domenica 30 agosto 2020

Plumeria obtusa, reginetta dell'estate

Il profumo dei fiori è un ingrediente essenziale per comporre quell’alchimia speciale che fa di terrazze e giardini i luoghi privilegiati dove trascorrere al fresco le sere d’estate: gelsomini, cestrum, carissa, mandevilla, tabernaemontana, gardenia, murraja, tuberosa, plumerie sono tutte specie profumate, che è possibile coltivare in vaso o in piena terra nei giardini mediterranei, la cui presenza reputo indispensabile perché gli spazi verdi in estate diventino il luogo di relax a loro demandato.
Le plumerie in questo senso hanno un ruolo speciale perché la qualità del profumo che i fiori di ogni singola pianta sprigionano è un mix particolare di aromi esotici e fruttati che arrivando al naso rilassano la mente rendendo il caldo più tollerabile.
Tra tutte le plumerie che questa estate ho annusato girando per collezioni di appassionati e di vivai mi è rimasto indelebile il ricordo dell’impronta olfattiva del profumo dei fiori di Plumeria obtusa.
 
E’ questa una specie dai fiori bianchi che sino ad oggi ho colpevolmente snobbato impegnata a rincorrere le sfumature di colore ed il profumo delle varietà super colorate di Plumeria rubra che in questi anni hanno monopolizzato il mercato. 
Ma osservandone con attenzione il portamento aggraziato, le foglie carnose, i fiori di un bianco virginale e di una fragranza celestiale, ho preso l’insindacabile decisione di eleggere, per quest’anno, Plumeria obtusa reginetta dell’estate.
Per tributare il doveroso omaggio a questa specie che ho deciso di sponsorizzare, di seguito vi propongo una serie di informazioni per convincervi ad aggiungerla, se già non l’avete fatto, nella vostra personale collezione di fragranze estive floreali per i vostri spazi a verde .
Plumeria obtusa è una delle nove specie che, secondo la classificazione di The Plant List, appartengono al Genere Plumeria attribuito alla importante famiglia delle Apocynaceae; la specie, che viene spesso indicata con il nome comune di Albero pagoda o Frangipane bianco,  è originaria, come altre plumerie, delle isole dei Caraibi e di molti paesi dell’ America Centrale ed è ampiamente coltivata in regioni a clima tropicale sia in Africa orientale che in Asia, resistendo in pien'aria all’inverno delle zone climatiche USDA 10-12; per le aree poco al di sotto della zona 10, che in Italia si individuano lungo le aree costiere delle Isole e delle regioni più meridionali, la specie deve essere coltivata in vaso in modo da ritirarla al chiuso in inverno; in aree climaticamente più fredde può essere coltivata in serra.

https://www.alamy.it/foto-immagine-il-frangipani-tree-nome-scientifico-plumeria-obtusa-hoi-an-quang-nam-provincia-vietnam-115019313.html?pv=1&stamp=2&imageid=795AB175-2C61-4371-B840-DE92F0D48693&p=15241&n=0&orientation=0&pn=1&searchtype=0&IsFromSearch=1&srch=foo%3dbar%26st%3d0%26pn%3d1%26ps%3d100%26sortby%3d2%26resultview%3dsortbyPopular%26npgs%3d0%26qt%3dfrangipani%2520tree%26qt_raw%3dalbero%2520di%2520frangipane%26lic%3d3%26mr%3d0%26pr%3d0%26ot%3d0%26creative%3d%26ag%3d0%26hc%3d0%26pc%3d%26blackwhite%3d%26cutout%3d%26tbar%3d1%26et%3d0x000000000000000000000%26vp%3d0%26loc%3d0%26imgt%3d0%26dtfr%3d%26dtto%3d%26size%3d0xFF%26archive%3d1%26groupid%3d%26pseudoid%3d%26a%3d%26cdid%3d%26cdsrt%3d%26name%3d%26qn%3d%26apalib%3d%26apalic%3d%26lightbox%3d%26gname%3d%26gtype%3d%26xstx%3d0%26simid%3d%26saveQry%3d%26editorial%3d1%26nu%3d%26t%3d%26edoptin%3d%26customgeoip%3d%26cap%3d1%26cbstore%3d1%26vd%3d0%26lb%3d%26fi%3d2%26edrf%3d%26ispremium%3d1%26flip%3d0%26pl%3d
Sito Web
Nei paesi di origine la specie si presenta come un grande arbusto o un piccolo albero dalla chioma sempreverde di forma irregolare o arrotondata, mentre dove le temperature invernali sono fredde, la specie perde le foglie e lo sviluppo è molto più contenuto.
I rami della pianta sono molto numerosi e succulenti e talvolta, nelle piante adulte, presentano protuberanze a forma di pomello. 
 
Le foglie picciolate sono scure e coriacee, disposte in modo alternato e raggruppate all’estremità dei rami; hanno la punta arrotondata e numerose nervature secondarie parallele che corrono dalla mezzeria ai margini della foglia. Rispetto alle foglie di Plumeria rubra quelle della obtusa sono più piccole e larghe ed hanno apice smussato ed arrotondato (da cui l’epiteto specifico) ed il margine leggermente ondulato.
 
foglie di Plumeria rubra

Frequente, anche se in modo variabile, la presenza di una peluria leggera localizzata sul peduncolo e lungo la nervatura principale; sia le foglie che i rami se incise anche leggermente emettono, come in tutte le Apocynaceae, una sostanza lattiginosa irritante
I fiori hanno una corolla a cinque petali bianchi, obovati, cerosi, con centro giallo che si fondono alla base formando un breve tubo a forma di imbuto e sono portati in pannocchie ad ombrello che spuntano all’ascella delle foglie, su un picciolo lungo e spesso. Nei paesi tropicali la fioritura si verifica tutto l’anno, nel nostro ambiente è limitata ai mesi più caldi dell’estate. I fiori sono di breve durata ed emanano un profumo forte e intenso, particolarmente di notte, a richiamare le falene che dovrebbero impollinarli.
I frutti sono follicoli che rimangono verdi a lungo sulla pianta; quando finalmente diventano marroni si aprono spontaneamente liberando semi alati.
Plumeria obtusa nei paesi tropicali è molto apprezzata per la forma attraente e per la magnifica fioritura ed è spesso utilizzata in prossimità di luoghi di culto o di cimiteri in quanto secondo i malesi e gli indiani la caratteristica di fare cadere i suoi fiori bianchi al mattino rappresenterebbe un’offerta per i morti, tanto da essere chiamata Singapore graveyard flower tree   o Fiore del cimitero; perciò, così come da noi per i crisantemi, pur apprezzandola non molti in quei luoghi  sono propensi a tenerla nel giardino di casa.
Non sono molte le cultivar di Plumeria obtusa coltivate: quella comunemente chiamata Singapore è la specie tipo; della stessa c’è una variante rosa denominata “Singapore pink” . L'anno scorso tra le tante plumerie della collezione Bufalino ho fotografato una cultivar di obtusa dai fiori rosa pesca di estrema bellezza.
Ne esiste poi una variante riconosciuta da The Plant List che è Plumeria obtusa var. sericifolia che evidentemente, dato l'attributo specifico, è più pelosa.
Sono riuscita a convincervi?  Spero di si ma non importa, la decisione è presa:  Plumeria obtusa è quest'anno  la reginetta della mia estate.
 


domenica 16 agosto 2020

Petagna: tutto si fa per te!

Sulle tracce della Petagnaea gussonei
un raro endemismo siciliano
Chi poteva mai dirlo che doveva essere Luca, un padovano, spinto giù in Sicilia dalla sua passione per le piante spontanee, a farmi conoscere in questi giorni d’agosto persone, luoghi e soprattutto piante rare che non avevo mai avuto modo di vedere a casa mia? Nei pochi giorni della sua frenetica vacanza: Iblei, Etna, Nebrodi, Madonie sono stati meta di un tour delle rarità vegetali sicule, stancante ma coinvolgente perché svolto tra persone accomunate da una stessa passione che ci ha spinti in macchina a macinare chilometri su chilometri per strade da dimenticare, al solo scopo di potere fotografare qualche raro vegetale, che oggi c’è e domani chissà, preda della precarietà della propria fragile condizione vegetale.
Luca è sceso dal Veneto con le idee ben chiare: " Voglio fotografare specie endemiche siciliane, possibilmente rare, la cui conoscenza è bagaglio basilare per un buon intenditore della flora spontanea isolana: Zelkova sicula, Betula aetnensis; Celtis tournefortii, Abies nebrodensis ma anche Aquilegia sicula, Pilularia minuta e, dulcis in fundo, Petagnaea gussonei specie erbacea definita rarissima da Girolamo Giardina nel suo libro sulle Piante rare della Sicilia.
Zelkova sicula; Betula aetnensis; Celtis tournefortii; Abies nebrodensis
Per soddisfare l’ esigente curiosità di Luca ci siamo dovuti impegnare in due: io e Michele Torrisi, un amico che negli anni della pensione, seguendo la passione per la fotografia, di piante rare, tra le spontanee siciliane, ne ha immortalate parecchie, potrei dire quasi tutte, fotografate più e più volte nelle diverse stagioni, per avere l’intera gamma di particolari, dal fiore al frutto. 
Di tutte le specie che siamo andati a fotografare non avevo mai sentito parlare della petagna, specie erbacea che vive in poche stazioni tutte concentrate sul versante tirrenico dei Nebrodi nei comuni di Longi, Galati Mamertino, Tortorici, Ucria e pochi altri ancora.
Per poterla vedere in situ siamo andati a trovare a Longi il professore Salvatore Migliore, farmacista ed ex insegnante di scienze, profondo conoscitore della flora spontanea del suo territorio compreso tra i boschi dei Nebrodi e le Rocche del Crasto. La sua esperienza lo ha portato a realizzare, da quando è andato in pensione circa quindici anni fa, nel garage soppalcato di casa sua (ma il termine garage è riduttivo), un vero e proprio museo di scienze naturali con tanto di teche e vetrinette che espongono in modo didattico campioni di legno, foglie e frutti delle principali specie arboree presenti nel comprensorio, una collezione in vitro di orchidee, insetti tra cui molte interessanti farfalle, mammiferi ed uccelli impagliati nonché un repertorio fotografico da lui realizzato che illustra le specificità botaniche del Parco dei Nebrodi. 
Tra tutti i reperti un posto di primo piano spetta alla petagna a cui il Professore ha  intestato il nome del suo Centro Naturalistico Nebroideo.
Chi meglio di lui, dunque, ci poteva introdurre alle peculiarità di questa rarità botanica?
"La petagna ( Petagnaea gussonei) è una specie che appartiene alle   ombrellifere, famiglia che oggi viene chiamata delle Apiaceae; fu scoperta intorno al 182o da Giovanni Gussone che dal 1817 al 1820, nominato da Francesco di Borbone, fu direttore dell’Orto Botanico Sperimentale di Boccadifalco a Palermo. Dovendo dare un nome alla specie, Gussone che era napoletano, la dedicò ad un suo conterraneo Vincenzo Petagna attribuendole il nome scientifico di Petagnaea gussonei cioè Petagna di Gussone".
"La specie  è una pianta erbacea non più alta di 40cm che possiede un rizoma sotterraneo con delle radichette sottili immerse nel fango; le foglie hanno lamina palmata tetra o penta lobata con un picciolo fogliare privo di peli in posizione centrale ed emanano un odore di sedano; rispetto alla specie Sanicula europaea con cui inizialmente veniva confusa tanto da essere denominata “falsa Sanicula”, si nota la mancanza di pelosità delle foglie e la posizione del picciolo che non è eccentrico"
 
Petagna (foglia grande), Sanicula (foglia piccola)
Nel periodo da marzo a maggio, secondo l’altitudine della stazione, fiorisce e lo stelo fiorale ha la caratteristica di dividersi sempre in due.
All’apice di questo stelo si viene a formare l’ombrella di fiorellini che sono grandi come la capocchia di uno spillo ed hanno una particolarità che ne fa datare l’origine all’era Cenozoica, intorno a trenta milioni di anni fa; presentano infatti un fiore femminile e quindi l’ovario attorniato da tre fiori maschili per cui si pensa ad una forma di autoimpollinazione ancestrale.
 
La petagna si localizza e vegeta in zone boschive dove vi è ruscellamento d' acqua che deve essere fredda e pura, traendo nutrimento dal substrato melmoso.
 
In assenza d’acqua la pianta che è erbacea perde di turgore cellulare e si affloscia. Per la sua rarità è stata inserita nell’Elenco delle Specie da proteggere emanato dal’I.U.C.N. nella Convenzione di Berna, nonché è presente in varie liste rosse redatte con finalità di protezione di specie a rischio di estinzione.
Professore come è iniziata la sua conoscenza con la petagna?
"Una ventina di anni fa uno mio studente mi disse: “Professore la conosce la petagna? ed io fui costretto a dire: no!” da allora abbiamo esplorato tutti i torrenti ed i corsi d’acqua della zona e su Longi abbiamo trovato 4-5 stazioni ma purtroppo non c’è molta attenzione; ad esempio una popolazione viveva in montagna  lungo lo sgrondo che porta acqua in un tombino; il comune lo ha fatto ripulire svuotandolo di tutte le piante presenti compreso la petagna. Io ho cercato di ripristinare lo scolo facendo arrivare acqua alle poche piante rimaste, sperando che la stazione si possa in qualche modo ripristinare ma è difficile che la popolazione si riprenda; in extremis, però ho prelevato un pezzettino di radice che mi sono portato a casa dove ora ho due magnifici vasi di petagna...domestica".
 
Su di una vecchia panda di quelle capaci di macinare chilometri su sterrato facendo mangiare la polvere ai moderni fuoristrada, in un bosco di cerri e faggi secolari ci avviciniamo alle Case Mangalaviti e superatele di poco, a breve distanza dalla strada, al rumore di un fresco scorrere di acque ne troviamo una stazione. 
La petagna è una presenza molto discreta di questi luoghi montani tanto che senza la guida esperta del Professore Migliore non sarei riuscita di certo ad individuarla; entità botanica “rarissima” dice il Giardina della petagna ed in effetti appare labile la sua presenza nei luoghi visitati; basterebbe un intervento umano scarsamente ponderato, un pascolamento imprevisto, una frana o in prosciugamento del corso d’acqua e la popolazione tenderebbe inesorabilmente a scomparire. Ma la divulgazione, la conoscenza e la passione possono fare molto per proteggere questo vulnerabile vegetale ed ora che ho conosciuto il Professore che della petagna si è auto eletto tutore penso che al momento la specie non potrebbe contare su di un custode migliore. 

domenica 9 agosto 2020

Il Giardino di Villa Pennisi ad Acireale

In questi non tanto caldi giorni d’estate, dal 2 al 13 agosto, si sta svolgendo ad Acireale la manifestazione Villa Pennisi in Musica, un’iniziativa che da 12 anni vede impegnata la famiglia Pennisi nell’organizzare, all’interno del proprio palazzo e nel giardino ma anche in alcuni luoghi simbolo della cittadina come la Piazza Duomo e la Cattedrale, una manifestazione musicale di risonanza internazionale in nome di Francesco Pennisi, compositore raffinato che ebbe un importante ruolo nel panorama della musica italiana d’avanguardia del Novecento; pittore e illustratore, poeta e romanziere, un artista a tutto tondo che Acireale ha di fatto ignorato fino a che la famiglia non è riuscita, in suo onore, a coinvolgere  la cittadinanza in una kermesse musicale che presenta un calendario di eventi di altissimo livello musicale. 
L’edizione di quest’anno prevede concerti in vivo ed in streaming e avrà un evento dedicato ad Ezio Bosso, compositore recentemente scomparso, che a Villa Pennisi è stato più volte ospite nelle precedenti edizioni. Il festival ha in cartellone anche una Summer School per musicisti, designer e architetti (che realizzano ogni anno un palco acustico in legno)  con docenti di prestigiose facoltà.
Non avendo le dovute competenze per parlare di musica e di architettura vorrei raccontare invece la storia del Giardino di Villa Pennisi che per interesse culturale e botanico meriterebbe da solo una visita, anche in giorni diversi dalla manifestazione musicale, come ho fatto io in giugno in occasione di una Giornata del FAI.  
La famiglia Pennisi iniziò le sua fortuna ad Acireale, a partire dai primi decenni del Settecento, commerciando in stoffe e tessuti di pregio che realizzava in modo innovativo seguendone tutta la filiera a partire dall’allevamento del baco da seta fino alla commercializzazione del tessuto finito. Il commerciò rese solido il patrimonio della famiglia che si accrebbe negli anni con l’acquisizione di terreni, fondi agricoli e di miniere con annessi titoli nobiliari.
Il personaggio chiave della storia della Villa e del Giardino è Agostino Pennisi Barone di Floristella che, nel 1861, alla morte del padre eredita titoli e beni di famiglia. Agostino possedeva un notevole spirito imprenditoriale ed invece di accontentarsi di far fruttare il patrimonio cominciò un’azione di ammodernamento in tutti i settori di interesse della famiglia a cominciare dai macchinari utilizzati nelle miniere, alla realizzazione di una tratta ferroviaria per il trasporto dello zolfo dalla Miniera di Floristella (Valguarnera) sino a Catania, alla sistemazione di alcune raffinerie vicine alla stazione dove lo zolfo doveva essere lavorato; fu, inoltre, filantropo e mecenate di molte istituzioni culturali e di assistenza a donne, poveri e anziani.
La sua idea più innovativa tuttavia, riguardò lo sviluppo turistico di Acireale, un paese caratterizzato da una invidiabile situazione climatica e paesaggistica essendo affacciato sul mare della Timpa e con l’Etna alle spalle e che, con la realizzazione della stazione ferroviaria avvenuta nel 1867, era entrato in collegamento con Messina e Catania e dunque anche con le tratte ferroviarie del Nord Italia.
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Il colpo di genio del Barone Pennisi, fu immaginare il futuro di Acireale come stazione termale. Infatti a poca distanza dalla cittadina, in un’ area archeologica chiamata Santa Venera al Pozzo, esistevano da epoca romana delle terme che sfruttavano una sorgente termale sulfurea molto rinomata per le sue proprietà benefiche. 
Il Barone pensando in grande decise di convogliare le acque, con un sistema di captazione sotterranea lunga tre chilometri, fino ad una sua proprietà adiacente la nuova stazione ferroviaria, dove fece costruire in stile neoclassico dall’architetto Mariano Falcini, utilizzando standard costruttivi di eccellenza per l’epoca, un Centro Termale e un grande e lussuoso albergo chiamato Grand Hotel des Bains con annesso giardino.
Pensò pure di realizzare una piccola Stazione delle Terme per accogliere la clientela selezionata e un castello neogotico come abitazione privata affidandone la progettazione all’architetto palermitano Giuseppe Patricolo; infine per  l’avvio dell’iniziativa lanciò una grande campagna pubblicitaria in occasione dell' Esposizione Universale di Vienna per fare conoscere a turisti benestanti di tutta Europa la nuova località alla moda.
L’inaugurazione dell’intero impianto ebbe luogo il primo maggio 1873 ed i turisti non mancarono. Furono ospiti dell’albergo vari principi e re e anche Wagner che vi trovò ispirazione per completarvi il Parsifal. 
Il giardino dell’albergo così come il parco intorno alle terme doveva favorire lo svago degli ospiti nelle ore più fresche della giornata e fu concepito sul modello dei giardini eclettici di acclimatazione di piante esotiche che in Sicilia, soprattutto a Palermo, andavano molto di moda in quegli anni; per realizzarlo furono ordinate palme ed altre specie tropicali come strelitzie, grevillea,  ceiba provenienti anche da oltre Oceano approfittando del notevole miglioramento dei trasporti navali a vapore; in un giardino siciliano tuttavia non potevano mancare gli alberi da frutto e gli agrumi il cui profumo di zagara si mescolava all’aroma dei gelsomini per imprimere negli ospiti, anche da un punto di vista olfattivo, le suggestioni di un angolo di Sicilia. 

Nel giardino erano, poi, dislocate piccole costruzioni per intrattenere gli ospiti come un salottino  di forma ottagonale dove prendere il the, decorato con specchi e pitture e che esternamente presentava, su un fianco, una piccola colata lavica a formare una grotta; all'esterno  una scala portava ad una terrazzino da cui si godeva della vista dell’Etna; erano presenti ancora un’aranciera per il ricovero dei vasi in inverno, una voliera, un romantico gazebo in ferro battuto, fontane e quant’altro potesse favorire il connubio tra il soggiornare per la  salute del corpo ma anche per il piacere dello spirito.
Purtroppo il Barone Agostino Pennisi di Floristella morì nel 1885 e le Terme cominciarono a subire un progressivo declino per la concorrenza sempre più forte di Taormina e per l’approssimarsi della prima guerra mondiale. Nel 1951 l’intero complesso termale fu venduto dalla famiglia Pennisi allo Stato e parte dell’albergo venne utilizzato da un ramo della famiglia come residenza privata.

Il Giardino oggi
Cosa è rimasto del giardino del Grand Hotel des Bains ai giorni nostri? Il giardino rispetto all’impianto originale ha subito una serie di stravolgimenti legati all’utilizzo del luogo per lo svolgimento di cerimonie ed eventi pubblici. L’impianto originario all’italiana, con vialetti a ciottoli bicromi ed aiuole delimitati da siepi di bosso, è stato modificato per lasciare spazio ad un prato anonimo ma senza dubbio più scenografico per i set fotografici nuziali. 

Rimane tuttavia di grande interesse la presenza di alcune componenti arboree risalenti all’impianto originale come palme, araucarie, cedri del Libano con esemplari che hanno assunto dimensioni molto ragguardevoli, modificando di fatto le prospettive originali.  
Phoenix reclinata




Il fiore all’occhiello del giardino è rappresentato da due eccezionali macchie di Phoenix reclinata, una palma a crescita molto lenta che ha la particolarità di accestire formando gruppi di piante i cui stipiti sottili tendono a crescere in modo arcuato. 
Yucca guatemalensis
Imponenti le dimensioni raggiunte da un bell’esemplare di Yucca guatemalensis che occupa vasta parte del giardino e molto interessanti alcuni esemplari di grande dimensioni di Phoenix robelenii, Livistona chinensis,  Cycas revoluta, Howea forsteriana e Nolina longifolia.

Cycas revoluta, Livistona chinensis, Howea forsteriana

Purtroppo molti degli esemplari ( 32) di Phoenix dactilyfera e Washingtonia robusta che avevano raggiunto dimensioni ragguardevoli sono stati tagliati negli ultimi anni perché colpiti dal punteruolo.

E’ di grande effetto decorativo il gazebo ottagonale  in ferro battuto con eleganti decori geometrici e floreali ed  il tetto in lamiera, oggi coperto da glicine e falso gelsomino;  circondato da cinque alte Washingtonia robusta  rappresenta il centro nevralgico del giardino.

Clivia nobilis, Liriope muscari, Monstera deliciosa, Nephrolepis umbellata, Musa sp., Brugmansia versicolor
Rimangono a ricordo del passato piante di specie vegetali che erano  abituali presenze dei giardini siciliani di una volta come:  Clivia nobilis, Brugmansia, Liriope muscari, Alocasia macrorrhiza, Chlorophytum comosumNephrolepis umbellata, Monstera deliciosa, Chamaedorea elegans, Musa, ed anche un esemplare di Araucaria heterophylla che era tradizione piantare alla nascita di un figlio maschio perché la pianta segnava la crescita del bambino facendo un palco di rami ogni anno. 
Visto che le occasioni di vedere il giardino non sono tante, occorre approfittare dalla manifestazione Villa Pennisi in Musica per poterlo visitare ed è un'occasione che vi consiglio di non mancare: ascoltare musica, passeggiare, annusare l’aria profumata che di sera pervade il giardino è, infatti, il modo più adatto per rendere omaggio ad una famiglia di uomini visionari che in tempi e modi diversi, chi con le Terme ed i Giardini, chi con la Musica, hanno provato a cambiare il volto e la mentalità del loro piccolo paese natale.

P.S. Mi è stata di grande aiuto per la stesura del post la consultazione della seguente tesi di laurea: Adelaide Nicolosi, I giardini del Complesso delle Terme di Acireale, Università degli studi di Catania, Facoltà di Agraria, Corso di Laurea in Scienze e Tecnologie Agrarie; Relatore Prof. Daniela Romano, 2011-2012.


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