venerdì 29 ottobre 2021

Frutta tropicale d'autunno a km zero

 

Quando comincia l’autunno la scelta sui banchi della frutta è molto ridimensionata rispetto alla varietà di gusti e colori dell’estate. Non parlo di frutta come mele e pere ed anche di uva che sono presenti oramai praticamente tutto l’anno ma della frutta stagionale, quella che ci ricorda che le temperature stanno scendendo, che serve fare il cambio di stagione uscendo dagli armadi maglie, felpe e scarpe chiuse e nel letto si sta contenti se mettiamo un soffice e caldo trapuntino.

L’autunno è la stagione dei colori morenti che caratterizzano il foliage di molte piante che si preparano al riposo invernale ed anche i frutti hanno colori abbinati: pensate ai cachi o al giallo arancio dei primi agrumi (tangeli) e per noi siciliani ci metto dentro anche i fichi d’india di seconda fioritura (i cosiddetti bastardoni).

Bene, cancellate questo quadretto autunnale da lezioncina di prima elementare perché non è di frutta tradizionale che vi voglio parlare ma delle tante specie di origine tropicale la cui coltivazione si sta diffondendo in Sicilia e la cui produzione comincia a comparire sui mercati rionali in pieno autunno.

Parlo di avocado, mango, annona prodotti a chilometro zero in terra di Sicilia ma anche di frutti tropicali minori come guava, pitanga, feijoa, longan, casimiroa,  la cui coltivazione avviene con successo in alcune aree costiere isolane. Un precursore nella coltivazione di specie tropicali da frutto in Sicilia è l’agronomo vivaista Natale Torre che nel suo vivaio a Milazzo dimostra con i fatti come, vista la perfetta adattabilità di molte specie di origine tropicali al nostro clima, soprattutto nella fascia degli agrumi, la loro coltivazione come specie da reddito è diventata una realtà di successo. Ecco un elenco da lui suggerito di specie tropicali i cui frutti  si commercializzano in  autunno ed il cui gusto e colore possono competere con gli abituali frutti dall’antiquato foliage.

Mango (Mangifera indica)

E’ tra le specie che sta suscitano grande interesse nella coltivazione specializzata, con la realizzazione di molti nuovi impianti sull’isola. La sua diffusione tuttavia non può essere generalizzata perché il mango è molto suscettibile al freddo ritrovando nuovi impianti sopratutto lungo la fascia costiera che si affaccia sul Tirreno e lo Jonio. Tra le varietà di mango c’è un forte variabilità colturale per forma, sapore e profumo del frutto; la cultivar più diffusa nel nostro ambiente è la 'Kensington Pride'  di origine australiana che ha una maturazione precocissima e che si adatta anche in condizioni climatiche non ottimali;  le varietà che danno frutti in autunno sono 'Kent', 'Maya', 'Osteen'. La più tardiva di tutte è la 'Keitt' che si riesce a raccogliere a dicembre,  sotto Natale. Come portainnesto si usa la varietà 'Gomera 3' che è abbastanza resistente al freddo. Un frutto di mango può arrivare a pesare anche un chilo ma nella media i frutti pesano intorno ai 300 gr. Vengono raccolti ancora verdi o con una punta di giallo perché maturano rapidamente assumendo la classica colorazione lucida e rosso rosata. Per chi da poco si accosta al tropicale e comincia ad acquistare manghi al mercato è da ricordare che questi frutti amano il caldo perciò le temperature del frigorifero non sono adatte ad una loro idonea conservazione; meglio lasciarli fuori con temperatura intorno ai 10 gradi.

Avocado (Persea americana)
L’avocado è stata una delle prime specie di origine sub-tropicale che sono state coltivate sull’Isola in impianti, dapprima consociati agli agrumi, poi anche specializzati. E’ un albero di buona altezza, sempreverde, il cui frutto si gusta come se fosse un ortaggio da unire ad insalate e antipasti o come condimento essendo la sua polpa caratterizzata da un elevato contenuto in olio. Le varietà che vengono coltivate nel nostro ambiente provengono dal gruppo degli avocado messicani che nei luoghi d’origine si sono evoluti in montagna, fino a quote di 2000 m; sono perciò varietà più resistenti al freddo. Per avere una buona produzione di frutti occorre impiantare più cultivar (gruppo A e gruppo B) per assicurare una impollinazione incrociata (tra varietà di tipo A e varietà B) che avviene ad opera delle api. Chi ha un solo albero in giardino e si dispera perché non fa frutti deve sperare nella presenza nelle vicinanze di altre piante di avocado appartenenti al gruppo diverso. Il 70% degli impianti siciliani di avocado coltivano la varietà 'Hass'  (gruppo A) la più pregiata e commercializzata nel mondo che si raccoglie da gennaio a maggio . In autunno maturano invece i frutti delle cultivar 'Bacon'  e 'Fuerte'  (entrambe del gruppo B). Una particolarità curiosa che fa rilevare Natale Torre: la varietà 'Bacon' è inconfondibile perché stropicciando una foglia si sente un forte odore di anice. Come portainnesto si utilizza di solito la varietà 'Walter Hole'.

Annona  (Annona cherimola)
E’ una specie tropicale che proviene dagli altopiani andini e che nel nostro ambiente di coltivazione mantiene le foglie in inverno per perderle poi in primavera, alla ripresa vegetativa. Il frutto coltivato da tempo in Sicilia e Calabria ha un aroma ed un gusto della polpa particolarmente buono ed aromatico anche se ad ogni boccone (è un frutto che va mangiato a cucchiaio) la bocca si riempie dei tanti semi che vi sono immersi dentro. Ha il problema di una maturazione rapida e dunque di una facile deperibilità. Anche questo frutto non può essere conservato a temperature inferiori ai 10 gradi perché perde le caratteristiche organolettiche che lo caratterizzano. Le varietà più diffuse sono di origine spagnola come  'Fino de Jete' dai frutti molto grossi e 'Campas' dalla polpa più dolce e cremosa.
Accanto alle specie esotiche coltivate a scopo di reddito come mango, avocado ed annona ce ne sono tante altre da coltivare a uso familiare riservando loro un posto nei giardini del Meridione sia per l’originalità organolettica dei frutti ma anche per le potenzialità estetiche delle relative piante. Specie adattabili al clima e molto rustiche perché nella maggior parte dei casi richiedono ridotti interventi colturali essendo necessarie solo poche potature di contenimento; possono essere coltivate in regime biologico in quanto essendo ancora prive di antagonisti naturali non vanno sottoposte a trattamenti antiparassitari. 
Guava (Psidium guava)
E’ uno dei frutti più profumati tra le specie tropicali che è possibile coltivare nel nostro ambiente di coltivazione,  con frutti dal sapore forte ed acidulo ed un profumo delicato e penetrante; è un frutto tra i più ricchi di vitamine e di sali minerali nel panorama vegetale, soprattutto è molto ricco di ferro tanto che in Centro America, luogo da cui proviene la specie,  viene fatto consumare alle donne in stato interessante per prevenire tale carenza. La specie originaria era già nota agli Aztechi  che la chiamavano Xalxocotl  (prugna di sabbia) ma di specie appartenenti al Genere Guava ne esistono più di cento  con tantissime  varietà che cambiano per forma, colore e dimensione del frutto; ne esiste anche una varietà che è una mutazione genetica priva di semi.  La guava è una pianta molto ornamentale, rustica e resistente, tanto da essere utilizzata nei giardini per realizzare siepi e angoli suggestivi. I frutti raccolti si mantengono a lungo e ne basta uno per profumare un'intera stanza.

Pitanga (Eugenia uniflora)
Chiamata anche Ciliegia del Brasile è una specie appartenente alla famiglia delle Myrtaceae. Il frutto è simile a quello di una ciliegia ma a differenza di questa può essere coltivata a livello del mare; è un bell’arbusto che tende a ramificare in modo disordinato ma resiste molto bene alle potature tanto da essere utilizzato per realizzare siepi molto ornamentali sia per il fogliame (molto simile a quello di Eugenia myrtifolia) che per i fiori; ma è la fruttificazione il vero punto di forza della specie, infatti i frutti  presentano colore diverso nelle diverse fasi di maturazione:  sono inizialmente verdi; gialli nella fase iniziale di crescita per virare poi all’arancione, al rosso ed infine al nero;  un vero anticipo dell’ albero di Natale.

Feijoa (Acca sellowiana)
Feijoa è specie sempreverde di origine subtropicale presente in molte regioni italiane che si affacciano sul mare e che in Sicilia annovera annosi esemplari in molti giardini storici. Particolarmente bella è la sua la fioritura che avviene in primavera ed estate; i fiori appena sbocciati sono bianchi, per poi si tingono di sfumature violacee e sono formati da quattro petali e molti stami rossi che culminano in antere giallo-dorato, all’interno delle quali si trova il pistillo. I fiori della feijoa sono commestibili e vengono spesso utilizzati nelle preparazioni di piatti stellati o per preparare salutari tisane. I frutti sono grandi come delle prugne ma leggermente allungati, con la buccia verdognola; la polpa del frutto è cremosa, profumatissima, dal sapore fresco con sentore di ananas e fragola. Le foglie piccole e coriacee se strofinate sprigionano un aroma di mirto.
 
Altri fruttiferi tropicali
La lista dei fruttiferi tropicali che è possibile coltivare in Sicilia all’aperto è ancora molto lunga; si tratta in genere di piante decorative, generose, di poche pretese, se adattatesi al clima, ed in grado di rendere particolarmente originali angoli poco valorizzati dei nostri giardini. 
P.S.
Alcune aziende siciliane che producono frutta tropicale e che la commercializzano anche online:



domenica 10 ottobre 2021

Un giardino di vasi a Torre Archirafi

Torre Archirafi è un piccolo borgo marinaro che si affaccia sullo Ionio in prossimità di Riposto, in Sicilia. Un luogo di mare e di vacanze molto affollato d’estate che diventa tranquillo ed ospitale quando gli interessi dei più si spostano dal mare ai centri commerciali. Un posto dove passeggiare, in questa stagione autunnale, perdendosi a guardare i mille movimenti delle onde del mare che è proprio lì, a ridosso delle case che sono esposte, inermi, alle mareggiate e al forte vento.

Ed è proprio di fronte ad una delle prime case della Marina di Torre Archirafi che si focalizza l’ attenzione di chi ama il verde per lo stupore che suscita un’incredibile composizione vegetale, un giardino di strada fatto di centinaia di vasi di specie e varietà differenti orchestrate a formare un’unica onda di colore che ha un suo ritmo ed un proprio tema conduttore.

Sono i coleus ( (Plectranthus scutellarioides) che ancora, in questo strascico d’estate, che da noi è l’autunno, la fanno da padrone; le loro foglie hanno colori le cui sfumature si inseguono, rimbalzano per contrapporsi o integrarsi secondo uno spartito che suggerisce movimento, allegria, festa.
Ma sono tantissime le specie che li affiancano ed è divertente scovare tra foglie e fiori quelle delle specie che si conoscono: qua la odorosa Lippia citriodora, le foglie a cuore del Farfugium, il Ruscus, le begonie, le iresine, pentas, vinca, rose rifiorenti, Cestrum nocturnum, brugmansia e tante specie rampicanti per dare verticalità alla composizione come Aristolochia, Lonicera, Jasminum azoricum, passiflora e plumbago bianco ed azzurro.

Non possono mancare le succulente con Agavi, Aeonium, Crassule, Kalanchoe e le aromatiche come Plectranthus, Santolina, finocchietto selvatico, che spuntano di tanto in tanto cercando di farsi spazio tra le molte specie tra loro in concorrenza, anche se a ben considerare, nel susseguirsi di specie a ripetizione non si percepisce affatto contrapposizione, perché in questa composizione corale le piante si vede che stanno bene proteggendosi a vicenda dal sole e dal mare.
Chi è l’artefice di tanto lavoro? Ci vuole amore per le piante ma anche occhio alla composizione perché tutto sembri così naturale ed è questo il talento di Giovanni Puglisi architetto di fatto ma giardiniere nel cuore con il quale è bastato chiacchierare dieci minuti di fronte casa per identificare in entrambi i sintomi di una passione comune per il mondo vegetale.
Giovanni ha messo insieme la sua collezione di piante da foglia e da fiore in vaso da circa due anni e mezzo. E’ una passione che gli viene da lontano quella per le piante, da quando ragazzino passava le estati dai nonni in una grande casa di campagna sulle pendici dell’Etna, al limitare del bosco, seminando pini da mettere a dimora le estati successive. Ricorda, di quelle estati, gli aromi ed i colori delle piante che facevano belli i giardini di una volta: clivie, ruscus,  fresie, iris bianchi e blu, amaryllis, calycanthus, fejioa, monstera. Piante abituate a vivere in Sicilia in modo frugale essendo a ridotte esigenze idriche; piante belle ed anche utili perché si potevano mangiare come gli agrumi, il vigneto o le pere e le mele delle varietà tradizionali etnee. Voleva fare l’agronomo Giovanni, ma sapeva anche disegnare e per decisione del padre fu mandato a Milano a studiare architettura. Oggi esercita la professione sposando la filosofia del non comparire; il lavoro dell’architetto, per lui,  è quello di assecondare il paesaggio intorno rimanendo spettatore di fronte alla natura; nei giardini tutto deve sembrare naturale pur essendo il risultato di un lavoro lungamente studiato a tavolino.

 Come sei riuscito a realizzare questa composizione da strada?

La casa ha una buona esposizione perchè pur essendo fronte mare è esposta ad est ed in estate da mezzogiorno in poi non c’è più sole che batte direttamente sulle piante. E’ questo un fattore fondamentale perché ai tanti amici ai quali ho regalato le mie talee di coleus, in situazioni di esposizione diverse dalla mia non hanno ottenuto risultati soddisfacenti per bellezza del fogliame e brillantezza del colore. Per creare l’ossatura della composizione ho usato i tanti vasi ereditati da mio nonno, vasi fatti a mano che cerco di mantenere nel tempo usando, se necessario,  la colla; li metto a terra capovolti per creare dei piedistalli di diversa altezza su cui poggiare i vasi delle piante che desidero coltivare.  
Dare acqua è un vero e proprio lavoro perché utilizzo l’innaffiatoio bagnando vaso dopo vaso per evitare eccessi che provocherebbero possibili marciumi radicali. In poco tempo si è creato un ecosistema che sembra stabile, non ho avuto cocciniglie d’estate e non ha mai fatto un trattamento chimico ed infatti tra i miei vasi circolano lumache, grilli, gechi ed una volta ho trovato anche una rana. Ora con l’arrivo del fresco taglierò i coleus in modo brutale (facendo nuove talee per l’anno prossimo) riportando alla luce, nel giardino invernale, i colori ed i profumi di piante che in estate sono rimaste defilate sotto il fogliame esuberante dei coleus.
Ci siamo lasciati che avevo ancora sprazzi di colore negli occhi,  stringendo tra le mani un talismano: un vaso antico, fatto a mano, in parte rabberciato che Giovanni mi ha voluto regalare per suggellare questa nuova amicizia a presa rapida, nata in pochi istanti, parlando di piante  e guardando il mare.


giovedì 7 ottobre 2021

Kivano, il cetriolo cornuto africano

E’ vero che siamo in epoca di globalizzazione; che il nostro cibo sta diventando sempre più omologato a livello mondiale (ho mangiato in estate mele cilene e sudafricane) e che ci sono sempre nuovi sapori sulle nostre tavole, ma mi sono ugualmente stupita nel trovare in Sicilia, in vendita sulla bancarella di una fiera di paese insieme a fichi d’india, pomodori secchi, olive sott’olio, cicerchia e capperi, i frutti bitorzoluti, prodotti in loco, di una cucurbitacea africana che ha nome Kivano. Data la particolarità del prodotto che è un ancestrale cetriolo ingrossato e bitorzoluto a buccia giallo rossa, ne ho comprato due frutti per constatarne di persona il gusto e le caratteristiche lette sui libri e sul web.

Cucumis metuliferus è una cucurbitacea, parente stretta di specie come melone, zucchina e cetriolo. Originaria delle aree meridionali dell'Africa è coltivata come annuale. La specie è stata introdotta dall’Africa in Australia e Nuova Zelanda e qui, a motivo del gusto dei frutti che hanno sapore indefinito tra il kiwi e la banana l’hanno chiamata Kivano; nei paesi d’origine a causa del sua aspetto è, invece, denominata cetriolo cornuto africano o melone cornuto o, in francese, metulon. La denominazione latina specifica, invece, deriva dal termine “metulifer” che fa riferimento alla presenza di piccoli conetti, spine dure, presenti sulla buccia del frutto.
La pianta presenta un fusto erbaceo, pubescente ed angoloso,  strisciante o rampicante, che è definito, come per altre cucurbitacee, “corridore” raggiungendo i tre metri di lunghezza; porta viticci e grandi foglie lobate di colore verde-giallo che sono sul rovescio verde pallido. 
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I fiori unisessuali (monoici, cioè con fiori maschili e femminili sulla stessa pianta) sono di colore giallo a corolla campanulata, imbutiforme e fioriscono in estate; da ottobre a dicembre si producono frutti ovoidali, di 8-10 cm , dalla buccia consistente, inizialmente verde, poi giallo rossastra a maturità; sulla superficie esterna sono presenti numerose gibbosità spinose, conico acute.
La polpa acquosa e di consistenza gelatinosa è di colore verde più o meno intenso ed è contenuta all’interno di spicchi e presenta numerosi semi appiattiti. I frutti nei paesi d’origine vengono consumati sia crudi che cotti. Da crudi vanno mangiati a cucchiaio tagliando il frutto a metà e ingoiando la polpa gelatinosa con tutti i semi. 
Il gusto è indefinito ma ci si sentono note blande di banana, kiwi e cetriolo. Ho letto che ci si può aggiungere zucchero o sale e questo vuol dire che il gusto naturale è sciapo e va in qualche modo esaltato con del condimento, in base ai gusti. Sorprendono tuttavia le innumerevoli proprietà nutritive e curative attribuite al Kivano in letteratura. Da un punto di vista nutrizionale i frutti contengono buoni livelli di vitamine del gruppo C, ferro e potassio; acidi grassi omega ed antiossidanti ed inoltre da un punto di vista curativo vengo attribuiti al kivano effetti curativi ematici, analgesici, antivirali, anti ulcera. La mia impressione è che la specie non può competere per gusto con la nostra frutta stagionale ma può andare bene per preparare cocktail, dessert alla frutta e salse; viceversa in giardino su di un pergolato estivo la pianta ha un suo perché per forma e colore dei frutti. Si semina sul posto in primavera preferendo posizioni soleggiate.
Se volete sapere il mio parere sul sapore del Kivano,  era meglio che compravo, alla Fiera del paese,  castagne e  fichi d’india.

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