lunedì 28 ottobre 2013

Ficus sycomorus, il fico degli Egizi


 ossimoro sul sicomoro: un albero semplicemente maestoso
Tratto da Architettura degli alberi
Il sicomoro è una grande albero della famiglia delle Moraceae originario dell’Africa orientale ma diffuso allo stato spontaneo anche in Medio Oriente e soprattutto nella penisola Arabica; il nome botanico della specie è Ficus sycomorus chiamato comunemente fico gelso per la somiglianza che le sue foglie hanno con quelle del gelso (Morus nigra) e per i frutti simili a piccoli fichi molto apprezzati nei paesi d’origine. Come molte specie di ficus appartenenti al Genere il sicomoro è un albero solo parzialmente spogliante, dal portamento basso e schiacciato che si diparte subito in rami assumendo chioma espansa che può raggiungere e superare i quindici metri d’altezza anche se in Africa, a sud est di Asmara in Eritrea, nella “Valle dei sicomori” esemplari centenari di enormi dimensioni fanno da riparo ad interi villaggi.
Le foglie sono intere, di forma ovata, coriacee da adulte e a superficie rugosa; dalla rottura del picciolo fogliare fuoriesce, come nel fico, del lattice bianco.
I fiori sono contenuti all’interno di una caratteristica infiorescenza carnosa detta siconio; i frutti simili a piccoli fichi tondeggianti, sono raggruppati in pannocchie appese ai rami più vecchi e sono di colore variabile dal grigio all’arancio a maturità. In alcuni paesi africani dove la specie, al pari dei fichi, è molto apprezzata, gli agricoltori praticano con un ago una punzonatura dei frutti ancora acerbi allo scopo di favorirne la maturazione.
Sul mio nome gli anglosassoni hanno fatto una gran confusione perché non ho niente a che spartire con aceri di monte e platani
Per vedere un albero di sicomoro in habitus spontaneo occorre spostarsi a latitudini subtropicali, Ficus sycomorus è infatti specie da clima caldo arido anche se cresce più rigoglioso in prossimità di fiumi; non si capisce, allora perché gli inglesi abbiano chiamato sycamore tree l’acero di monte (Acer pseudoplatanus) e gli americani utilizzino lo stesso nome per indicare il platano occidentale creando notevole confusione sistematica.
La dea egizia dell'amore, testa di mucca, figlia di Nut e Re, è la mia signora, onorata solennemente a Dendera nel tempio dei misteri 
Gli Egizi consideravano il sicomoro un albero sacro dedicato ad Hathor una divinità antichissima della mitologia egiziana, dea dell’amore e della gioia che al tramonto mangiava il sole (Horus identificato come dio-sole) per restituirgli la vita poche ore dopo, all’alba. La dea Hathor era considerata “Signora del sicomoro del sud” e come tale veniva solennemente venerata a Dendera dove aveva sede un importante tempio a lei dedicato con una storia di misteri archeologici ancora tutta da decifrare. Il legno di sicomoro è tenero e poroso ma molto resistente, per queste sue doti era utilizzato dagli antichi egizi per realizzare sarcofagi come quelli ritrovati in tombe risalenti ad oltre 3000 anni fa.
 Senza di me Zaccheo non sarebbe mai arrivato così’ in alto
Anche nelle Sacre scritture si parla di un sicomoro quando in occasione dell’arrivo di Gesù a Gerico un ricco possidente del luogo di nome Zaccheo, essendo di bassa statura si arrampicò su una pianta di sicomoro per vedere Gesù al suo passaggio.
  "Entrato nella città di Gerico, la stava attraversando. Ora, un uomo di nome Zaccheo, che era a capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi fosse Gesù, ma non ci riusciva; c’era infatti molta gente ed egli era troppo piccolo di statura. Allora corse avanti e, per poterlo vedere, si arrampicò sopra un sicomoro, perché Gesù doveva passare di là. Gesù, arrivando a quel punto, alzò gli occhi e gli disse: “Zaccheo, scendi in fretta, perché oggi devo fermarmi a casa tua”. Scese subito e lo accolse con gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: “E’ andato ad alloggiare in casa di un peccatore!”. Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: “Signore, io do ai poveri la metà dei miei beni e se ho rubato a qualcuno gli restituisco il quadruplo”. Gesù gli rispose: “Oggi la salvezza è entrata in questa casa, perché anch’egli è il figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto”» (Lc 19, 1-10).
A Lét Marefià nel “luogo dove riposano i sapienti” sotto la mia ombra maestosa si trovano le spoglie di Orazio Antinori, esploratore e naturalista perugino 

Orazio Antinori è stato alla metà del’800 un grande naturalista ed esploratore italiano che attraversò in lungo e largo il Corno d’Africa riportando in Italia interessanti raccolte naturalistiche conservate in vari musei della penisola. Insieme ad altri studiosi italiani costituì in Etiopia a Let-Merefià una stazione scientifica ed ospedaliera base di partenza per le spedizioni coloniali italiane dove Antinori morì nel 1882 e dove le sue ceneri, per sua espressa volontà sono conservate sotto l’ombra di un maestoso sicomoro.

lettera  di Orazio Antinori al fratello Raffaele, da Lét (Lit) Merefià, nel 1879: “… Né manca alla decorazione, fuori, sulla sinistra del nostro recinto, un gigantesco sicomoro di 10 metri di circonferenza, 40 d’altezza, il quale colla sua verdura difende dal sole nelle ore calde, e coi suoi rami tronchi, elevati, brulli di foglie per antico tempo, fornisce un prezioso materiale alle mie collezioni, negli uccelli, specialmente rapaci, che in que’ tronconi vanno a posarsi. …”.

Sono un privilegiato tra i miei simili perché sono simpatico a due diversi agaonidi
Le infiorescenze carnose del sicomoro così come tutti i fichi presentano all’estremità un opercolo attraverso il quale si introducono all’interno dell’infiorescenza piccoli imenotteri impollinatori assai specifici tanto da avere un rapporto esclusivo specie- specifico (nel fico comune ad esempio è la Blastofaga psenes). Il sicomoro è specie che nel Genere fa eccezione perché dispone di due specie attive, due differenti agaonidi, Ceratosolen arabicus e Ceratosolen galili.


domenica 20 ottobre 2013

Annona cherimola: un frutto squisitissimo

Domanda
Ho ricevuto in regalo un frutto esotico dalla forma particolare: grosso come un pugno sembra una pigna per la presenza di una buccia verde segnata come da squame; ha un profumo dolce ed aromatico e la polpa a maturità è di colore crema punteggiata da tanti semi scuri grossi come fagioli; il gusto è molto delicato. Mi piacerebbe conoscerne il nome e l’origine. Mi può aiutare?
Risposta:
La descrizione del frutto attaglia alla perfezione ai caratteri di una specie tropicale che ha nome Annona cherimola, specie proveniente dagli altopiani di paesi come Equador e il Perù ma diffusa in molte regioni tropicali, subtropicali ed a clima temperato. In Europa è stata introdotta dagli spagnoli nel XVI secolo anche se le prime coltivazioni commerciali risalgono al XIX secolo a Granada, Malaga e alle Canarie. In Italia la specie arriva, invece verso la fine del XVIII secolo a Palermo, presso l’Orto Botanico di città, diffondendosi poi in alcune aree della Conca d’Oro, lungo le coste della riviera ionica siciliana ed in Calabria, intorno alla città di Reggio, dove l’annona si insedia verso la fine del 1800. Si riteneva, infatti, che questa specie potesse costituire una valida alternativa alla coltivazione degli agrumi avendone in pratica le stesse esigenze climatiche e colturali ed producendo un frutto ritenuto tra i più squisiti della frutticoltura tropicale per la polpa fondente e profumata, ricca di zuccheri e dal gusto gradevolmente aromatico. In realtà in Italia, la coltivazione dell’annona come specie da reddito non è mai decollata; si trovano, tuttavia, piante e coltivazioni sparse sia come curiosità botanica che per produrre frutti  dal consumo locale.
Caratteri della specie
Annona cherimola, della famiglia delle Annonaceae, è un piccolo albero che può raggiungere l’altezza massima di quattro-cinque metri. Ha chioma aperta di foglie alterne, generalmente coriacee; i fiori sono di aspetto insignificante ma molto gradevolmente profumati; ogni fiore è composto da tre petali e da un ricettacolo con, alla base, una corona di stami e molti carpelli che possono essere fecondati in modo indipendente uno dall’altro.  
Il frutto chiamato sincarpo è in realtà un frutto multiplo formato dai carpelli che dopo la fecondazione si saldano tra di loro prendendo l’aspetto di grosse squame; il frutto maturo è di colore grigio rossastro, profumato, dalla polpa cremosa bianco avorio, facilmente deperibili tanto da dovere essere raccolto ancora acerbo; all’interno, immersi nella polpa ci sono molti semi oblunghi, lucidi, di colore bruno, di facile germinazione.  
 
La fruttificazione dell’annona, nel nostro clima è spesso incostante con pochi frutti che arrivano a maturazione e che assumono una forma incurvata invece di quella classica a pigna per la mancata fecondazione di alcuni carpelli. Il perché è facilmente spiegato considerando la morfologia fiorale dell’annona: il fiore è, infatti, ermafrodito contenendo sia gli organi sessuali maschili che quelli femminili che hanno tuttavia periodi di maturazione sfalsati rendendo molto difficile l’autofecondazione. L’impollinazione deve essere incrociata e se ne incarica, nei paesi di origine, un piccolo coleottero specifico, capace di introdursi, sporco di polline, all’interno dell’organo femminile  ed effettuare l’impollinazione cui seguirà l’allegagione; in assenza di insetti fecondatori il frutto tende a non svilupparsi completamente rimanendo piccolo o deforme, facile alla caduta precoce. Nelle piante coltivate per ovviare all’inconveniente è oramai pratica comune ricorrere alla fecondazione manuale.
I semi dell’annona germinano facilmente perciò dopo averli recuperati dalla polpa ed averli lavati ed asciugati su carta assorbente, potranno essere piantati in un vaso ad un paio di centimetri di profondità. 

Nel giro di quindici giorni le piantine saranno belle e spuntate e quando avranno raggiunto l’altezza di quindici centimetri si potranno trapiantare in vasi singoli di media grandezza.

venerdì 11 ottobre 2013

Antigonon leptopus, romantico rosa

Il rosa è un colore che mi piace ma non tutto ciò che è rosa è di mio gradimento; non mi piace, ad esempio, il rosa confetto con il quale mamme affettate vestono da testa a piede bambine smorfiose perché ogni particolare dell’abbigliamento proclami al mondo l’appartenenza al genere femminile.
Questo rosa d’ordinanza fatto a posta per sbandierare una femminilità ad oltranza non fa per me: non uso smalti rosati né fuseaux attillati; odio indossare i collant ed il mio abbigliamento è all’insegna della comodità: pantaloni d’inverno perché ho freddo, gonne d’estate perché ho caldo. Non vestendomi in modo aggraziato credo di poter dire che la mia adesione al sentire femminile si esprima nella mia propensione ad accudire: familiari, in primo luogo, poi gli alunni a scuola ed animali a seguire; sono però un tipo romantico e spesso mi faccio prendere dal sentimento; mi basta risentire pezzi d’opera (“Coro a bocca chiusa” della Madama Butterfly, “Addio del passato” della Traviata, “Tu che m’ai preso il cor", da  Il paese del sorriso) che mi prende un immediato groppo al cuore e piango lacrime che non riesco a trattenere.  

Sono, dunque, un tipo sentimentale e già da ragazzina il rosa che preferivo era quello di una collana di libri d’appendice dalla copertina “rosa” con titoli come: Foglie al vento, La casa delle lodole, La primula rossa, Lo sceicco, e poi a seguire Via col vento, Cime tempestose, Orgoglio e pregiudizio.
Questa visione “sentimentale” della vita trova applicazione anche in campo vegetale; c’è, ad esempio, una specie rampicante come Antigonon leptopus che trovo molto romantica; è una polygonacea di origine messicana ancora in fiore in questo tiepido autunno, che arrampicandosi su ringhiere e graticci grazie a tralci lianosi e robusti viticci, forma ghirlande intrecciate di fiori di un rosa così delicato da essere chiamato nei paesi d’origine “catena d’amore”. 
Antigonon leptopus è specie che ha foglie alterne, grandi, con il bordo ondulato e a forma di cuore; i fiori sono raccolti in grappoli posti all’ascella delle foglie e sono privi di petali presentando sepali membranosi, cordati, di un rosa antico molto delicato.
Non è specie diffusa, neanche al sud dove si trova bene in aree a clima mite e temperato e dove fiorisce abbondantemente e ininterrottamente. I frutti sono acheni e le radici tuberose in Messico sono considerate commestibili. La propagazione si può fare per seme in primavera, per talea di stelo in estate o per divisione dei tubercoli radicali; gradisce una buona potatura invernale perché fiorisce sui rami dell’anno nuovo.
 
Se mi chiedete cosa canticchio in macchina lungo il tragitto per andare a scuola vi dirò che all'andata, propendo per la malinconica  “La vie en rose” ma al ritorno, con senso di vera liberazione, galoppo al ritmo dei valzer del “Cavaliere della rosa”.



lunedì 7 ottobre 2013

Cruciverba botanico ottobre 013


Orizzontale: 1: falsi frutti carnosi formati da un ricettacolo piriforme e pendulo; 7: è particolarmente sgradevole in Stapelia; 8:iniziali del nome botanico di trumpet vine; 9: Racomitrium elegans; 10: Clematis Franziska.. ;12: alberi chiamati spaccasassi; 13: gorse; 14: Napoleonaea imperialis; 15: iniziali del nome di botanico inglese, globe trotter, cacciatore di piante, scrittore, presentatore televisivo, primo curatore di "Hillier Arboretum”; 16: ripari costituiti da piante arbustive usate con funzione ornamentali o per delimitare proprietà; 18: Baccharis erigeroides; 20: connotazione botanica specifica che sta ad indicare dimensioni ragguardevoli (Pinguicula, Langermannia, Carnegiea); Verticale: 1: genere della famiglia delle Rosaceae che comprende specie arboree dai frutti eduli quando ammezziti, ingrediente base dell’idromele; 2: in botanica desinenza che contraddistingue la categoria tassonomica delle sottofamiglie; 3: Cactus e...; 4: lo sono i feromoni; 5: nome inglese di Acacia loderi; 6: James William Eleno... , botanico britannico (1851 - 1919); 8: organi vegetali filiformi, dovuti alla metamorfosi di una foglia, che la pianta utilizza per arrampicarsi; 11: Ranunculus arvensis; 16: abbreviazione standard del botanico e naturalista francese Jean Francois Seguier; 17: abbreviazione Pecteilis, genere Orchidaceae; 18: Hoary Balsamorhiza; 19: sigla di formulazione in cui la sostanza attiva è contenuta in goccioline acquose;


mercoledì 2 ottobre 2013

Si fa presto a dire gelsomini!

Ci voleva la “Festa dei Gelsomini” che ha avuto luogo il fine settimana scorso presso il Vivaio Malvarosa a Carruba di Giarre, in Sicilia, per chiarirmi un poco le idee su questo vasto ed eterogeneo gruppo di specie che va sotto il generico nome di gelsomino. E si, perché di gelsomini ce ne sono di tantissimi tipi: i veri gelsomini appartenenti al genere Jasminum della famiglia delle Oleaceae che sono oltre 200 specie provenienti soprattutto dal Medio Oriente, ed i falsi gelsomini o specie affini come Trachelospermum, Stephanotis, Plumbago, Lonicera, Carissa, Solanum, Cestrum equiparati ai gelsomini, solo e non sempre, perché specie profumate.  
Al vivaio Malvarosa di Filippo Figuera, specializzato da un decennio nella produzione di gelsomini, che si sono affiancati negli anni alla principale produzione di pelargoni, ci sono, è ovvio, i veri gelsomini a cui è sono stati dedicati due giorni di una kermesse all’insegna del profumo, del gioco, della cucina, della musica e della fotografia. Ed il richiamo sugli appassionati è stato molto forte se Filippo ieri, tirando le somme della manifestazione, ha potuto.. dare i numeri: "Circa MILLE visitatori; SETTECENTONOVANTA gelsomini grandiflorum regalati; TRENTATRE chili di granita al gelsomino consumati; CENTOCINQUANTA spettatori al concerto; QUATTRO visite al giardino con oltre CENTO attenti visitatori; DUEMILA fiori di gelsomino raccolti per fare la granita..”.
Grandi numeri davvero se si considera lo svolgimento in contemporanea, in Sicilia, di altre importanti manifestazioni del verde.
Io ho partecipato alla visita guidata tenuta da Filippo al “Giardino dei gelsomini” uno spazio verde ricavato accanto alla casa padronale e alle grandi serre recuperando un antico ovile costituito da una serie di spazi chiusi da muretti a secco che ospitavano un tempo gli armenti.

In un percorso che si snoda in stanze profumate sono raccolte per tipologia tutte le specie del genere Jasminum coltivate in azienda che possono essere osservate nel loro portamento naturale, ambientate in un giardino, conoscendone la storia, l’origine, la diffusione ed alcune curiosità dalla lettura di chiare schede descrittive. Si comincia con un pergolato ottagonale che raccoglie i più tradizionali tra i gelsomini, le specie a portamento rampicante e foglie opposte e pennate formate dalle caratteristiche sette foglioline; ne fanno parte specie come Jasminum officinale, Jasminum officinale clotted cream, Jasminum officinale fiona sunrise, Jasminum aureum, Jasminum polyanthum e Jaminum grandiflorum , specie quest’ultima molto diffusa in Italia meridionale soprattutto in Calabria e Sicilia dove un tempo era coltivata e usata per la produzione di profumi.
E’ il classico   gelsomino siciliano o “Gelsomino di Spagna”, originario della penisola araba e probabilmente introdotto nella penisola iberica dagli arabi e solo successivamente arrivato in Italia. Pianta sempreverde di grande sviluppo, portamento leggero e arioso, fogliame verde glauco. I fiori sono grandi, bianchi, esternamente rosati, prodotti in abbondanza e profumatissimi. La fioritura è tardiva rispetto a tanti altri gelsomini (inizia a luglio) ma continua ininterrottamente fino a dicembre-gennaio.
Nel giardino altre zone sono dedicate rispettivamente ai gelsomini trifogliati (Jasminum azoricum,  Jasminum fluminense dai fiori molto profumati; ai gelsomini della sez. alternifolia con fiori gialli (Jasminum odoratissimumJasminum humile, Jasminum floridum,  tutti molto profumati; a quelli a foglia intera e portamento rampicante (Jasminum molle).

La parte per me più interessante è stata quella dei gelsomini della sezione unifolia, specie arbustive con grandi foglie intere e fiori stellati grandi e molto profumati a cui appartiene il gruppo dei gelsomini sambac.
Jasminum sambac

Questa sezione raccoglie i gelsomini conosciuti come gelsomini d’Arabia anche se, in realtà la regione d’origine è l’India, caratterizzati dal possedere fiori bianchi, grandi carnosi anche doppi e stradoppi. Tra essi il capostipite è Jasminum sambac, un cespuglio sarmentoso dal portamento disordinato e dalle grandi foglie intere di colore verde brillante; ha fiori bianchi, grandi, dai petali lunghi e carnosi, famosi per il profumo inebriante.


Del gruppo dei sambac fa parte la famosa cultivar Granduca di Toscana, cespuglio disordinato, con foglie larghe verde scuro e intere, a crescita molto lenta; ha bellissimi fiori doppi i cui petali esterni possono assumere una colorazione rosata, fiorisce da maggio a novembre emanando un profumo intenso; il nome è un omaggio al Granduca di Toscana Cosimo III che nel segreto dei suoi giardini coltivava piante rare ed esotiche. A questo gelsomino fa compagni la cultivar di sambac Maid of Orleans molto diffusa nel meridione alla fine dall’ottocento e dedicata alla moglie francese di Cosimo III, Margherita Luisa d’Orleans; è un cespuglio dalla crescita contenuta che si può legare a un supporto o ad un graticcio e fare crescere come rampicante oppure lasciare che prenda liberamente la sua sagoma di cespuglio sarmentoso. Ha fiori semplici, tondeggianti, di medie dimensioni; è considerato il più profumato tra i gelsomini regalando una fioritura abbondante da giugno a ottobre. Ed infine “ Belle of India” un sambac dalla corolla stradoppia, letteralmente un fiore dentro l’altro, profumatissimo; molto diffuso nei paesi orientali dove viene usato per comporre ghirlande e collane di fiori.
Ho ancora molto da imparare sui gelsomini ma grazie a Filippo ed al suo vivaio il cammino di conoscenza intrapreso, da oggi,  mi appare meno nebuloso.
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