sabato 27 maggio 2017

La villa comunale di Taormina, ovvero..

Il giardino delle Victorian Follies di Lady Florence Trevelyan
Tra i tanti soldi che sono stati spesi per cercare di ridare un certo decoro a Taormina, in questi giorni vetrina internazionale per i lavori del G7, considero sacrosanti ancorché tardivi quelli spesi per effettuare lavori di ripristino, manutenzione straordinaria ed anche ordinaria della Villa comunale, il giardino pubblico di Taormina denominato ufficialmente Parco G. Colonna Duca di Cesarò ma in realtà da tutti conosciuto come il giardino di Florence Trevelyan, nobile inglese, che scelse, come tanti altri stranieri alla fine dell’Ottocento, di stabilirsi a Taormina ammaliata dal clima, dalla vegetazione mediterranea e dal paesaggio circostante che dall’alto del Monte Tauro incornicia in un unico sguardo l’Etna e la baia di Giardini Naxos.
Il giardino che la proprietaria usava chiamare con il nome di " Hallington  Siculo", esteso due ettari e mezzo, ha una forma irregolare ed è localizzato in una importate area centrale della città antica chiamata Piano Bagnoli- Croci, in continuità con il teatro greco romano.
E’ un parco a diversi livelli, affacciato sul mare con piazzette e terrazze raccordate da rampe inclinate e scalinate ornate da enormi giare di terracotta che ha il fascino romantico dei giardini siciliani di acclimatazione, dove in aiuole a varia configurazione, circondate da sentieri acciottolati, crescono specie provenienti da luoghi lontani come palme, araucarie, melaleuca, parkinsonia, wigandia, brugmansia, calliandra  e dracene che si mescolano in modo armonioso alla vegetazione mediterranea fatta di pini, carrubi, olivi, cipressi e allori.
 
 
Il giardino è stato realizzato tra il 1890 ed il 1899 dalla nobildonna inglese Lady Florence Trevelyan, imparentata con la regina Vittoria, che nel 1889, all’età di 37 anni, giunse a Taormina dopo essere stata allontanata dalla corte inglese per motivi sentimentali ed avere viaggiato per due anni in Europa ed in Asia senza fare ritorno in patria.
A Taormina Lady Trevelyan prende alloggio con i suoi cani ed una dama di compagnia all’Hotel Timeo, unico albergo allora presente in paese, diventando punto di riferimento per la comunità degli stranieri residenti a quel tempo a Taormina come il pittore Ottone Gelleng, il fotografo Gugliemo Von Gloden ed il barone Carlo Stempel. La conoscenza fortuita con il medico Professore Salvatore Cacciola,  che sarà tra l'altro anche sindaco di Taormina, chiamato a salvare uno dei suoi cani ammalati, farà scoccare la scintilla che la porterà al matrimonio l’anno dopo. Il suo principesco palazzo  accanto al Teatro greco diventa punto di riferimento per intellettuali e nobili di passaggio a Taormina: saranno suoi ospiti: re Edoardo VII (per il quale, si disse, fosse stata allontanata dalla corte), Guglielmo II, lo zar Nicola II ed il principe Vittorio Emanuele III e tra gli intellettuali Oscar Wilde e Gabriele D’Annunzio. L’interesse per la natura la porterà ad acquistare vicino al palazzo numerosi lotti di terreno agricolo dove realizzare un giardino di ispirazione siculo inglese che verrà chiamato “Hallington Siculo”  dando lavoro a maestranze locali. 
Furono piantati alberi e cespugli secondo il gusto vittoriano dell’epoca della varietà e della rarità introducendo molte specie australiane come Araucaria excelsa bidwillii, Melaleuca armillaris e tante altre specie esotiche sino ad allora sconosciute a Taormina.

Dopo la morte  dell’unico figlio al momento del parto si dedicherà per intero all’allestimento del giardino e all’ornitologia acquistando giù a mare l’isola Bella dove coltivare piante e specie da fiore ed allevare pappagalli, tortore, piccioni da introdurre successivamente nel giardino di casa.
Ed è  proprio per osservare meglio gli uccelli che comincerà a costruire all’interno del giardino punti di osservazione realizzando eccentriche costruzioni denominate Victorian Follies o anche The beehieves (alveari) sui resti di antiche case coloniche preesistenti. 
Si tratta di costruzioni di stile eclettico ed ispirazione orientale, organizzate con un sistema di terrazze aperte e sovrapposte e decorate con archi e torrette, pavimentazione e parapetti traforati dove Lady Trevelyan amava dipingere e prendere il tè con gli ospiti. La loro costruzione fu eseguita utilizzando materiale edile riciclato, trovato sul posto, ed essendo quest’area parte integrante del nucleo più antico della città sono molti gli esempi di reperti archeologici inglobati nelle costruzioni.
In ossequio alla moda imperante dell'epoca per  il mistero e l’esoterismo, nel giardino sono presenti anche i “cromlech” manufatti in pietra formanti un cerchio mistico e i dolmen di pietra calcarea usati come monumento funebre per i suoi cani.

Sito immagine
Lady Trevelyan morirà nel 1907 all’età di 55 anni per una polmonite contratta dopo un bagno in acqua fredda; dopo la morte del marito, risposatosi a breve con la sua cameriera, nel 1923 il giardino viene acquisito al Demanio Comunale a seguito dell'avvenuto lascito degli eredi, con l’obbligo, però,  di preservarne nel tempo l’ eccentricità impressa al giardino dalla sua ideatrice.
E' proprio  al rispetto di questa clausola che il Comune di Taormina dovrebbe porre particolare attenzione senza dovere aspettare, come è successo,  l'arrivo dei finanziamenti del G7 per porre rimedio, ad esempio,  al grave smottamento di alcune terrazze della villa, ripristinando dopo tempo per intero la passeggiata della terrazza affacciata sul mare.

Nulla invece si è ancora fatto per il consolidamento strutturale delle Victorian Follies che dell’eccentricità della fondatrice sono l’ espressione più evidente tanto che il cedimento di alcune parti ne ha da tempo precluso l’accesso al pubblico.


Quale altro evento mediatico planetario si dovrà ora attendere per rispettare la memoria di Lady Florence Trevelyan che,  per sua volontà,  riposa sul monte Venere guardando  dall’alto Taormina ed il mare.

Leggi anche qui: Giardini di Sicilia: Messina

sabato 13 maggio 2017

Wigandia caracasana: grandi foglie e fiori blu

Ci sono piante la cui presenza è legata, per me, al ricordo di un luogo, un giardino, una villa pubblica dove per la prima volta ho avuto modo di  incontrarle, dapprima come specie sconosciute poi, una volta identificate, come piante amiche  che periodicamente ho piacere di andare a rivedere. Se sono a Palermo, ad esempio, passo a salutare la Sophora secundiflora che per la prima volta ho visto a Piazza Marina; a Paternò, in giugno, mi ripasso la grande Tipuana della villa comunale; a Marina di Ragusa, quando posso, mi accerto dello stato di salute di un esemplare più unico che raro in Sicilia, di Delonix regia coltivata nel giardino di una villetta a mare e se vado a Castelbuono tengo memoria di un grande ficus in vaso che fotografo ogni volta che passo di la. 
Se, perciò, mi capita di andare a Taormina in questa stagione, è per me tappa obbligata passare dalla Villa comunale che è il primo posto dove ho avuto modo di conoscere ed apprezzare le grandi foglie ed i fiori blu di Wigandia caracasana, un arbusto poco usuale che è riuscito a colonizzare in questo luogo magico, affacciato sul mare, diversi angoli del giardino.

Wigandia caracasana è un arbusto ornamentale sempreverde che proviene dall’America tropicale, particolarmente nell'area tra il  Messico e il Venezuela, dove viene chiamato con lo strano nome di "Tabaquero de Caracas" probabilmente per le grandi foglie ruvide, un poco appiccicose, che ricordano quelle del tabacco.
Il suo punto di forza da un punto di vista estetico, oltre le grandi foglie,  sono i fiori di un blu violetto tipico di altre Boraginaceae come myosotis, borago ma anche echium.
Scoperta e descritta da Kunth  nel 1819 il genere Wigandia è stato dedicato al riformatore e vescovo tedesco J. Wigand (1523-1587) mentre l’attribuzione specifica fa riferimento alla sua origine venezuelana. La specie è indicata anche con il sinonimo di Wigandia urens che significa bruciante a causa dei numerosi peli urticanti presenti sulle foglie. La pianta ha portamento eretto con ramificazioni che partono dalla base del tronco e tendono a ricadere; ha grandi foglie coriacee che presentano due tonalità di verde: più intenso sulla pagina superiore, sbiadito sul rovescio, con nervature chiare.
Le foglie sono alterne ed hanno forma ovale, leggermente cuoriformi alla base, margine ondulato ed un lungo picciolo; sono ruvide al tatto e ricoperte da peli appiccicosi che, se strofinati, pizzicano tanto da far pensare  che potrebbero causare problemi dermatologici a qualcuno che ne fosse intollerante.
In primavera e fino all’autunno compaiono, esclusivamente sui rami dell’anno, i fiori che sono portati in dense pannocchie terminali; ogni fiore ha corolla campanulata con tubo bianco e lembo a cinque lobi di varie sfumature di viola-blu. I frutti sono capsule deiscenti contenenti numerosi semi di colore bruno giallo di facile germinazione non solo in natura ma anche nei giardini; a Taormina nuove piantine sono cresciute tutte attorno alla pianta madre tra le pietre dei muretti di contenimento delle terrazze che si sporgono sul mare ed altre ancora crescono spontanee nel dirupo sottostante.
Nel complesso la pianta ha un portamento leggero ed aggraziato e per meglio metterne in mostra l'eleganza è bene posizionarla in giardino davanti un fondo scuro, come a Taormina dove i cipressi formano un fondale perfetto per la wigandia. La specie è molto rustica dove le temperature minime non costituiscono un problema; preferisce una posizione di mezz’ombra ma non disdegna il sole. 
 
Wigandia caracasana è specie in disuso nei giardini siciliani ed è perciò difficile da reperire nei vivai ma si potrebbe anche girarla  dicendo che è  difficile trovarla perché nessuno la produce più. Tra i benemeriti che l’hanno in catalogo Fabio Maio a Barcellona Pozzo di Gotto (Me).
 
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