sabato 17 agosto 2019

A Pozzallo una plumeria rosa shocking

Che in Sicilia il clima stia diventando tropicale lo si può capire non soltanto dal fatto di non riuscire più a vivere in estate senza stare incollati ad un climatizzatore ma anche per la vegetazione che cambia, assumendo caratteri di mondi climaticamente caldi e lontani. Se un tempo aranci e limoni profumavano le campagne lungo le coste siciliane oggi mango, annona, litchi e banani sono sempre più presenti nei nuovi impianti realizzati sull’isola ed anche nei giardini ibischi e bougainville sono oramai roba da clima padano.
Le nuove condizioni climatiche registrate sull'isola consentono, infatti, di coltivare all’aperto specie dai nomi esotici come tipuana, firmiana, stenocarpus, hovenia, sapindus, amelia o achetaria.
Per alcune specie esotiche l’acclimatazione in Sicilia non è cosa recente: prendiamo ad esempio la plumeria, coltivata come specie in vaso ed in piena terra dalla fine dell’Ottocento.
Grandi esemplari della varietà 'Palermitana' sono presenze abituali nei giardini a mare dell’isola ma le varietà a fiore rosso, rosa, giallo o arcobaleno, le cosiddette Pagoda tree dei templi orientali, coltivate in piena terra, sono state sino ad oggi un desiderio botanico inappagato, surrogato con la coltivazione di piante in vaso da proteggere con ogni riguardo dai rigori del tiepido inverno mediterraneo. 

JL Dane, Red Pagoda, Dragon Tears, Butterfly Gold, Gina
Ma ogni regola ha le sue eccezioni ed infatti a Pozzallo, un paese del ragusano affacciato sul mare, c’è un anziano esemplare di Plumeria rubra i cui fiori, di un intenso colore rosa shocking, richiamano numerosi estimatori per vedere ed annusare dal vivo questo magnifico albero di plumeria che tutti chiamano ‘Pozzallo pink’.


Si tratta di un esemplare di circa quarant’anni d’età accudito dalla famiglia Carbone che se lo guarda a vista; i fiori sono rossi nella tonalità del fucsia con un piccolo centro giallo; invecchiando sbiadiscono assumendo una colorazione rosata.
Foto di Antonio Butera
Il profumo è dolce e mielato e le foglie di non grandi dimensioni sono di un colore verde molto intenso. E’ una pianta estremamente fiorifera e questo carattere si mantiene anche nella numerosa progenie ottenuta da talee.

 
In un giardino poco più in là c’è la pianta madre che ha una decina d’anni in più; la progenitrice non è in buono stato di salute perché qualche hanno fa, mi racconta la signora Carbone, ebbe una brutta disavventura: un automezzo del comune che distribuiva antiparassitario per le strade, si trovò a sostare a lungo davanti l’aiuola che ospitava la pianta provocandone all’istante il completo disseccamento di tutte le foglie. A dimostrare tuttavia, la resistenza della cultivar, la pianta negli anni si è ripresa ed è di nuovo in fioritura anche se l’aspetto generale al momento non è particolarmente lussureggiante. 
Per capire da dove  sia arrivata la pianta madre presente a Pozzallo e di quale varietà di Plumeria rubra si tratta ho sentito vari amici esperti come Antonio Butera e Francesco Bufalino, entrambi collezionisti e Giampietro Petiet dei vivai Sun Island Nursery; la varietà sembrerebbe originaria del Bacino del Mediterraneo essendo presente con grandi esemplari in Israele ed in nord Africa ed in passato anche in Sicilia dove negli anni 60 erano presenti tre esemplari a Siracusa in prossimità di un ufficio coloniale che teneva i contatti con le colonie italiane in Africa; da ricordi di Bufalino, che sulla pianta di Pozzallo ha effettuato, in passato,  taleaggio per un vivaio di Siracusa, sembra che proprio a Siracusa la pianta di Pozzallo sia stata comprata. Come avviene spesso nel campo delle specie che hanno grande variabilità genetica, una stessa varietà sino a che non è  stata registrata, se propagata, viene spesso chiamata con nomi diversi ecco perché le piante ottenute da talee prelevate sulla pianta di Pozzallo sono state chiamate anche con i nomi di 'Red pendulant' e 'Francesca' ( l’ha chiamata così il collezionista Bufalino); su informazione di Petiet apprendo , inoltre , che della varietà ne è stata fatta la registrazione  con il nome ufficiale di  Carmel Tango anche  se nella lista aggiornata delle 503 cultivar registrate presso l'Associazione Americana della Plumeria (P S A)  questa varietà non compare e non è mai stata proposta; la denominazione 'Pozzallo pink'  ha dunque connotazione locale, circostritta alle due piante presenti nel paese siciliano. 

Nonostante il fascino esotico di questo esemplare arboreo di Plumeria rubra, tuttavia, a Pozzallo, c’è chi non ne capisce appieno il valore  monumentale se, come racconta la famiglia Carbone,  l’anno scorso, il Comune ha inviato un'ingiunzione per procedere al taglio di quella parte di chioma sporgente sulla strada per consentire una più facile manovra agli automezzi spazzatori del Servizio ecologia. Tagliare la chioma di un simile esemplare è pura follia e infatti i proprietari hanno fatto,  sino ad oggi,   resistenza passiva; hanno sfoltito un poco ma la pianta ha recuperato alla grande ed in questi giorni d’estate ha una vegetazione fitta ed una fioritura ridondante; per il resto un motociclo della famiglia sosta perennemente sotto la chioma a protezione del gioiello di famiglia.
Non venisse in mente a qualche solerte operatore ecologico del Comune di parcheggiare l’autocompattatore proprio li.
 
In catalogo in questo vivaio qui:
 
 

sabato 3 agosto 2019

Il verde “fai da te” nella mia città

Il caso dell’Alocasia macrorizzhos

La città in cui vivo è un luogo in perenne dissesto finanziario; qualunque sia il colore dell’amministrazione che la gestisce ci sono sempre enormi debiti pregressi, zavorra ineludibile di cattive gestioni del passato; se il Comune non riesce ad assicurare servizi essenziali come l’assistenza agli anziani e ai disabili, figurarsi se ci sono soldi per la manutenzione o peggio ancora per l’incremento e la valorizzazione delle aree a verde. 
Sito immagine
Succede allora che cittadini volenterosi e particolarmente motivati si sentono autorizzati a darsi da fare con il metodo  "Fai da Te",   attuando interventi autarchici di landscaping urbano. E’ questo, ad esempio quello che è successo in una piazza periferica di città, un tempo borgo esterno alle mura, deputata oggi a ritrovo di anziani, bambini e padroni di cani per la poca erba stentata, miracolosamente innaffiata da mal funzionanti irrigatori.
In un angolo della piazza, lato est, ci sono dei gazebo, luogo di ritrovo di pensionati dediti al gioco delle carte che vi rimangono sino a sera; accanto a queste aree di sosta il Comune ha realizzato quattro aiuole rettangolari nelle quali in origine erano stati messi a dimora dei cespugli di rose di varietà adatte per il verde di città. 
Purtroppo in estate non una goccia d’acqua è arrivata a bagnare le nuove piante  ed i riquadri di terra nel volgere di una sola stagione sono diventati lande desolate dove svolazzano carte, volantini e plastiche in fuga dai cassonetti posti li vicino.

Allora, per rendere meno deprimente l’area di gioco alcuni assidui frequentatori dei gazebo, si sono improvvisati giardinieri mettendo a dimora, negli spazi comunali, le piante che in casa coltivavano in vaso. 
Le aiuole si sono, così, ripopolate di piante abituali di luoghi inospitali come yucche, euforbie, agavi, pale di fico d’india, portulacarie, oleandri, in un accozzaglia verde, confusionaria e casereccia. 
Anche la piazza più grande li vicino, che di per se ha palme, jacarande e grevillee di tipo istituzionale, è punteggiata da nuovi impianti: lì una Opuntia cylindrica; poco più oltre un giovanissimo carrubo sostenuto da un’asta di profilato metallico utilizzata come tutore, più oltre ancora un piccolo Ficus rubiginosa che fra cinquant’anni, crescendo come sa fare lui, avrà fagocitato l’intera piazza. 
 
Ma fra tutte le piante di provenienza privata  quella che trovo più da “guerrilla green” è una pianta di Alocasia macrorizzhos , una specie asiatica dalle grandi foglie che ama l’acqua, utilizzata in Sicilia, nei giardini storici, insieme alla consimile Colocasia, per abbellire  vasche e fontane.
 
Nella Piazza del Borgo l’alocasia è stata messa a dimora in un posto meno nobile, a ridosso del muro esterno dei bagni pubblici, chiusi da tempo; la pianta in questione in questo luogo improbabile ha avuto, tuttavia, una crescita esuberante e felice.
Purtroppo, come spesso accade, la storia di questa pianta non è a lieto fine perché l' Alocasia macrorizzhos qualche giorno fa è stata presa a mazzate dal vandalo di turno: le belle foglie maciullate sono state sparse ai quattro venti ed il fusto carnoso è stato parzialmente divelto dal terreno.
Ero convinta, in questo Far West urbano, che nessuno ci avrebbe fatto caso ma invece ritornando oggi con il cane sul luogo del delitto ho visto i segni di un pietoso soccorso vegetale: fusto reinterrato, monconi di foglie ben recisi ed un anziano in polo a righe che dopo avere riempito una bottiglia alla fontana dava acqua ai poveri resti dell’ alocasia vandalizzata.
Ora che mi fermo a riflettere non so decidere cosa sia giusto e cosa sbagliato: essere grata al pensionato coltivatore che senza alcuna autorizzazione cerca di sostituirsi nella cura e nella manutenzione del verde a chi istituzionalmente ne ha la funzione o deprecarne l’azione che non fa che aumentare lo stato di totale disorganizzazione in cui versa la città ?



 
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