Vogliate scusare se vi sembro scurrile ma la mia non è una botta di volgarità e neanche una nuova formula per descrivere un avvenuto colpo di fortuna. E’ invece il modo pragmatico con cui ho sentito definire da un uomo di campagna le piante di cappero ma anche di fico d’india che hanno la ventura di crescere nei posti più esposti ed arroccati: sui muri delle chiese del barocco catanese, sui tetti dei caselli ferroviari abbandonati, tra le crepe di un muretto a secco.
Piante bellissime, rigogliose ed in salute mentre invece quando a casa si prova ad ottenere nuove piante di cappero partendo dai semi, pur disponendo di tutte le comodità del caso: buon terriccio di coltivazione, acqua e adeguata esposizione, la possibilità di avere nuove piantine rimane spesso una chimera. Ma come è possibile dunque che i semi di cappero spontaneo germinino con tanta facilità anche in luoghi così inospitali mentre a casa in vaso e con tutte le comodità manco a parlarne? Ecco che entra in gioco la capacità di osservazione contadina: il ' culo' di riferimento è quello degli uccelli che si alimentano dei cucunci, i frutti carnosi del cappero ma questo avviene anche con le bacche del fico d’india; mangiandone la polpa ne ingeriscono anche i semi che passano però inalterati attraverso lo stomaco ed insieme alle feci vengono depositati nei luoghi di posa.
l segreto per una buona germinazione è dunque legato alla necessità che ha il seme di essere scarificato, ammorbidito in ambiente acido come avviene nello stomaco degli uccelli vettori. Essendo difficile trovare un merlo disposto a fare in un vaso il lavoro per noi, ho interpellato Francesco Bufalino che ha sperimentato una buona tecnica per ottenere percentuali elevate di germinazione da semine di cappero. Dice Francesco: “I semi li raccolgo quando i cucunci cambiano colore, cioè tendono al giallo e cominciano ad essere evidenti le striature longitudinali.
A questo punto schiaccio i frutti che devono avere un elevata percentuale di semi di colore marrone o neri; i frutti così schiacciati vengono messi a mollo nell’acqua a marcire poi, a fine settembre, i semi vengono tirati fuori dall’acqua, lavati e seminati; le piantine nasceranno durante l'inverno e a giugno possono anche arrivare a fiorire".
E' proprio vero che a dispetto delle parole la saggezza popolare ha spesso solide basi scientifiche.
Visita alla collezione botanica di Francesco Bufalino da Siracusa
Non sono tanti in Sicilia colori i quali possono vantare di possedere una importante collezione di plumerie; specie botanica, questa, bella, anzi bellissima, per i petali vellutati, il colore e profumo dei suoi fiori ma capricciosa ed incostante nella fioritura, nonostante trovi lungo le coste dell’isola buone condizioni di adattabilità climatica.
Se molti di noi possiedono vasi della “Palermitana”, la tradizionale varietà di Plumeria rubra che dagli inizi dell’Ottocento è coltivata nei terrazzi o nei balconi dell’isola, chi si è fatto ammaliare dall’esotico fascino delle innumerevoli varietà policrome thailandesi ed americane, acquistate nei vivai specializzati che da qualche anno operano in Sicilia, ha spesso dovuto subire cocenti delusioni.
Ogni singola pianta di plumeria è, infatti, un mondo a se che manifesta comportamenti peculiari: c’è l’esemplare che ogni anno regala grandi e numerosi scapi fiorali meritando la lode per abbondanza e persistenza dei fiori, ma allo stesso modo ci sono piante che, pur vigorose, di bella vegetazione ed in salute fioriscono saltuariamente ed in modo imprevedibile e che, nei casi estremi, purtroppo non infrequenti, non arrivano a fiorire mai.
Quando perciò, attraverso i social o nel corso di quelle piacevoli conversazioni tra appassionati che si tengono al margine di mostre di collezionismo o visitando vivai specializzati, si sente parlare di qualcuno veramente esperiente nella coltivazione delle plumerie e che in anni di collezionismo è riuscito ad affinare una tecnica colturale personale molto efficace, non rimane che andare, da subito, a trovarlo.
Questa estate, perciò, in una calda giornata d’agosto, mi sono recata a Siracusa per incontrare Francesco Bufalino ritenuto da molti, in questo tratto meridionale di costa isolana, collezionista competente non solo nel campo delle plumerie ma di tutto ciò che abbia il connotato di particolarità botanica. Promotore di nuove coltivazioni come la Moringa oleifera, suggerita anni fa ai vivai Cuba che ora di questa specie ne hanno fatto il loro fiore all’occhiello; riproduttore di chorisie (oggi ceibe) distribuite in tutte le villette del vicinato; propagatore infallibile di plumerie (seicento talee della varietà 'Pozzallo pink' radicate anni fa per conto di un vivaio della zona).
Francesco, da anni in pensione nonostante l’età giovanile, vive immerso, compenetrato, nel suo giardino che per circa 2000 mq di terreno circonda ed assedia la casa. Di un vero assedio vegetale si tratta, infatti, per la moltitudine di esemplari in terra e di vasi che ordinatamente ed in più file, con piante disposte con altezze a digradare, disegnano percorsi che sembrano moltiplicare gli spazi e le visuali.
Quanti siano i vasi neanche lui lo sa, ma ce ne sono tantissimi e di tutte le misure che ospitano plumerie in varie fasi di crescita e tante altre preziosità vegetali.
Si viene accolti dal giallo della Plumeria rubra 'Aztec gold' per passare al rosso rosato della 'Pozzallo pink 'riprodotta in tanti, tantissimi esemplari; si rimane stupiti dall’abbondanza dei fiori di molti vasi innominati e che a Francesco non importa nominare sia perché molte piante sono nate da seme sia perché per lui non è il nome che può dare importanza ad un esemplare ma lo è il ricordo di un amico che l’ ha portato o il lavoro e lo studio che su di esso è stato svolto; tra il verde tuttavia è facile scoprire, anche a me che sono profana, il fogliame ed il portamento inconfondibile di piante di Plumeria obtusa e Plumeria pudica che pur considerate specie delicate, fanno capolino all’aperto tra il verde ed il rosa degli ibischi selvatici.
Dopo due lunghe ore passate ad annusare, fotografare e scoprire tante specie mai neanche sentite nominare è il momento di chiedere a Francesco come è iniziata la sua storia di collezionista di piante.
"Mio padre era un coltivatore diretto ed io sino ad 8 anni ho abitato in campagna, poi mi hanno sradicato e portato in città ma da allora ho sempre avuto una particolare attenzione ed affetto per il mondo vegetale anche se ho fatto studi da perito chimico ed ho lavorato al petrolchimico. Come collezionista ho iniziato interessandomi di piante grasse e di aloe delle quali sono arrivato a possederne 60 entità diverse scegliendo le specie dopo attente ricerche, dopo averne studiato esigenze e caratteristiche e dopo lunghe ma appassionanti ricerche che mi hanno messo in contatto con istituzioni scientifiche o altri collezionisti per ottenere i desiderati semi. Poi con l’avvento di internet tutto è diventato troppo facile e questo mi ha fatto perdere interesse. A me piace studiare, approfondire, mettere a punto e così ho cominciato a coltivare plumerie partendo da alcune delle prime talee di Plumeria rubra 'Aztec gold' arrivate in Sicilia circa vent’anni fa".
Che tecnica di coltivazione utilizzi per ottenere piante così belle ed in salute?
Dopo molte sperimentazioni sono giunto alla conclusione che la radicazione delle talee avviene con altissime percentuali di riuscita utilizzando il substrato più semplice, l’agriperlite senza nessuna aggiunta.
"Ho provato la coltivazione anche su un substrato pesante e le talee vanno avanti ma poi si fermano per eccesso di sali minerali che si accumulano nel terreno a causa dell’acqua di irrigazione molto calcarea che sono costretto ad utilizzare. Proprio per evitare l’eccesso di sali limito al minimo anche le concimazioni (uso talvolta i fosfati per acidificare e ridurre l’effetto del calcio ma la differenza con le piante non trattate non è poi così evidente) e lascio le piante a svernare all’aperto per fare dilavare dalla pioggia l’eccessiva carica di sali. Non ho un periodo particolare di propagazione perché le talee da me radicano tutto l’anno".
"Faccio molte semine utilizzando una serretta che ho in giardino (attualmente ho circa sessanta piantine da seme di Plumeria obtusa) e poi utilizzo molto la tecnica dell’innesto: se ho piante grandi, ramificate che dopo anni ancora non hanno fatto un fiore su ogni ramo innesto varietà diverse in modo da accorciare i tempi di fioritura ed avere la certezza del tipo varietale.
Per le marze ed i portainnesti più grossi ho anche sperimentato l’utilizzo di una grossa vite che blocca le marze al portainnesto".
"Mi diverto a fare tante prove: sono arrivato a fare sedici diversi innesti su una stessa pianta oppure ho innestato una plumeria a foglia variegata su un portainnesto a più rami ed ho notato, ed esempio, che la variegatura della foglia è diventata più bianca probabilmente perché essendo ben nutrita dal portainnesto la foglia ha meno bisogno della clorofilla: ecco, la passione che ho per le piante mi porta a sperimentare, a studiarci sopra".
Come combatti il famigerato ragnetto rosso? "Io non uso più insetticidi di sintesi ma uso nel giardino essenzialmente 'olio di neem' che è estratto dalla pianta Azadirachta indica ed è quindi un principio naturale; lo distribuisco con una pompa in tutto il giardino e pur non essendo ad effetto rapidissimo le foglie nuove sono in genere pulite. Purtroppo l'olio autorizzato in agricoltura biologica è molto costoso perchè le multinazionali hanno interesse a tenere alto il prezzo ma in rete è in vendita l'olio puro solubile in acqua e costa meno di un quarto del costo attuale sul mercato. Faccio molto compostaggio e non buttando insetticidi il giardino è pieno di insetti di terra che vengono mangiati da merli che scavano attorno ai vasi ed il giardino diventa salubre anche per loro".
Oltre alle plumerie hai qualche altra specie a cui sei affezionato?
"In giardino ho un albero di Brachychiton rupestris che ha più di vent’anni ed ha raggiunto nel punto più panciuto una circonferenza di 3,30 m. L’ho ottenuto da semi provenienti dagli Stati Uniti e da pochi anni è arrivato a fiorire. Deve essere una variante del tipo perché sia le foglie che i fiori, piccolissimi, sono diversi dalla specie di riferimento".
Camminando ci imbattiamo in un alberetto dal bel fogliame lucido " E' Hymenospermum flavum, dice Francesco, un piccolo albero che gli australiani chiamano frangipane ed i cui fiori portati a grappoli gialli, come quelli della plumeria, fanno un profumo, in primavera, che si sente fino a fuori dal giardino".
Non posso, poi, non parlare della Moringa oleifera che son stato tra i primi a coltivare in Sicilia, oltre dodici anni fa, partendo da semi ottenuti tramite la FAO. La prima pianta, messa in piena terra è oggi un grande albero svettante sul giardino che fiorisce e fruttifica con regolarità. Ma le varietà commestibili selezionate dalle organizzazione umanitarie sono molteplici perché di questa pianta si utilizza tutto; i thailandesi ad esempio cuociono i germogli teneri come fossero asparagi ed i frutti raschiati sono utilizzati per fare il minestrone.; molto richiesta è poi la polvere di moringa la cui produzione è promossa in Africa da specifici interventi di aiuto alle popolazioni locali. Oltre che la specie Moringa oleifera sto provando in coltivazione i semi sia di Moringa peregrina o Moringa del Sinai, una pianta nominata anche nella Bibbia, che di Moringa stenopetala e Moringa ovatifolia, tutte specie difficili da noi perché soffrono il freddo".Francesco, camminando mi racconta il suo interesse per le piante medicinali e me ne indica una a cui è particolarmente legato; si tratta di Artemisia annua "una pianta che ho cominciato a studiare 15 anni fa attraverso un sito di Medici senza Frontiere; la malaria in Africa è ancora un flagello ma una bustina di semi di artemisia somministrata ai malati ha l’effetto quasi miracoloso di fare abbassare la febbre. Per la messa a punto di un sistema di estrazione del principio attivo a basse temperature la farmacista cinese Tu YouYou è stata vincitrice del premio Nobel per la medicina nel 2015. La specie nel mio giardino viene benissimo ed il fogliame leggero se strofinato emana un ottimo aroma".
Il giro potrebbe non finire mai perché ogni pianta ha un che di originale ed una storia da raccontare; man mano che ci avviciniamo al cancello di ingresso per salutarci mi rendo conto come curiosità, voglia di sperimentare, divertimento nella ricerca fanno di Francesco un vero esploratore anche se lui non è mai partito per visitare i luoghi lontani da cui provengono i semi di molti dei suoi esemplari. Peccato che in famiglia nessuno abbia la sua stessa passione per le piante, si spera nella generazione più giovane, in Francesca, sua nipote, alla quale il nonno ha dedicato ribattezzandola la plumeria dai fiori color fucsia che tutti chiamano 'Pozzallo pink'. Di questo giardino, siatene sicuri, si tornerà a parlare.
Per visitare il giardino potete mettervi in contatto con Francesco Bufalino sul suo profilo FB cliccando qui