Tra le tante definizioni di giardino che mi è capitato di leggere ed annotare ce n’è una che mi pare descriva bene il giardino che vi voglio raccontare; si tratta dall’incipit del libro di Umberto Pasti “Giardini e no”: “Un giardino è un luogo dove l’uomo coltiva alberi, cespugli, fiori ed ortaggi per suo uso e diletto. Il giardino somiglia a colui che lo ha ideato”. Ed infatti visitando il giardino di Vera che è anche un poco orto, un poco roseto ma pure frutteto e vigneto, si colgono molti aspetti del carattere di chi lo ha realizzato: razionalità, tecnica, ordine, da un canto ma, al contempo, un’impronta romantica e sognatrice dall'altro, in una miscela di competenze ed emozioni che derivano dall’essere, Vera, un agronomo che conosce ed applica le più innovative tecniche di coltivazione, sperimentate nei campi della Facoltà di Agraria presso cui lavora e che trasferisce alle produzioni agricole che realizza sul suo piccolo fazzoletto di terra; ma anche collezionista competente di ortensie e di rose, giardiniera curiosa di provare e sperimentare arbusti da fiore comprati in giro per vivai o di ripescare vecchie specie ornamentali un tempo diffuse nei giardini siciliani padronali.
Nel giardino convivono perciò, in un felice connubio, il pragmatismo della tecnica agricola ed il sentire romantico di chi ha sognato i paesaggi inglesi sui libri della Austen; ha letto tutto della Sackville-West e immagina di poter trasformare il suo buen retiro siciliano in un cottage garden all’inglese. Con grande difficoltà e perseveranza, aggiungo io, perché il giardino di Vera è assai lontano dalle brume inglesi trovandosi in Sicilia nel comune di Linguaglossa, paese pedemontano alle falde dell’Etna, famoso sia per le fitte pinete un tempo sfruttate economicamente per l’estrazione della resina, che per il vino Etna DOC ottenuto da vigneti autoctoni (Nerello Mascalese e Nerello Cappuccio) impiantati sui terreni vulcanici. E’ un luogo di dolce campagna alla periferia del paese dove le macchie spontanee di roverella e ginestra fanno da confine agli sparsi coltivi, con l’Etna, sullo sfondo che modula una inquietante colonna sonora fatta di ininterrotti boati e borbottii.
Vera come è cominciata la storia del tuo giardino?
“Dopo avere ricevuto in regalo dai miei genitori questo vigneto, impiantato da mio nonno, io e mio marito abbiamo dovuto lavorare sodo per recuperare le piante in abbandono e i danni provocati da incendi che avevano colpito la proprietà partendo dalla boscaglia intorno. Fedele al motto che “la campagna deve dare frutto” ho cominciato a piantare tutto quello che dalle nostre parti è uso coltivare per il consumo familiare, avendo come limite la superficie che è poco più di un ettaro e la scarsa disponibilità idrica che ci fa penare in estate nonostante la presenza di un pozzo ed una condotta idrica di servizio; abbiamo impiantato olivi, un piccolo vigneto, fichi d’india, noccioli, alberi da frutto ed un piccolo orto.
Il fondo non è servito da corrente elettrica per cui, pur avendo riattato una casetta per tenere gli attrezzi da lavoro e per riposare, godendoci i tramonti sull’Etna, appena fa buio ce ne torniamo a casa che dista solo dieci minuti di strada in macchina”.
"Mio marito, che è in pensione viene tutti i giorni e si dedica all’orto ed al frutteto mentre io, che ogni giorno faccio la spola Linguaglossa - Catania per il mio lavoro all’Università, trascorro qui, tutto il mio tempo libero nel fine settimana".
Adotti tecniche di coltivazione particolari?“La mia prima regola di coltivazione è cercare di ridurre gli input esterni, facendo interventi mirati; i primi anni non volevo neanche sfalciare l’erba ma con le graminacee il rischio di incendio è troppo alto; non lavoriamo il terreno ma passiamo una sola volta la falciatrice dopo che le specie spontanee sono andate a fiore lasciando però i residui al suolo con un effetto pacciamante. Al posto del prato abbiamo fatto crescere il trifoglio ed in primavera è tutto un ronzare di api che fanno incessantemente la spola”. Ed in effetti camminare tra le balze dei muretti a secco che degradano vero il boschetto di roverelle è, da Vera, un’esperienza sensoriale per il profumo che si sprigiona ad ogni passo calpestando piante spontanee di nepetella e di menta selvatica.
Mi racconti del tuo interesse per le ortensie e le rose?
"La mia passione per le ortensie precede quella per le rose che è sopraggiunta in un secondo momento; ho cominciato a coltivare le ortensie in vaso comprando le varietà che più mi piacevano da vivai specializzati come Borgioli o Anna Peyron; d’inverno le tenevo al sole nel cortile di casa per spostarle all’ombra in estate; poi cinque anni fa, quando abbiamo cominciato a sistemare la campagna, le ho messe in piena terra cercando per loro un posto che fosse ombreggiato, ma non troppo, lungo il confine a ridosso del bosco".
"Amo le ortensie è ne ho tante varietà sia di Hydrangea macrophylla (Hanabi, Otaksa’, Izu no hana; Ayesha , Green Shadow, Etoile Violette, Jogasaki) che di Hydrangea paniculata (Annabelle) e di Hydrangea quercifolia (Snowflake). Il problema colturale delle ortensie è che vogliono molta acqua; ho previsto per loro un impianto di irrigazione a goccia ma a dirla tutta cerco di abituarle alla parsimonia".
"In inverno tolgo tutti i fiori e le accorcio un bel po’ e siccome mi dispiace buttare via i rametti, ne faccio talee che distribuisco in vari angoli della campagna".
Come sei arrivata a coltivare rose?
"Appassionata di ortensie, alle rose non avevo mai pensato anche perché io coltivavo in vaso e le rose non sono adatte a questo tipo di coltivazione. Quando cinque anni fa ho potuto disporre della campagna ho cominciato a fare i primi esperimenti partendo con due ibridi di Rosa wichuraiana, 'Albertine' ed 'Aloha' e ho continuato sino ad oggi a provare scegliendo soprattutto tra le rose botaniche ed antiche che hanno una sola fioritura primaverile ed i fiori profumati o anche tra le rose moderne, rifiorenti, ma con i fiori dal carattere antico".
"Ho distribuito rose lungo le recinzioni e sul muro della casa, vicino al pozzo, nell’aiuola ad archi , nella pianura sotto il ciliegio o nel giardino dei susini, in testa al vigneto o ai lati dell’ingresso principale provando più di una dozzina di specie (R. weichuraiana, R. bracteata, R. Noisette, R. alba, R. gallica, R moschata, Rose Bourbons, R. Portland, R. damascena, R. banksiaea, R. cinese, R. sericea pteracantha, R. rugosa, R. roxburghii ‘plena’ e molti ibridi di rose moderne per un totale di oltre ottanta varietà".
Hai qualche vivaio di riferimento?
"Ho fatto tante prove perché nel nostro clima non tutte le specie e le diverse varietà che sono dichiarate potenzialmente adatte hanno avuto una buona riuscita. Ho comprato rose da Mondorose ('Albertine', 'Aloha', 'Belle Vichyssoise', 'Costance Spry', 'Canary bird') da Rosebacche ('Aimée Vibert', 'Duchesse d’Angoulême') da Novaspina, ('Compassion', 'Irene Frain Masirfa', 'Parc de Maupassant', 'Vertigo' ) da Nino Sanremo ('Great Maiden’s Blush 'o Cuisse de Nimphe; R. banksiae 'Purezza'), dal vivaio La Campanella e tra i vivai stranieri ho acquistato da Meilland e dal catalogo di David Austin".
Quali sono le tue rose preferite?
"Scelgo sempre rose che abbiano tonalità del bianco, del rosato o per contro, del rosso accesso mentre non ho neanche una rosa gialla. Le rose antiche sono le mie preferite perché anche se effettuano una sola fioritura questa è sempre molto abbondante e per profumo e forma del fiore trovo queste rose insuperabili.
Tra le rose che mi hanno dato maggiore soddisfazione: 'Costance spry', una rosa moderna di David Austen che non è rifiorente ma fa una fioritura eccezionale per abbondanza di fiori dal profumo non molto intenso; forma un grande arbusto, con un vigore terribile; è una rosa bella che ricaccia sempre dal basso e che sto guidando a ricoprire un archetto essendo una rosa climber i cui rami si possono piegare; è una rosa sicuramente adatta al nostro clima.
'Albéric Barbier' è un ibrido di Rosa wichuraiana che ho messo a ricoprire un muro a secco lungo il confine ad est; ha un bel fogliame lucido che si stende sul pietrame in modo lussureggiante. I fiori, che si aprono in boccioli appuntiti di colore giallo chiaro, sono doppi, un poco quartati e ricordano le gardenie, con un profumo dolce ma lieve.
'Purezza', un ibrido di Rosa banksiae che sto facendo arrampicare sul pergolato davanti al pozzo; ha mazzi di fiori stradoppi di un bianco puro, senza spine come è caratteristica delle rose banksiae; la bellezza dei fiori si fa perdonare l’assenza di profumo. 'Mme Isaac Pereire' del gruppo delle Rose Bourbons, è tra le rose più profumate che esistono ed è anche coltivata per ottenerne l'essenza; l ‘ho sistemata nella pianura vicino ad un albero di fico che le fa mezz’ombra; ha grandi fiori, pesanti di un colore che va dal cremisi chiaro brillante, al rosso lampone".
"Pierre de Ronsard', una moderna che ha il fiore dalla forma antica di un delicato color rosa tenue".
"Di altre, invece, da cui mi aspettavo mirabilie ho avuto al momento solo delusioni come 'Mme Alfred Carriére' che è tre anni che l’ho messa a dimora ma non è cresciuta gran che o 'Mayor of Casterbridge' di Austin che viene descritta come rosa profumatissima che sviluppa in pochi mesi rami fino a tre metri di lunghezza ma che da me ha fatto una crescita ed una fioritura meschina".
Come immagini il tuo giardino tra qualche anno?
"Non vedo l’ora di vedere crescere tutte le piante che in questi anni ho messo a dimora; comincerò così a fare ordine selezionando solo le specie e le varietà che si sono meglio ambientate nel nostro clima dove l’estate tutto si ferma. Ma ho ancora tanti progetti e tanti acquisti da fare per la prossima stagione perché ho molte ortensie e rose da provare ma anche arbusti da fiore, fruttiferi, ortive.."
Non mi resta che aspettare la primavera per vedere le novità programmate da Vera ma questo luogo, un poco campagna ed un poco giardino è così gradevole in ogni stagione che, trascorsa l'estate, non mi farò mancare di certo l'occasione per un nuovo ritorno.