martedì 29 settembre 2015

I gelsomini e la cucina del buonumore

Al Vivaio Malvarosa  conversazione con Carmelo Chiaramonte, cuciniere errante 
E’ da alcuni anni a questa parte che l’ultimo fine settimana di settembre si accalcano ed accavallano in Sicilia molti avvenimenti interessanti per chi come me ama il verde: mostre, sagre e feste a cui non vorrei rinunciare; ma dopo giorni passati ad elucubrare su possibili spostamenti ed incastri da far collimare mi vedo sempre ineluttabilmente costretta a scegliere  un posto solo dove andare non avendo ancora il dono dell’ubiquità.
Tra gli eventi in programma (La Zagara, mostra mercato a Palermo all’interno dell’Orto Botanico, La Sagra del Pistacchio di Bronte nella sua nuova versione di Expo del Pistacchio e La festa dei Gelsomini presso il vivaio Malvarosa) ho optato per seguire quanto proposto da Filippo Figuera al vivaio Malvarosa sia per il tempo incerto che mi ha fatto preferire rimanere vicino casa, sia perché La Festa dei Gelsomini, oramai alla sua terza edizione, ha sempre in programma eventi di particolare interesse. 
Jasminum sambac Belle of India
Alcuni degli appuntamenti proposti quest’anno ponevano l'accento sull'insolito abbinamento  tra il gelsomino e la buona cucina; dopo la degustazione del particolare cioccolato al gelsomino preparato dall’ Antica Dolceria Bonajuto di Modica, nelle mattinata di domenica ha avuto luogo l’atteso incontro con Carmelo Chiaramonte, chef anche lui modicano, conosciuto in Italia e all’estero, venuto a Malvarosa per proporre un percorso sensoriale dedicato al gelsomino. 
Così Chiaramonte si è presentato al pubblico venuto in buon numero ad ascoltarlo: “Mi occupo di cucina da oltre trent’anni e avendo sempre inteso la gastronomia come ricerca, negli ultimi otto anni sono diventando un cuoco non cuoco; non ho più, infatti, un mio locale dove lavorare ma cucino in giro per il mondo tanto da potermi definire un “cuciniere errante”. Frequento mediamente 80 città all’anno sia in Italia che all’estero macinando chilometri in macchina, nave ed aereo, spinto da una inquieta curiosità olfattiva che mi ha portato a sperimentare nuovi linguaggi gastronomici anche al di fuori della cucina. Come cuoco mi occupo infatti di didattica e di cucina legata all’espressionismo nel senso che propongo accostamenti gastronomici legati alla musica, al teatro e al design; ho scritto libri e da alcuni anni mi sento fortemente attratto dalla botanica alimentare”. Sul tavolo dove lo chef intrattiene gli ospiti sono in evidenza, insieme a boccette misteriose e cestini pieni di fiori di gelsomino, dei libri che descrivono il percorso botanico intrapreso: Viaggio nel mondo delle essenze di Marina Ferrera; La Magia delle piante di Jacques Brosse; La Botanica del desiderio di Michael Pollan.
  “E’ leggendo questi libri, racconta Chiaramonte, che ho capito che alcuni aromi come il gelsomino ma anche la rosa e il profumo degli agrumi non sono alimenti destinati a soddisfare la gola ma rappresentano un vero e proprio nutrimento per la mente; se annusati, infatti, vengono rapidamente recepiti a livello cerebrale infondendo nell’organismo un senso di benessere che induce il sorriso. Profumi che noi moderni siamo oramai abituati a percepire come odori da bagno, da toilette ma che in passato, invece, trovavano utilizzo, anche in cucina come aromatizzanti da assaporare ed annusare" 
 Ed il gelsomino?
"Non ci sono molte ricette della tradizione culinaria che utilizzano l’olio essenziale di gelsomino la cui estrazione è lunga ed estremamente laboriosa. Un’antica ricetta toscana è stata seguita dalla Dolceria Bonajuto per creare il cioccolato al gelsomino; io, in cucina, ho utilizzato più volte il preziosissimo olio essenziale di gelsomino sambac per preparare ad esempio, uno sciroppo da utilizzare per aromatizzare il gelato. E’ questa una preparazione tutto sommato facile che si può fare anche in casa dolcificando dell’acqua con del miele dolce, di acacia o agrumi e disponendo, all’interno della caraffa che la contiene, più strati di fiori di gelsomino; il contenitore va messo in frigo a chiusura ermetica per un giorno per effettuare poi la filtrazione del liquido e procedere con successive stratificazione di fiori freschi nei giorni a seguire. Nel tempo l’acqua sciroppata si carica del profumo desiderato e potrà essere utilizzata per aromatizzare il gelato o anche semplicemente per insaporire l’acqua fresca da bere".

Parlando, parlando, Chiaramonte, che è un gradevole affabulatore, comincia a preparare la creazione al gelsomino che vuole farci degustare: una goccia di purissimo olio essenziale di gelsomino sambac viene aggiunto ad una piccola boccetta d’acqua dotata di nebulizzatore; fiori di gelsomino vengono messi al fondo di bicchieri che verranno riempiti, ed è qui, la sorpresa della ricetta, di gazzosa doc, nebulizzata poi con l’essenza di gelsomino.
 
Chiaramonte per introdurre il motivo ispiratore della ricetta ci legge un brano di un autore siciliano (Raffaele Poidomani e il suo libro Carrube e cavalieri)  che inneggia e descrive le sonorità dei rutti di un anziano personaggio gattopardesco le cui tonalità e timbro variavano in funzione delle diverse pietanze consumate a pranzo.
Ed è questo l’effetto ineluttabilmente del bere la gazzosa aromatizzata al gelsomino propostaci dallo chef: perdersi in un mare di bollicine che risalgono alla bocca e al naso per una cucina al profumo di gelsomino e all’insegna del buonumore.



sabato 19 settembre 2015

A Bergamo, Maestri del Paesaggio e altro ancora...

Un mese di grandi eventi all’insegna del paesaggio,  tra arte e natura
Nel mese di settembre, e quest'anno si tratta della quinta edizione,  la città di Bergamo ha ospitato tra le sue antiche mura la manifestazione internazionale Maestri del Paesaggio- International Meeting of the Landscape and Garden organizzata dall’Associazione Arketipos,  che rappresenta un evento di assoluta eccellenza, a livello internazionale, tra le manifestazioni che pongono attenzione al paesaggio ma anche alla natura, alla cultura, al cibo, con un fitto programma che dal 5 al 20 settembre ha visto susseguirsi seminari, incontri, allestimenti e percorsi di land-art in suggestivi vicoli, corti, chiostri e giardini del piccolo borgo, a cominciare dagli esclusivi allestimenti delle Piazze storiche di Bergamo come Piazza Vecchia e Piazza Mascheroni centrati quest’anno sul tema “Feeding Landscape. Le colture agrarie fanno paesaggio”.
Un calendario pensato per favorire incontri, riflessioni e conoscenze a diversi livelli di fruizione: per gli addetti ai lavori, architetti e agronomi del paesaggio, Meeting e Workshop e tanti eventi collaterali a tu per tu con le più famose archistar del paesaggio presenti alla manifestazione; per il grande pubblico un nutrito calendario di eventi che ha visto l’apertura di ville, dimore storiche e case private, di solito chiuse al pubblico, visitabili gratuitamente nei giorni della manifestazione ma anche concerti, balletti, passeggiate, mostre fotografiche, installazioni nel verde e green food con gli Chef del Paesaggio ospiti presso i diversi ristoranti e trattorie di Bergamo Alta e con una serie di iniziative  dedicate ai bambini (Arte in Erba, Atelier-Laboratorio per bambini).
Gli ultimi giorni della manifestazione sono  stati quelli riservati agli appuntamenti più importanti ed  infatti nei giorni 17 e 18 settembre si è svolto il Seminario Internazionale Valfredda, uno degli eventi più attesi in calendario per approfondire le conoscenze sulle erbacee perenni con il più noto esperto del settore, Piet Oudolf,  con la designer Annie Guilfoyle e con Stefano Mancuso, scrittore green (Uomini che amano le piante) e autorità mondiali nel campo della neurobiologia vegetale, coordinati da Mauro Crescini per la Valfredda, azienda organizzatrice del seminario, leader per la coltivazione delle piante perenni. 
Sito immagine
Questo week end (18,19, e 20 settembre), infine, la manifestazione ha il suo momento più importante con lo svolgimento dei Workshop (Sophie Agata Ambroise, architetto-paesaggista; Workshop di acquarello con Cinzia Ester Invernizzi e Workshop di fotografia con Matteo Carassale) e con l’International Meeting che ha luogo al Teatro Sociale cui partecipano le firme internazionali più attese per questa edizione della manifestazione per raccontare le proprie esperienze  maturate in straordinari interventi di paesaggio nel mondo.
A fare di Bergamo la capitale del paesaggio ma anche del designer, dell'arte e dell'architettura quest'anno ha contribuito anche la manifestazione DimoreDesign Bergamo 2015 Tradizioni e Contaminazioni  che si è svolta in contemporanea con la Mostra del Paesaggio  e che ha   visto organizzare una serie di appuntamenti  all’interno di cinque dimore storiche (Casa Trussardi,  Palazzo Moroni, Palazzo Agliardi, Palazzo Terzi, Villa Grismondi  Finardi) che hanno ospitato allestimenti  interpretati da cinque grandi designer italiani (Formafantasma: Frammenti;  Luigi Serafini: Ritorno in via Porta Dipinta 12, 28 anni dopo"   Luigi Baroli:, Florilegium", Franco Raggi: Paesaggi ibridi” Marco Ferreri: Sposa Garibaldi).

 Che la partecipazione agli eventi di Bergamo sia stata corale lo  ha dimostrato la molteplicità di iniziative che si sono susseguite e sovrapposte nelle diverse date; tra le altre, ad esempio, la Fondazione Museo di Palazzo Moroni ha presentato all’interno del giardino storico del Palazzo due installazioni verdi, collocate presso la fontana del Nettuno e lungo la terrazza superiore del giardino, realizzate da Sergio Cumitini (freelance horticultural consultant) e dall’ Arch. Pietro Gellona di LandAlab  dal titolo "Sopra e sotto Nettuno ";  un intervento apparentemente semplice, in realtà rigoroso ed elegante che, come tante altre realizzazioni,  ha contribuito a rendere Bergamo,  per tutto il mese di settembre, il luogo ideale da visitare per scoprire la cultura del paesaggio e del design italiano.
Sopra e sotto Nettuno

Foto di Sergio Cumitini
 
PS: Le foto  a corredo del testo  sono state "catturate" dal programma dell'evento e dal sito ufficiale della manifestazione.

venerdì 18 settembre 2015

Fichi secchi: destinazione Natale

Come far seccare i fichi da utilizzare per preparare i dolci di Natale 
Ho sempre ammirato chi sa cucinare, tenere in ordine la casa,  fare bricolage e anche il découpage. Tutte cose per cui io sono negata, soprattutto in cucina dove sono surclassata anche da mio marito e allora per non sentirmi troppo avvilita vado spesso a pranzo da mia madre con la scusa che preparandomi qualcosa da mangiare  la rendo felice perché ha ancora qualcuno da accudire.

Ho care amiche che guardo sempre con ammirato stupore perché sono la quinta essenza della perfezione; in cucina non hanno niente da imparare, coltivano l’orto ed il frutteto sotto casa, fanno attività politica, viaggi in aereo di dodici ore e per di più qualcuna di esse è già in pensione. Da loro ogni pranzo è una festa e per cercare di recuperare un poco di autostima chiedo sempre ricette e consigli di cucina ma è tutta scena perché non sarò mai una cuoca non dico eccezionale ma anche solo normale, capace come loro di approntare  in questi giorni torridi di settembre i fichi da fare seccare per preparare il ripieno dei biscotti a  Natale.
 
Consigli delle amiche su come si preparano i fichi secchi
Per preparare i fichi secchi si devono raccogliere solo fichi bianchi che interi o tagliati a due metà vengono esposti al sole per 4,5 giorni per farli asciugare ponendoli su un ripiano di legno o dentro una cassetta.
Quando hanno perso la maggior parte dell’acqua vengono messi in una retina o dentro uno scolapiatti ed immersi per pochi minuti in acqua bollente per sterilizzarli. Vengono poi, esposti di nuovo al sole ad asciugare coprendoli, questa volta, con un velo di stoffa per evitare polvere ed insetti. Quando avranno raggiunto il giusto grado di essiccazione si uniscono insieme le due metà formando quelle che vengono chiamate "chiappe di fichi secchi" che possono anche essere imbottite al centro con una mandorla o con una noce.
I fichi sono la scorta che consentirà a Natale di preparare i Buccellati, dolci dell’ennese.
Sito di provenienza
Come preparare i Buccellati
Occorre partire dalla pasta frolla che costituisce l'esterno del biscotto preparando a parte un ripieno a base di  macinato di fichi secchi, mandorle tostate, uva passa, scorze d'arancia, cannella. Chiusa la pasta con una forma tondeggiante i biscotti si passano in forno.
E siccome tutti i fichi dell'albero di casa dovranno essere utilizzati ecco da Letizia, la ricetta della Marmellata di fichi.
Sbucciare accuratamente i fichi e tagliarli a pezzetti, pesarli e metterli in una pentola d'acciaio abbastanza larga;  portare ad ebollizione  e con una paletta di legno mescolare e spappolare i fichi aggiungendo lo zucchero (per 1 Kg di fichi 300 g di zucchero) Continuare a mescolare stando attenti a non far attaccare sul fondo il composto che bisognerà far cuocere per 30 minuti. Infine aggiungere 3 cucchiai di rum e abbondante polvere di cannella. Invasare in contenitori di vetro precedentemente sterilizzati e bene asciugati. Da provare con ricotta fresca e pane casereccio.
Mi raccomando non fate come me che dopo avere chiesto la ricetta sfuggo il confronto e dunque, in genere, non mi cimento; voi provateci....

domenica 13 settembre 2015

Può una plumeria fare odore di fungo?

Tra tutte le specie vegetali che hanno i fiori profumati Plumeria rubra è forse quella che presenta il profumo più ineffabile, mutevole e vario del mondo vegetale con sfumature di odore che spaziano dal dolce allo speziato, dal fruttato all'intensamente profumato e con sentori che ricordano, nelle oltre duemila varietà, l’aroma di mandorle amare ma anche di agrumi, di ninfee, di rosa, pesca, gelsomino, limone, lavanda, caprifoglio, lampone, pisello odoroso, gardenia e chissà quant’altro ancora.
Un profumo che un naso inesperto come il mio con estrema difficoltà riuscirebbe a comprendere e descrivere a parole. Ogni individuo ha, infatti, un olfatto unico che manifesta sensibilità e percezioni olfattive soggettive che cambiano secondo lo stato d’animo, lo stato di salute, le condizioni esterne e non da ultimo l’ambito culturale da cui proviene. Questo rende particolarmente difficile descrivere le sensazioni che il profumo provoca in chi annusa. Io per esempio sono perennemente raffreddata e la mia percezione degli odori è spesso notevolmente alterata.
Occorre avere, dunque, un modello olfattivo di riferimento. Nel campo dei profumi realizzati dall’industria profumiera fa, ad esempio, testo la descrizione pronunciata dall’associazione francese dei profumieri (Société Française des Parfumeurs) che ha sviluppato un linguaggio descrittivo uniforme e definito per categorizzare il profumo, condivisibile da maestri profumieri, operatori del settore, appassionati di profumeria e consumatori. Per i colori si può fare riferimento al Pantone il catalogo di un’azienda americana considerato come standard internazionale per la gestione dei colori nel mondo dell'industria e della chimica.
Per definire il profumo della plumeria occorre, ad esempio, rifarsi alla descrizione effettuata, per ogni varietà americana, dalla Plumeria Society of America o da importanti vivai come Plumeria by Florida colors;  se, invece,  si è fortunati come me, ci si può rivolgere ad un amico esperto come Antonio Butera che di plumerie se ne intende e riesce a descriverne il profumo in modo molto evocativo: secondo Antonio, ad esempio, le plumerie del tipo tricolor, come la Tequila Sunrise, profumano quasi sempre di pesca o albicocca; le varietà a fiore bianco a centro giallo, di zagara o vaniglia, le plumerie rosa di mandorle o pesca, le gialle oscillano tra la pesca e la gardenia, le rosse difficilmente hanno dei grandi profumi; si possono avere poi profumi particolari per singola varietà: la Miami Rose profuma di cocco, la Antonio Butera, da lui selezionata, ha un profumo che è un misto di ananas e melone tropicale, la Charlotte Ebert profuma di gardenia.

A dimostrare l’imprevedibilità della specie in questo tripudio di profumi inebrianti ci si può imbattere in varietà, soprattutto di origine thailandese, dall’odore spiazzante e al limite dell’inverosimile; se vi capiterà, come è successo a me al vivaio di Giampietro Petiet, di tuffare il naso in una varietà di plumeria  denominata con il numero di serie 4337, attirati dai grandi fiori dalle delicate sfumature di rosa, crema e giallo, vi ritroverete spiazzati nel sentire un intenso, inatteso ed  inconfondibile profumo di fungo porcino.
E non è la sola varietà ad avere un certo non so che, perché, come mi dice Antonio, la famosa Wako, ad esempio, fa odore di pizza e la California Sally addirittura di cipolla. 

Non c’è, dunque,  limite all'inverosimile anche in campo vegetale e temo che nel futuro ci dovremo aspettare come ultima  irrinunciabile novità commerciale varietà di plumeria dai colori sgargianti che spargono intorno effluvi impensabili  di aglio o caffè.


giovedì 10 settembre 2015

Soluzione: Anagrammi.... profumati

 
1
acquisiremo duchi
 
2
alt chi puo
 
3
benni zoo
 
4
dal naso
 
5
cura mani

6
su pale lombarde 
 




 

martedì 1 settembre 2015

Plumerie di Sicilia

Conversazione con Antonio Butera, cultore di pomelie in Palermo
Puntuale come ogni anno, appena si parla di ritornare a scuola per le prime riunioni di settembre, ho bisogno di esorcizzare la ripresa lavorativa  ripensando ai momenti più belli  dell'estate e in campo vegetale Plumeria rubra forma acutifolia, che noi siciliani chiamiamo familiarmente  pomelia,  è, senza dubbio,  il fiore più capace di evocare  con le infinite sfumature di colore dei suoi petali carnosi e  le diverse e molteplici tonalità dei suoi accenti profumati, il sole, il mare ed i forti colori delle mete vacanziere più esotiche.
 
E non c'è neanche bisogno di andare ai tropici per stordirsi con il profumo delle plumerie perché  in Sicilia la specie è di casa, coltivata sia in vaso che in piena terra con esemplari arborei che impreziosiscono balconi o angoli di giardino soprattutto nei dintorni di Palermo e in un tratto di costa ionica a ridosso del comune di Riposto.
Varietà Powder Pink 
Le condizioni climatiche necessarie a coltivare la plumeria e a farla fiorire sono, in realtà, molto particolari e assai limitative se non si vive nelle regioni tropicali di origine come le isole Hawaii o la Thailandia da cui la plumeria proviene. Sono essenzialmente gli sbalzi termici con il raggiungimento di temperature minime poco sotto lo zero che limitano la possibilità di coltivazione della specie in ambito mediterraneo, determinandone la bruciatura degli apici vegetativi e la conseguente mancata produzione di fiori. 
Ma la coltivazione di questa pianta bella, delicata e vorrei dire anche un poco capricciosa non è un ostacolo insormontabile nel nostro clima visto che in Sicilia si contano associazioni di amatori, vivai specializzati e fior di collezionisti che non solo vantano raccolte importanti per numero di esemplari delle più belle varietà coltivate nel mondo ma che a loro volta hanno selezionato da seme nuove cultivar che dopo lunga trafila sono state registrate dal massimo organo internazionale che ne governa la certificazione. 
Antonio Butera è uno di questi, collezionista e grande conoscitori di plumerie di Sicilia; è a lui che fanno riferimento molti neofiti nelle discussioni sui social network per consigli, riconoscimenti, incoraggiamenti. Conoscitore della specie e delle sue molteplici varietà, ne apprezza di ognuna ogni più tenue sfumatura di colore e di profumo; ha girato i tropici cercando plumerie ma è particolarmente affezionato a quelle tradizionalmente coltivate da oltre un secolo nella sua Palermo i cui esemplari sparsi nel verde delle ville in città o al mare, conosce uno per uno.
Antonio come è nata la tua passione per questo fiore esotico?
Ho cominciato a conoscere ed appassionarmi alle pomelie all’ età di 10 anni quando mia nonna Ofelia Mac Donald, come tutti gli inglesi, grande amante del verde, mi portava all’ Orto Botanico a Palermo che allora era stupendo perché oltre alla bellissima serra con le orchidee e alla vasca con le ninfee tropicali c’ erano le pomelie ed il giardiniere ce ne regalava i fiori bianchi, rosa e tricolor e ancora mi ricordo il profumo di pesca che emanavano. Dai 20 anni in poi ho cominciato a girare il mondo come giovane modello richiesto dai più grandi fotografi ed ho iniziato a vedere le plumerie nei luoghi d’origine, alberi magnifici ai tropici ed ero anche contento perche facevo allora quello che tutti sognavano di fare. Nel frattempo un carissimo amico giardiniere che lavorava all’ Orto mi innestava sulla tradizionale, resistente, varietà bianca palermitana, le varietà tricolor, rosa, gialla, rossa presenti nella collezione dell’Orto e quindi con pochi vasi avevo tutte le varietà che potevo desiderare. A 27 anni sono entrato in banca a Milano e le piante le curavano i miei genitori. Sono stato a Milano 10 anni poi, dopo il trasferimento a Palermo, ho fatto dei viaggi tropicali stupendi e ho iniziato a portare le talee di tantissime varietà non ancora registrate come la Aztec Gold che allora non aveva nome.

Plumeria rubra 'Aztec Gold'
La tua collezione poteva dirsi importante?
Io amo le plumerie quando sono coltivate in piena terra e meno quando sono in vaso perché la specie è arborea ed il giardino è il posto giusto dove esprime il meglio di se; più che un collezionista sono perciò un cultore delle varietà siciliane che conosco e tengo d’occhio nei giardini palermitani.
Quali sono le varietà siciliane che maggiormente ti stanno a cuore?
Le varietà siciliane che certamente non sono mai state registrate e che in alcuni casi sono mutazioni fuoriuscite dall’Orto Botanico di Palermo sono diverse, molte sono andate perdute, altre sono oramai presenti solo in pochi esemplari;  tra esse: 

  •  Plumeria rubra 'pink 'con fiori rosa di media grandezza al profumo di mandorle e  foglie alate, molto fiorifera; ne sono rimasti pochi alberi a Palermo città e dintorni;
  • la varietà di plumeria che qualcuno chiama con il brutto nome di ‘Palermitana tonda’, straordinaria, diversa, bellissima, che nel mondo ci invidiano; ha foglie verde chiaro molto acuminate e strette, fiore grande morbido, bianco puro  con un centro giallo uovo,  largo; profumo di limone e vaniglia inconfondibile; pianta molto fiorifera tende a reclinare i rami;
  • la bianca, senza un nome specifico e conosciuta in genere come 'Palermitana', con centro giallo e fiore molto resistente, profumatissima  che si usava per i mazzi da vendere nei bar ed ancora oggi i suoi fiori sono usati per i matrimoni;
  • un'antica varietà di plumeria,  poco diffusa dalle foglie verde scuro e fiore enorme bianco a centro giallo chiaro, largo; è molto fiorifera, io la chiamo 'Addaura' dalla contrada di Palermo dove l’ho scoperta; pochi alberi in giro, profumo stupendo di ninfea;
 
  • la varietà rossa purpurea, presente all’ Orto Botanico, poco diffusa, dal profumo straordinario e fiori rossi, antenata delle rosse moderne e poi la magnifica ed inconfondibile 'Lutea' dal fiore rigido grande, che emana un profumo forte, selvatico, tropicale;  foglia verde scuro con punta ricurva; il fiore non scolora e presenta l'esterno leggermente venato di rosso; inconfondibile  e quasi estinta;
  • e poi ancora, la varietà 'Jamesonii' a fiore grande giallo chiaro, molto fiorifera, piuttosto diffusa, profumo di zagara, bellissima; è un'antica varietà da non confondere con la plumeria 'Lutea' che è simile ma differente allo stesso tempo.
 
Tu che sei stato in passato l’unico membro italiano del Plumeria Society of America, hai avuto la soddisfazione di registrare nuove varietà: ce le descrivi?
Per primo in Sicilia ho portato centinaia di semi di plumeria, molto dubbioso sul loro possibile attecchimento ma, invece, i semi spuntarono tutti e siccome non potevo tenere tanti vasi ne regalai ad amici e vivaisti e devo dire che in alcuni casi non fu una buona idea, ma le altre varietà rimaste con me, alcune bellissime, sono in via di registrazione dopo tanti anni perché per lungo periodo ho dovuto prendermi cura dei miei anziani genitori affidando le mie plumerie alle attenzioni di Giampietro Petiet che, oltre ad essere un amico, è un vivaista-collezionista tra i più esperti e conosciuti. La prima varietà registrata a mio nome si chiama 'Antonio Butera n. 425'
'Antonio Butera n 425'
la seconda non è ancora in produzione e si chiama 'Butera cocktail 'perché in Polinesia i fiori dell’ albero da cui ho preso i semi, fiori grandissimi un po' più chiari della mia, li mettevano nei cocktail con un bastoncino fuori dal bicchiere;  ha foglie enormi e i fiori sono gialli e rossi e profumano di olio solare.
'Butera cocktail'
Hai notato una crescita in questi anni per qualità delle collezioni e per competenze acquisite dai diversi collezionisti?
Per tanto tempo i pochissimi ultra appassionati siciliani dovevano rivolgersi alla signora Barabino del vivaio Tropicamente di Torino che importava le piante, per avere qualche novità; altri, pochissimi come me, portavano le varietà colorate dai viaggi ai tropici ed allora non c’era internet e si avevano sempre tante difficoltà alla dogana. Dall’ arrivo delle varietà di plumeria thailandesi ed americane, con la diffusione del commercio online, con la nascita di alcuni vivai specializzati, i siciliani vanno riscoprendo una pianta che le loro nonne mettevano in balcone accanto alla pianta del basilico; ci sono appassionati estremi, appassionati normali e nuovi che scoprono la bellezza di potere avere in Sicilia (paese collocato più a nord dell’areale della pomelia, in cui vive e vegeta all’ esterno) una pianta bellissima, che vive benissimo e che si riproduce ed hanno anche scoperto i tanti colori e varietà provenienti da lontano anche se disconoscono quelle siciliane.  Il grande mercato siciliano delle pomelie rimane quello di Palermo ed è un poco triste che i vivaisti della Sicilia Orientale a parte le due mostre annuali all'Orto Botanico di Palermo non hanno ancora aperto nessun punto vendita in questa grande città, patria della pomelia in Sicilia.
Qual è la tua “Plumeria del cuore”?
Ho una pomelia del cuore per ogni colore: per il giallo è la'Lutea', la rossa lilla è la 'Palermo Fahrenheit', la rosa è la 'Charlotte Ebert' e la 'Rosa Palermitana' che sa di mandorle, la rossa preferita la 'Purpurea'. Ma la vera “Plumeria del cuore” e' la bellissima 'Antonio Butera' che porta il mio nome seguita dalla fantastica 'Butera Cocktail'; comunque tra le più belle del mondo c'e' la famosa 'Aztec Gold', una vera meraviglia della natura. 
Con Antonio non si finirebbe mai di parlare delle sue plumerie, i cui colori ed il profumo sa evocare con tanta passione da farti desiderare di cominciarne subito una collezione partendo, è ovvio, dalle varietà siciliane sia antiche che di nuova selezione che per profumo, caratteri del fiore e rusticità non hanno niente a che invidiare alle plumerie “tutto colore” dei tropici.
PS: Grazie ad Antonio anche per le belle foto
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