martedì 27 gennaio 2015

Noce pecan, un albero campagnolo

Non sono un albero per aree condominiali o asfittici giardini urbani, amo i grandi spazi e non si può certo pensare che io possa tollerare di dovere rattrappire rami e radici in quegli stretti cubicoli quadri che voi cittadini riservate agli alberi da marciapiede. Sono un albero campagnolo ed adoro allargare senza intralci rami e radici ai margini dei coltivi;  sono rustico e frugale e se avrete pazienza  di aspettare vi saprò ricompensare producendo per voi quintali di super energetiche noci americane.
Noce pecan è un grande albero denominato botanicamente  Carya illinoinensis , sinonimo di C. oliviformis, della famiglia delle Juglandaceae; è  un noce americano originario della valle del Mississippi dove allo stato spontaneo può raggiungere 30-35 metri d’altezza.

Nonostante il genere Carya non sia presente allo stato spontaneo in Europa il noce pecan è un albero adattabile che si trova bene anche nel clima mediterraneo  soprattutto in ambienti caratterizzati da forti escursioni termiche stagionali; predilige infatti inverni freddi con temperature minime di qualche grado sotto lo zero che mandano la pianta in totale riposo rigenerativo ed ama  il caldo estivo a condizione di potere usufruire  di una buona disponibilità idrica. In Italia sono segnalati esemplari di noce pecan imponenti in diverse regioni d’Italia come l’esemplare di Tuoro-Vigna Brigida a Caserta la cui dimensione del tronco raggiunge i quattro metri di circonferenza.
Parente stretto del noce da cui il genere prende il nome (dal greco Karya= noce) è un albero che nel nostro ambiente ha fusto eretto alto 15-25 metri con ramificazione regolarmente disposte ed aperte. Foglie alterne imparipennate lunghe circa 30 cm composte da 10-15 foglioline grandette, lanceolate, seghettate con nervature appariscenti, di colore verde con tonalità diverse che cambiano a seconda delle varietà.  Come il noce comune anche Carya illinoinensis produce fiori maschili ad amento e fiori femminili a racemo portati sulla stessa pianta; siccome si verifica uno sfasamento tra il momento della maturità del polline e la fase recettiva dell’ovario è bene disporre di individui di diverse varietà per assicurare una adeguata allegazione.
Il frutto è una piccola noce di forma allungata di colore marrone   e a guscio liscio e sottile, avvolta da un mallo di colore verde; contiene un seme fortemente oleoso dal gusto più delicato ed aromatico della comune noce e, come per tutta la frutta secca, particolarmente  calorico.
La propagazione della specie avviene facilmente da seme che deve essere direttamente interrato sul posto o in una fitocella per evitare di dovere procedere al trapianto; occorre infine  molto pazientare perché dovranno passare dagli 8 ai 10 anni affinché la pianta cominci a fruttificare.

 Come vendita anche per corrispondenza potete trovarlo in questo vivaio

lunedì 12 gennaio 2015

I frutti pendenti dell'albero del kapok

Il panorama vegetale invernale, soprattutto i grandi alberi che fanno belle le città del sud, non offrono particolari spunti di interesse in questo periodo dell’anno. Niente fioriture, fogliame spento, colori smorti. Siamo d’inverno, d’altronde, e la natura deve fare il suo corso ma è indubbio che le passeggiate perdono un poco d’interesse per chi si è ritrovato, come me, a girovagare durante le vacanze di Natale per ville e parchi in cerca di curiosità botaniche.

Una sola specie si è fatta notare in questa sonnacchiosa monotonia vegetale: Ceiba insignis o come la chiamano ancora i nostalgici, Chorisia insignis insieme alla sua consorella C. speciosa; in entrambi i casi si tratta di grandi alberi dal tronco a bottiglia irto di aculei, in questa stagione dell’anno completamente privi di foglie, dai quali, in un intreccio contorto di rami, pendono in modo molto caratteristico decine di tozzi frutti, verdi e coriacei, simili a grossi salami, appesi a stagionare. 

I frutti di questi alberi di origine sud americana, molto diffusi nelle città meridionali per la bellissima fioritura tardo estiva, sono capsule pendenti lunghe e rotondeggianti, di consistenza legnosa e di forma ellittico ovoide, contenenti come tutte le specie del Genere Ceiba, una fibra vegetale, una lanugine setosa, detta kapok che ha i semi immersi al suo interno. Quando in primavera arriva il caldo i frutti deiscenti si aprono liberando la lanugine che trasportata dal vento dissemina i semi a distanza.
La particolarità del kapok è quella di essere una fibra vegetale leggera, elastica, lucida, formata da corti peli che la rendono inadatta ad essere filata ma eccellente come imbottitura di materassi e che  presenta, tra l'altro, la caratteristica del tutto particolare di essere impermeabile e molto resistente al calore. 

In un Bollettino del 1905  del Reale Orto Botanico e Giardino Coloniale di Palermo così si legge: ” .. il kapok non aumenta sensibilmente di peso se lo s’immerge per parecchi mesi nell’acqua ed è capace di fare galleggiare un peso da 30 a 35 volte più del suo. Esperienze hanno dimostrato che 200, 300 grammi di kapok bastano per sostenere alla superficie dell’acqua un uomo di corporatura media….”. Un antesignano del moderno salvagente.
Per queste sue qualità all’inizio del 900 si fecero prove di coltivazione di diverse specie del genere Ceiba presso l’Orto Botanico di Palermo, con lo scopo di provarne la fattibilità di coltivazione e favorirne la diffusione nelle colonie d’oltremare.
La specie che in natura produce kapok di migliore qualità è Ceiba pentandra diffusa in Africa, Oriente, America, in zone a clima tropicale. La sua coltivazione in ambiente Mediterraneo risultò tuttavia impossibile in quanto la specie non sopravviveva agli inverni pur miti della Sicilia. Si ripiegò allora sull’introduzione di altre specie come Ceiba insignis e Ceiba speciosa che forniscono un kapok commercialmente più scadente ma che si adattavano maggiormente al clima mediterraneo. Ben presto si tralasciarono le possibilità di sfruttamento economico delle due specie a tutto vantaggio dell’aspetto ornamentale. 
Ceiba insignis

Ceiba speciosa
Le ceiba in fuga dall’Orto Botanico di Palermo trovarono accoglienza nei giardini di acclimatazione delle ville della nobiltà palermitana partendo poi alla conquista dei giardini a mare di tutte le coste mediterranee dove ancora oggi costituiscono, anche d'inverno, un interessante punto di attrazione. 

lunedì 5 gennaio 2015

Kumquat, un agrume "tutto in bocca"

Nel vasto gruppo degli agrumi il kumquat occupa un posto di grande interesse perché specie versatile, ornamentale, resistente che può essere coltivata in piena terra ma si adatta assai bene alla coltivazione in vaso e che produce in quantità piccoli frutti non solo decorativi ma anche commestibili.

Il nome del genere cui appartengo ti dice che sono fautore di una buona sorte  
Come molti altri agrumi il kumquat è specie originaria della Cina meridionale da cui si è poi diffusa in Giappone (dov’è chiamata Nagami) e in tutto il Medio Oriente dov'è nota con il nome tradizionale cinese di kin kan (Chin Kan). Se inizialmente il kumquat era inserito nel vasto Genere dei Citrus con il nome di Citrus japonica successivamente, nel 1915, è stato classificato da Swingle come Fortunella margarita specie appartenente, insieme ad altre quattro, al piccolo genere Fortunella così denominato in onore del botanico scozzese Robert Fortune che introdusse la pianta in Inghilterra nel 1846. Sarà per il nome o per i frutti commestibili molto decorativi ma in America il kumquat è considerato un frutto portafortuna con il quale decorare le case e la tavola del Natale.
Sito immagine
 
Non stare a perder tempo, non togliermi la buccia, saprò stupirti con il mio gusto dolce-amaro 
Il kumquat è un piccolo albero che coltivato in piena terra non supera i tre metri d’altezza; ha foglie inspessite con la punta smussata e la base arrotondata; i fiori sono singoli o portati in piccole infiorescenze all’estremità dei rami, di un colore bianco perlaceo (da cui l’attribuzione specifica), profumati, cerosi.
Sito immagine
Il frutto di forma ovale, lungo 2,3 cm e largo la metà,  ha la buccia di un colore arancione brillante ed una buccia abbastanza spessa, aromatica contenente quattro, cinque segmenti e semi ovali e lisci. Il succo è acido ma di buon sapore. La particolarità della specie è che il frutto si mangia con tutta la buccia in un connubio amaro (succo) dolce (buccia) molto aromatico e gradevole. I frutti oltre ad essere consumati tal quale sono facilmente conservati interi in sciroppo di zucchero o utilizzati per realizzare marmellate o canditi. 
  
A differenza dei miei parenti più stretti a me il freddo non fa paura 
Tra le caratteristiche più peculiari della specie vi è, caso non usuale tra gli agrumi, la buona resistenza al freddo anche se questo piccolo albero soffre molto il vento da cui deve essere protetto, trovandogli un posto riparato in giardino. La resistenza alle basse temperature è un fenomeno correlato alla lunga dormienza invernale, una periodo di letargo durante il quale la pianta vive in stasi vegetativa, attività che viene poi ripresa in primavera-estate, periodo in cui si svolge anche la fioritura. Il kumquat si riproduce raramente da seme mentre è usuale l’utilizzo dell’innesto su Poncirus trifoliata. Per il suo sviluppo contenuto Fortunella margarita è tra gli agrumi che si prestano meglio alla coltivazione in vaso per un utilizzo di tipo ornamentale con frutti che persistono a lungo sulla pianta.
  
Affrettati e prenota l’aereo perché a Dade City a fine mese mi fanno la festa!
Il Kumquat è giunto in America nel 1855 ed in breve la Florida ne  è divenuta  l’area di maggiore produzione mondiale. Proprio nella cittadina di Dade city l’ultimo sabato del mese di gennaio si tiene l’ annuale Kumquat Festival durante il quale si possono gustare tutti i possibili preparati (biscotti, frullati, gelati, marmellate e salse) realizzati all’insegna del kumquat. Concorsi culinari, elezioni di Miss, premi per la migliore decorazione fanno da preludio, per tutto il mese di gennaio, alla giornata conclusiva del Festival.
  
Prima del suo viaggio in Italia ero il cibo preferito da Eta Beta
 
Il personaggio di Disney Eta Beta il cui nome originale è Eega Beeva nasce nel 1947 creato dalla penna di Bill Walsh e Floyd Gottfredson; è un extraterrestre arrivato sulla terra che detesta il denaro e fa da spalla a Topolino nella soluzione di diversi casi. Nelle sue prime avventure in America mangiava kumquat sott’aceto; in Italia dove il personaggio ebbe molto più successo che in patria il suo cibo preferito divenne la naftalina.


venerdì 2 gennaio 2015

Quiz botanico gennaio 015

Cinque indizi per una specie

 
Risolvi gli indizi e trova il nome botanico della specie in questione
 


 
1
Il nome del genere cui appartengo  dice che sono  fautore di una buona sorte

2
Non stare a perder tempo, non togliermi la buccia, saprò stupirti con il mio gusto dolce-amaro

 3
A differenza dei miei parenti più stretti, a me il freddo non fa paura

4
Affrettati e prenota il viaggio: a fine mese a Dade City  mi faranno la festa!
5
 Prima di venire in Italia ero il cibo preferito di  Eta Beta


Soluzione
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...