Mia suocera era solita raccontare che una volta, quando mio marito era piccolo e abitavano in Toscana, nella sala d’aspetto del loro medico di famiglia erano in attesa della visita in compagnia di una famiglia contadina che abitava su in montagna. Avevano portato dal dottore un bambino di uno, due anni le cui dimensioni rispetto all’età, erano decisamene fuori misura. Un bambinone con polsi e caviglie da adulto. Al medico che lo visitava e chiedeva stranito: “ma cosa date da mangiare a questo bambino?”; “o niente di particolare, signor dottore, mangia solo castagnaccio!” Il racconto di mia suocera mi torna in mente pensando alla Phytolacca dioica, un grande albero presente negli spazi a verde delle città meridionali le cui dimensioni, da vero gigante vegetale che può raggiungere i venti metri d’altezza nell’arco di non più di quindici anni, non sono indizio di vetustà.
Botanicamente la specie è, infatti, considerata alla stregua di un’erba gigante perché il suo legno non sviluppa cerchi cambiali e dunque la pianta ha un’età indefinibile.
Questo grande albero è originario della pampas Argentina dov’è noto con il nome di “Ombu”; la specie si è tuttavia bene acclimatata in ambiente mediterraneo, in aree dove le temperature non scendono mai al di sotto dello zero. Resistente alla salsedine si nota spesso nei viali a ridosso del mare. Si presenta come un grande albero semideciduo dalla chioma espansa che può estendersi per oltre dieci metri di larghezza.
Le foglie sono di un verde intenso, lanceolate e fanno una fresca e fitta ombra, di grande sollievo nelle calde giornate meridionali. L’aspetto più caratteristico che fa riconoscere facilmente la specie è la parte basale del tronco, di norma ingrossata e con le radici che corrono in superficie attorcigliandosi, sovrapponendosi ed emettendo polloni.
La specie, come dice il termine specifico, è dioica cioè con fiori maschili e femminili portati su piante diverse; i fiori sono piccoli e giallastri e riuniti in grappoli pendenti.
I frutti (l’albero che li porta è sicuramente una femmina) sono bacche, brune a maturità, che danno il nome al genere; con esse infatti si produceva una lacca colorante bruno giallastra. Il tessuto spugnoso del fusto, inoltre, è resistente al fuoco; l’albero perciò non brucia. E' specie molto rustica che si accontenta di terreni poveri. Non piantate per nessun motivo quest'albero esuberante a meno di cinque metri da un muro perimetrale o in una piccola aiuola tutto attorno pavimentata perché, per dispetto, il bambinone vi disasserà il muro e vi farà saltare tutte le mattonelle del pavimento. E non dite, poi, che non vi avevo avvertiti.
P.S. Danilo Trontelj Bitetti riferisce che la specie fu portata in Europa dall'Argentina alla fine dell'ottocento dal Principe Odescalchi che era un appassionato di piante. Piantò i primi esemplari nella sua tenuta di Palo Laziale e sono ancora li a fare bella mostra di se..