giovedì 13 ottobre 2022

Basilio Busà e gli Shiitake dell’Etna

 
Basilio non è più un ragazzino ma degli adolescenti ha saputo mantenere quell'entusiasmo senza remore, quella voglia di scoprire, provare, sperimentare, quegli eclettici interessi che lo fanno essere contemporaneamente un bravo odontoiatra, un altrettanto bravo allevatore di capre girgentane, appassionato alle tecniche di caseificazione, ma anche uno sperimentatore in campo micologico e più recentemente un sensibile apicoltore.

Il filo conduttore della sua passione è sempre lo stesso sia che si tratti di capre, api o funghi: una passione per la biologia che lo porta a studiare per capire e poi interagire con il processo oggetto di attenzione, mantenendo tuttavia un atteggiamento curioso, da studioso piuttosto che da persona interessata a ricavarne reddito, puntando ad ottenere una produzione che per volumi si potrebbe definire di nicchia. Basilio, ad esempio, ha abbandonando l’allevamento delle sue 100 capre perché gli faceva troppo male perdere anche pochi capi, per malattia o morte, essendo animali con cui condivideva ogni attimo delle proprie giornate e nonostante ne abbia dismesso l’allevamento da anni, continua a frequentare corsi di caseificazione sulle Alpi perché, come dice lui “ ...E' una cosa che mi piace da morire”.

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E oggi ci sono anche le api, che sono la sua ultima passione, cui si accosta da amico, con un approccio gentile, raccogliendone il miele per non più del 20% di quanto prodotto da un alveare, per lasciare il resto alle api che, del miele, sono le legittime proprietarie e dovrebbero esserne, quindi, anche le principali consumatrici.

Basilio Busà, è tuttavia conosciuto in Italia ed all’estero per una sua particolare attività: i funghi coltivati, ma non i soliti pleutorus o prataioli che hanno oramai tecniche di produzione simil-industriale, ma i funghi orientali, i cosiddetti Shiitake, funghi terapeutici che nella filosofia alimentare del Sol Levante sono quelli che aiutano il sistema immunitario ad evitare di ammalarsi.

 E’ lo stesso Basilio che racconta come ha cominciato:
“Anni fa, ho preso una parte di casa mia e l’ho trasformata in un laboratorio di micologia iniziando a clonare specie di funghi saprofite ciò specie che crescono in natura su un substrato morto; ho cominciat
o con specie semplici per arrivare alle specie più esigenti come ad esempio i funghi bioluminescenti che come le lucciole producono luce durante la notte; siamo stati solo in due al mondo a riuscire a produrre in cattività Omphalotus nidiformis un fungo australiano, tossico ma assai particolare per la luminescenza verdastra che produce di notte, tanto da essere chiamato Ghost Mushroom (fungo fantasma).

Mi sono poi interessato alla categoria cosiddetta dei funghi orientali sui quali alcune ricerche hanno rilevato la presenza di principi terapeutici in grado di migliorare le difese immunitarie dell’organismo umano. Alcune specie come la Reishi non sono commestibili perché di cattivo sapore o perché troppo legnose mentre la specie chiamata Shiitake (Lentinus edodes) oltre ad essere specie terapeutica per un alto contenuto di una sostanza chiamata lentinano, è anche commestibile e per questo molto usata nella cucina giapponese come componente base di zuppe e minestre ed adatta anche al gusto europeo come fungo da trifolare fresco o seccato. Ho cominciato così a produrre Shiitake con tecnica classica, utilizzando paglia come substrato di coltivazione così come facevano altre quattro o cinque aziende in Italia. Non ero contento però, perché volevo ottenere un prodotto di qualità superiore; studio bene la biologia del fungo che in oriente cresce in natura su legno morto di specie vegetali molto simili a quercia e castagno e decido di provarne la coltivazione sui residui della lavorazione del legno dei tanti castagneti etnei presenti nella mia zona. Dopo tre anni di prove comincio ad ottenere dei buoni risultati mettendo a punto un protocollo di coltivazione; il fungo che cresce su trucioli di castagno, rispetto a quello coltivato sulla paglia, richiede più tempo per strutturarsi (circa tre mesi) ma una volta maturo è molto più gustoso e profumato".

Dove si svolge e come avviene la produzione?
Nella mia proprietà che ha sede a Trecastagni, paese all’interno del Parco dell’Etna, c’è una piccola cava dismessa dove un tempo si estraeva il materiale vulcanico utilizzato nella costruzione delle masserie dei dintorni; questa piccola grotta è stata poi utilizzata anche come stalla e ricovero.


Da un punto di vista termico presenta caratteristiche molto adatte alla coltivazione del fungo Shiitake perché la temperatura in grotta, che è circondata da una zona boscata,  non ha picchi di alta o bassa temperatura durante tutto l’anno.
Lo Shiitake è un fungo particolarmente complicato da riprodurre perché dopo l’inseminazione, che avviene in laboratorio in condizioni estremamente controllate, il micelio che si va formando all’interno della balletta di trucioli può rimanere in forma vegetativa tecnicamente ad oltranza, sino a quando non riceve un input di vario genere o sotto forma di shock termico (24 ore in frigorifero o viceversa con un rialzo della temperatura) o anche sotto forma di un intervento fisico meccanico colpendo la balletta per stimolare il micelio a produrre corpi fruttiferi. 

Una volta avviata la produzione facciamo tre cicli in cava e poi portiamo le balle all’esterno per un ultimo strascico di produzione. Per quanto riguarda la qualità del prodotto abbiamo avuto ottimi risultati: lo Shiitake produce corpi fruttiferi diversi nelle diverse stagioni: in estate si sviluppa la variante detta Koshin caratterizzata da crescita veloce, cappello sottile di colore nocciola chiaro e di sapore meno accentuato.

Le due varianti del fungo 

In autunno-inverno, invece, si ottiene la variante più pregiata chiamata Donko, che ha tronco del fungo ben strutturato, buona dimensione, capello scuro con pelucchi e puntini bianchi. Nella mia situazione aziendale non faccio grandi volumi ma ho il vantaggio di avere una produzione costante durante tutto l’anno producendo circa trenta chili di prodotto fresco a settimana che vendiamo a ristoranti in zona ed in alcuni punti vendita al Nord.
Hai altri progetti?
"Se sul piano pr
oduttivo non ho più tanto da scoprire, considerando che io senza sperimentare mi annoio, mi sono allora posto il problema di trovare un possibile riutilizzo per i panetti di trucioli residuati dal ciclo di produzione dei funghi. Mentre inizialmente il truciolo è semplice farina di legna compattata, in seguito alla crescita al suo interno del micelio fungino essa assume una struttura propria, leggera ma resistente. 

Balletta esausta prima e dopo essere stata rimodellata

Che farne? Ne ho sagomato un mattone che ho provato ad utilizzare per fare, ad esempio, alveari i cui primi prototipi sembrano essere molto apprezzati dalle api perché spessi e coibenti e fatti di un materiale quanto più simile al legno dei vecchi alberi colonizzati da funghi dove le api andrebbero spontaneamente a cercare casa.

Ultimamente, poi, stiamo facendo uno studio di fattibilità, insieme all’Università di Catania, sull’utilizzo dello scarto della lavorazione dei funghi per fare un bio polistirolo isolante per l’edilizia".
Basilio è un entusiasta e trasmette entusiasmo a chiunque lo ascolti suscitando immediata empatia verso i suoi funghi orientali o le sue api golose. Dove lo porterà la sua continua voglia di sper
imentare? Oltre a pensare ai funghi, alle api e a tutto il resto Basilio studia oggi come creare unità abitative energeticamente autosufficienti avendo già provveduto a realizzarne prototipi all’interno della sua azienda; un posto essenziale dove soggiornare circondati dal verde dei suoi castagni, dal ronzare delle sue api e dal profumo dei suoi funghi. Dopo averlo conosciuto in occasione di una "Esperienza organizzata nell'ambito della Via dei Tesori di Catania, c’è solo da aspettare per vedere su quali svariati, altri, campi di interesse si dirigeranno le sue ricerche negli  anni a venire.

 

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