pallide. Come riconoscere un’orecchia dall’altra? Alocasia macrorrhiza ha le foglie sparate verso l’alto mentre Colocasia esculenta ha le grandi foglie che guardano verso il basso. Colocasia poi, ama l’acqua e la si trova spesso a decoro di vasche ornamentali al centro di giardini di tradizione mentre Alocasia può essere comodamente coltivata all’asciutto. Facile no? Alocasia foglie in su; Colocasia foglie in giù. Allora la prossima volta che andrete per vivai e qualcuno con fare paternalista vi mostrerà delle  piante “orecchie di elefante” voi, guardando il colore ed il verso delle foglie con sufficienza potrete esclamare: “Ah, non saprei proprio dove mettere, nel mio giardino, questa bella Colocasia!

lunedì 2 settembre 2013

Ho letto il libro della Lucilla

Notazioni sul libro Uomini e piante di Lucilla Zanazzi


In agosto sono stata a trovare Natale Torre a Milazzo; andare da lui è sempre una festa per le meraviglie botaniche che è stato in grado di collezionare nel suo giardino vivaio in tanti anni di ricerca e coltivazione. Un mare di fiori e frutti e curiosità tropicali che è una goduria fotografare e poi a casa studiare seguendo il ricordo dei  racconti di Natale; viaggi, esperienze, motivazioni che lo hanno portato in giro per il mondo a cercare tantissime specie  da provare ad acclimatare e riprodurre nel clima della tiepida Sicilia per la gioia dei collezionisti e degli Orti Botanici di tutta Europa.  “Un vero capovolgimento di ruoli”, mi dice Natale chiacchierando mentre prepara un pranzo veloce: “dalla metà dell’800 ai primi decenni del 900 erano, infatti, gli Orti Botanici che avevano la funzione  istituzionale di introdurre ed acclimatare specie esotiche potenzialmente utili per il nostro ambiente; è stato, ad esempio,  grazie al ruolo dell’Orto Botanico di Palermo che  nelle campagne della Conca d’Oro si è diffusa la coltivazione del mandarino e nei giardini e nelle ville della città di fine 800 la collaborazione tra il Giardino Botanico di Acclimatazione e i giardinieri delle principali casate nobiliari ha consentito l’introduzioni di specie come  ficus,  yucche, eritrine  e chorisie che ancora oggi fanno bella e botanicamente interessante la città. Ma con il passare del tempo le Istituzioni Universitarie hanno perso questa importante funzione ed è stato allora necessario, per noi vivaisti appassionati dei tropici,  partire personalmente alla caccia di novità; ed è stato quello che ho fatto  e continuo a fare io dopo trent’anni di attività, a mie spese con viaggi annuali d’oltre mare sempre più mirati alla ricerca di una o più specie di interesse ornamentale o agrario che ritengo possano trovare casa nel mio vivaio come è successo in passato con avocado, annona, papaya,  litchi, guajava e moltissime  altre specie esotiche da giardino la cui coltivazione ho sperimentato ed effettuato a Milazzo con successo".
"Di questo ed altro  ancora parlo nel libro della Lucilla Zanazzi “Uomini e piante” che da pochi mesi è uscito per la DeriveApprodi di Roma:  l’hai letto?”; “ci sono anche io tra gli “uomini” del titolo ed in settembre faremo a Milazzo la presentazione del libro, poi ti farò sapere”. Io il libro l’avevo già comprato prima di andare da Natale ma non ne potevo parlare perché stava in pila sotto ad altri  sul mio sgabello di lettura. Al mio ritorno a casa sono andata subito a far riemergere il libro per vedere cosa Natale avesse raccontato di se e, a seguire, mi sono immersa nella vita di tanti altri personaggi che hanno rappresentato e rappresentano l’elite italiana del collezionismo botanico. Il libro non è di quelli che si leggono d’un fiato; ogni storia va ponderata con in mano una matita per vistare informazioni da approfondire. Il libro infatti  contiene moltissime notizie utili per  i neofiti, per quelli alle prime armi, per tutti quelli che vogliono appassionarsi alla coltivazione di una determinata specie  partendo dall’esperienza di quanto già fatto da altri, dal racconto di incontri, di viaggi, di letture che hanno contribuito a creare specifica conoscenza divenuta oggi, punto di riferimento per tutti gli appassionati. Io, ad esempio ho travato utilissima l’indicazione dei libri su cui i diversi intervistati si sono formati, i testi da cui  sono partiti per impostare le proprie collezioni, gli autori a cui essi si sono riferiti per alimentare culturalmente la propria passione. Una eccezionale base di partenza per evitare di brancolare nel buio nella fase iniziale dell’innamoramento di un Genere, un modo per non partire da zero spianando la strada a  tutti gli appassionati e collezionisti alle prime armi che dell’esperienza altrui potranno fare tesoro. Unica nota deludente del libro è il dovere constatare che le interviste sono un poco datate, sono state realizzate infatti dal 2007 al 2009 e in tanti anni alcune realtà sono cambiate: non ho trovato traccia del vivaio di Pelargoni Fra.Mar che ha cambiato nome e ora si chiama: Il fiore all'occhiello a nome della sola Marzia Milano; Rita Paoli ha fondato una nuova realtà produttiva  (Ladre di piante) per suo conto abbandonando il sodalizio descritto nel libro e due tra i più interessanti collezionisti non ci sono più. Ma di questo e di altro ancora se ne potrà discutere con l’autrice Lucilla Zanazzi domani, a Milazzo in occasione della presentazione del libro  che avrà luogo presso il Castello di Milazzo -Monastero delle Benedettine alle ore 19,30 .

 
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