mercoledì 31 dicembre 2014

Tanti auguri sotto il vischio

Dopo un anno trascorso a parlare di verde insieme a tutti voi è il momento dei ringraziamenti. I  vostri commenti, le lettere, le foto, le vostre richieste sono per me  tra i ricordi più belli dell’anno che chiude.
Vorrei rivolgermi ad ognuno di voi per un saluto ed un abbraccio sotto il vischio come augurio di un anno migliore.
 



lunedì 29 dicembre 2014

La mostarda di fichidindia, lo snack dello sciatore

Foto di Turi Brisolese
Quando ero ragazza capitava in inverno  di andare a sciare; in Sicilia direte voi? Si, in Sicilia. Per chi ha la fortuna, come me, di vivere a Catania ogni stagione ha il suo divertimento: d’estate il mare e d’inverno, sull’Etna o sui Nebrodi, la neve. Non essendo amante della velocità lo sci che praticavo insieme ad un gruppo affiatato di amici era lo sci di fondo o meglio lo sci da escursionismo, un modo tranquillo di attraversare boschi innevati lontano dal caos delle stazioni affollate degli impianti di risalita.
Foto di Giuseppe Baglio
Se c’è neve, anche in Sicilia fa freddo ed ogni partecipante del gruppo si portava dietro alimenti energetici capaci di alleviare l’intirizzimento e la fatica:cioccolata, la fiaschetta con il cointreau, qualche dolcetto ed i più fortunati, quelli che avevano a casa qualche nonna capace di farla, la mostarda di fichidindia. Buona la mostarda, con un gusto ineffabile che avrei mangiato, senza accorgermene, in quantitativi industriali.

Da bravi amici si faceva scambio di assaggi ma, l’assaggio di mostarda non mi bastava mai. Ancora, oggi che è tanti anni che non vado più a sciare, associo al freddo e alla neve il ricordo di questa bontà la cui preparazione richiede tempi lunghi e pazienza antica. 
Sarà Turi, amico di tante sciate e fedele esecutore delle ricette di sua nonna Angelina a spiegarci tempi e modi necessari a preparare la mostarda di fichidindia:
"La preparazione della mostarda è abbastanza laboriosa e viene eseguita in agosto al tempo della raccolta dei fichidindia; per preparare la mostarda, infatti, non si usano i bastardoni, cioè i frutti ottenuti da forzatura e maturi in inverno, perché ritenuti frutti troppo pregiati e caratterizzati da una polpa più fibrosa. Si possono utilizzare indifferentemente fichidindia di diverse varietà purché sufficientemente maturi.

I frutti dopo essere stati sbucciati devono essere passati al setaccio al fine di eliminare i semi. A tale scopo lo strumento più idoneo risulta il passaverdure che deve essere usato in due tornate: la prima usando il disco a buchi più larghi, la seconda usando il disco a buchi più piccoli. Mia nonna utilizzava anche un canovaccio per la filtratura finale in modo da ottenere un succo privo di fibre e di semi.


Ottenuto il succo si passa alla cottura che deve procedere finché il volume si è ridotto di un terzo; da tre litri se ne ricavano due; meglio del vino cotto dove da tre litri se ne ricava uno soltanto. Durante questa operazione si possono aggiungere diversi aromi, a seconda dei gusti: mia nonna Angelina, metteva bucce secche di arancia (vanno seccate l’inverno precedente) altri mettono carrube, cioccolato, mele; comunque sia, tutte le aggiunte vanno rimosse a fine cottura. Durante la cottura, con la schiumarola, deve anche essere rimossa la schiuma che via, via si forma. Ottenuto il succo ristretto bisogna aspettare che si raffreddi quindi si aggiunge la farina a pioggia avendo cura di mescolare bene per evitare la formazione di grumi. La farina deve essere di grano duro, meglio evitare la doppio 0. Per 1 litro di succo si usano 110 gr di farina e un cucchiaio di zucchero. Chi volesse usare l’amido deve ridurre il peso a 90 gr per litro. L’amido da luogo ad una mostarda a grana più fine ma si ricordi che la tradizione preferisce la farina. Portare ad ebollizione sempre mescolando con un cucchiaio di legno a taglio diritto che raschi sul fondo della pentola.

La cosa più importante e più difficile è scegliere il giusto momento per interrompere la cottura. Ci sono tanti metodi empirici in materia; io, dopo insuccessi e parziali successi, ho messo a punto il seguente metodo: bisogna aspettare che il succo faccia dei vistosi “PLOP” e che schizzi e che la mostarda venga giù dal cucchiaio con difficoltà ed a pezzi grossi. Durante la cottura si deve aggiungere cannella in polvere q.b. e a secondo dei gusti. La mostarda è pronta!
 
Può essere consumata in due modi: fresca o fatta seccare. Per avere quella fresca, si mette in piatti e si copre, finché è calda, con un trito di mandorle o di pistacchi o di entrambi. Si mangia fredda. 
Sito immagine
Per quella secca il procedimento richiede impegno e pazienza- Occorre mettere la mostarda in piattini o nelle tradizionali formelle di terracotta ricordando che i contenitori devono essere bagnati prima di essere riempiti per facilitare il distacco e riprodurre il calco della formella. Per fare seccare la mostarda, bisogna metterla al sole coprendola con un velo (indicato quello da sposa) per proteggerla dagli insetti. Se il sole non dovesse essere sufficiente , per accelerare il processo di asciugatura ed evitare la formazione di muffa suggerisco di mettere la mostarda in forno a 50 C per 5/10 minuti e poi spegnere il forno e ripetere questa operazione con frequenza finché si raggiungerà una certa consistenza.
Foto di Turi Brisolese
Concludendo la mostarda fresca è di più facile realizzazione e deve essere consumata in breve tempo, quella secca invece dura fino alla prossima produzione..", se non ve la siete mangiata tutta, aggiungo io, andando d'inverno a sciare.


martedì 23 dicembre 2014

Le "cone" della Novena di Natale per#natalealverde

Dai tempi più antichi e fino agli anni 50, 60 del Novecento era tradizione nei paesi siciliani prepararsi al Natale partecipando ai riti dell’Avvento che avevano inizio la sera del 16 dicembre e si protraevano per nove giorni (Novena) sino alla notte della Vigilia.
Ogni sera, dopo la recita del rosario, ci si riuniva intorno alla “Cona”, un altarino posto per strada all’interno di un’edicola votiva o dentro una nicchia scavata nella facciata delle case terrane che raffigurava l’immagine (icona) della sacra famiglia e che era addobbata con tralci di asparago selvatico, fiocchi di cotone, alloro, foglie di arancio amaro, vischio e fiori ed illuminata da nove lumini che venivano accesi progressivamente nei diversi giorni della novena.
"Cone" ad Adrano
Raccolti in preghiera intorno alle “Cone” si ascoltavano le nenie del Natale (novene) eseguite da pastori che scendevano dalle montagne per cantare, accompagnati dal suono delle cornamuse, momenti della storia sacra, l’Annunciazione e l’adorazione dei Re Magi. Anche Verga descrive questo rito ne ”I Malavoglia”: dove così si legge: “Come s'avvicinava la novena di Natale, i Malavoglia non facevano altro che andare e venire dal cortile di mastro Turi Zuppiddu. Intanto il paese intero si metteva in festa; in ogni casa si ornavano di frasche e d'arance le immagini dei santi, e i fanciulli si affollavano dietro la cornamusa che andava a suonare davanti alle cappellette colla luminaria, accanto agli usci. ”.
La novena era generalmente suddivisa in quattro tempi  della durata di circa dieci minuti ciascuno. Nel primo tempo, veniva suonata una melodia popolare dedicata a Sant’Antonino, nel secondo, una in onore di San Giuseppe; il terzo tempo consisteva, perlopiù, in una serie d’invocazioni alla Madonna e ai Santi (a litanìa) e l’ultimo tempo era eseguito a piacere o del suonatore o del padrone di casa.
Era una festa di felice aggregazione, di attesa per un evento in cui si riponeva la speranza di un futuro migliore, di abbondanza e prosperità e per questo alle Cone si portava in offerta quanto di meglio in campo alimentare si potesse reperire in questa stagione come arance, mandarini, fichidindia e meli cotogni, nespole d’inverno e melograni insieme a dolci fatti in casa, cotognate, mostarde, fichi secchi, datteri, dati in offerta, la notte della Vigilia, allo zampognaro e ai poveri del quartiere.

Sito immagine
In molti paesi della Sicilia, un poco per folclore un poco per tradizione si rinnova ancora oggi il rito della Novena ed è bello partecipare perché del sentimento di appartenenza, del bisogno di aggregazione, del desiderio di condividere abbondanza e prosperità ne sentiamo in tanti la necessità.

Foto di Rosaria Currao

Buona Vigilia a tutti

Questo post partecipa all'iniziativa promossa da AboutgardenL'ortodimichelle e GiatoSalò
Natale al  VERDE!
 In linea con il periodo che stiamo vivendo, la creatività è di scena con le inedite e originali proposte di tanti blogger per un progetto davvero al passo con i tempi!
partecipano con me:




martedì 16 dicembre 2014

Verdi zucchette spinose per #natalealverde

Tra il verde alimentare che può fare più bello e divertente il Natale c’è un piccolo ortaggio di origine tropicale dalla curiosa forma di verde zucchetta la cui superficie è tutta ricoperta da lunghe spine disposte ordinate come se fossero pettinate con il gel.
Nei luoghi d’origine è chiamata chayote mentre da noi è conosciuta con il nome di zucchetta centenaria, zucchetta spinosa ma anche melanzana spinosa o zucchetta africana anche se la specie non ha niente a che vedere con l’Africa perché la sua origine è sud americana essendo originaria delle aree costiere del Messico, Guatemala e del Costa Rica che ne è il maggiore paese esportatore.
Sito immagine
Sechium edule è una cucurbitacea cioè una piccola zucca dai fusti rampicanti angolosi che si spingono sino ai 10 metri di lunghezza con numerose ramificazioni fornite di lunghi viticci. La pianta a differenza delle zucche nostrane non è annuale in quanto le radici tuberose ricacciano in primavera producendo nuova vegetazione da cui il nome di zucchetta centenaria. I frutti sono particolari: hanno forma vagamente piriforme di colore verde giallognolo a superficie rugosa, solcata ed ombelicata alle due estremità e ricoperta di aculei.

La polpa è bianca consistente e a differenza di tutte le altre zucche possiede un seme unico, grosso e depresso nella parte centrale.
I frutti prodotti tardivamente in autunno-inverno si conservano facilmente in luogo fresco e possono essere cucinati in vari modi: fritti, in umido, lessati, in agrodolce.
Si possono usare anche i germogli come fossero asparagi e nei paesi d’origine, dove le piante hanno grande sviluppo, sono utilizzate in cucina anche le radici tuberose, molto ricche di amido. Sechium edule pur essendo specie di origine tropicale si adatta a vivere anche nelle regioni a clima temperato; la sua propagazione è singolare: la specie è infatti vivipara, cioè il grosso ed unico seme non può essere staccato dalla polpa del frutto ma germina all’interno di esso. Lasciando le zucchette al buio spunterà il germoglio e quando avrà raggiunto i dieci centimetri di lunghezza il frutto potrà essere posto in vaso o in piena terra interrato solo per metà.
A me, da mangiare, le zucchette spinose non fanno impazzire però le trovo frutti curiosi con i quali  sarà facile preparare un centro tavola per il prossimo Natale anche a chi con il bricolage non ci sa proprio fare... 
 
 
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domenica 14 dicembre 2014

"Tutti frutti" al vivaio Valverde

Francesco ed Ester dei vivai Valverde sono quel che si dice un "vulcano" di iniziative;  sarà certamente  la vicinanza dell’Etna che si staglia nitida alla spalle del vivaio  che li rende frizzanti, dinamici, propositivi anche in un periodo dell’anno, l’inverno, in cui i vivaisti in genere tirano i remi in barca mettendo ordine in azienda e  progettando attività future.
Foto di Francesco Borgese
Per loro no, il futuro è già oggi e, dunque,  a distanza di poco più di un mese dall’iniziativa “Rose sotto il vulcano” che, in collaborazione con l’Associazione maestri di Giardino,  ha visto la partecipazione di oltre una ventina di corsisti, provenienti da tutta Italia, alle lezioni sulle tecniche di  potatura e  di innesto della rosa tenute  da vivaisti ospiti  del calibro di  Feletig, Usai, Berruyer, Chiarugi,  ecco un’altra manifestazione svolta in vivaio dal  titolo accattivante :“I colori dell’autunno,  Tutti frutti”, un fine settimana  (13/14 dicembre) dedicato alle piante da frutto in compagnia  di Giacomo Fiorini  dei vivai Belfiore; Massimo Sallemi  dei Vivai Palme e tropicali e Giuseppe Messina del Vivaio Hortus Hesperidis .

Frutti per tutti i gusti a cominciare dalle oltre 400 piante di fruttiferi in varietà portate in Sicilia dalla Toscana da Giacomo Fiorini del vivaio Belfiore, un nome nel campo della coltivazione di varietà antiche da frutto recuperate e salvate dall’oblio e riproposte, in vivaio o in giro per l’Italia, ad un pubblico sempre più attento, anche a tavola, al recupero e alla valorizzazione della biodiversità. 
Molto interessanti  tutte le collezioni a cominciare dalle mele antiche ( basta solo qualche nome come: Limoncella, Decio, Durello, Zucchina , Rossa fiorentina) o  le antiche varietà di susine europee  o le varietà di fico (Dall’Osso, Di Tre volte, Monaco ed altre ancora) le cui descrizioni sono riportate in efficaci tabelloni illustrativi e descritte in monografie  di  Ugo Fiorini, padre di Giacomo, attento studioso della flora autoctona e paesaggista esperto nella realizzazione di giardini naturali, sempre alla ricerca di antiche varietà di piante da frutto da recuperare  e così salvare.

Dai fruttiferi antichi ed oramai rari si passa poi ad annusare l’angolo dei tropici dove Massimo Sallemi dei Vivai Palme e tropicali ha allestito un banchetto multicolore in cui si stenta a contare il numero di specie esotiche esposte (papaia, kivano, carambola, annona, babaco, passiflora) i cui frutti sono tutti rigorosamente made in Sicily essendo coltivati nella grande serra fredda che Massimo ha allestito a Scicli dove ha sede il suo vivaio.

 
Una passione coltivata sin da ragazzo, quella di Massimo, per le piante esotiche e tropicali che lo ha spinto a laurearsi in Agraria a Piacenza per rientrare successivamente in Sicilia ad aiutare il padre nella conduzione di un’azienda dedicata all’orticoltura in serra; negli anni tuttavia, Massimo è riuscito a ritagliarsi un suo spazio, interamente dedicato alla coltivazione di palme ed altre specie ornamentali e da frutto di origine tropicale che in Sicilia hanno sviluppo e capacità produttive non inferiori a quelle delle regioni d'origine. Ed è oramai da circa due anni che Massimo ed i suoi fruttiferi esotici sono conosciuti ed attesi dai tanti appassionati del genere in giro per le principali  manifestazioni italiane di settore. 


E parlando di frutti, in Sicilia, non potevano mancare gli agrumi esposti alla manifestazione da Giuseppe Messina del vivaio Hortus hesperidis di Mazzarrà S. Andrea (ME) che della produzione di agrumi di piccola taglia coltivati in vaso, capaci tuttavia di produrre frutti grandi come quelli di piante coltivate in piena terra, ha fatto la sua originale peculiarità. Frutti di cedro, pompelmo e calamondino sono portati da piante compatte e piene di fogliame in vasi di piccole dimensioni facili da portare e tenere in balcone.

Iniziativa gradevole e molto interessante quella organizzata in vivaio, questo fine settimana, da Francesco ed Ester e  che, nella giornata di oggi, sarà ancora possibile visitare. 

martedì 9 dicembre 2014

Alberelli di Natale fatti a scuola per #natalealverde

Odio il bricolage, non lo so fare; non sono creativa, so solo copiare;  ho mani sbadate che non sanno cucire, appuntare, tagliare e non so prevedere come il  lavoro finito  potrà venire. Sarà per questo che rimango ammirata dalla abilità posseduta da  chi è  capace di pensare e poi realizzare oggetti creativi o di uso comune fatti con il solo uso delle mani, applicazione pratica del concetto scolastico del “saper fare”.
Lavoro in una piccola scuola dove si studia agricoltura con pochi studenti  venuti per frequentare e  la maggior parte che vorrebbe invece fuggire  vivendo come un sopruso  l’obbligo dell’istruzione; siamo dunque una scuola sotto osservazione perché considerata ad elevata dispersione; ed ogni anno  invece di darci un premio per gli alunni che riusciamo a trattenere, il Ministero ci fa pesare  l’alto numero di quelli che se ne vogliono andare. "Non li sapete gestire, non li riuscite ad interessare", come se studiare si potesse comandare.

Per venire incontro alle esigenze di chi è refrattario alla regola del dovere frequentare abbiamo adibito una stanza a laboratorio di manualità dove  lavorano docenti ed assistenti a sostegno di  tanti alunni in difficoltà; in questi giorni è tutto un cucire, tagliare e  incollare  per fare bello il loro Natale; palle di carta passate a colore,  sagome di Magi ritagliate  nel cartone, piccoli alberi  vestiti di panno che saranno per i ragazzi e le loro famiglie  il dono di fine anno.
Dopo anni di insegnamento in questa realtà sociale ho imparato che si può lavorare  anche senza imporre ad alcuni alunni di dover studiare perché se portati  in laboratorio a colorare, tagliare, incollare  si è sicuri che non saranno in giro a  bighellonare.

Ogni alberello realizzato quest’anno vorrei che fosse di augurio per ogni alunno che pur non avendo voglia di studiare possa trovare la sua strada del saper fare.

Questo post partecipa all'iniziativa promossa da AboutgardenL'ortodimichelle e GiatoSalò
Natale al  VERDE!
 
(ecco i partecipanti con relativi link già attivi da inserire in calce nel post)
In linea con il periodo che stiamo vivendo, la creatività è di scena con le inedite e originali proposte di tanti blogger per un progetto davvero al passo con i tempi!
partecipano con me:

martedì 2 dicembre 2014

L' albero di Regalgioffoli per #natalealverde


Questo post partecipa all'iniziativa promossa da AboutgardenL'ortodimichelle e GiatoSalò

Natale al  VERDE!

 
Anch'io mi sono unita  quest’ anno  all’ iniziativa “Natale al Verde promossa dai blogger Simonetta Chiarugi (Aboutgarden), Gianlidia Tonoli (Giato Salò) e Mirco Marchetti  (L’orto di Michelle) che per il secondo anno consecutivo sono riusciti a coinvolgere  una trentina di blogger amici per preparare un  lavoro corale su come intendere  la festività del Natale con spirito green e molto low cost .
Ogni martedì del mese di dicembre tutti i partecipanti pubblicheranno sul proprio blog un post a tema scrivendo di decorazioni, di ricette, di piante e di tutto quello che fa bello il Natale e pure io sarò partecipe perché parlando di Natale “al verde” tra Tari, assicurazione sulla vita, festa dei diciotto anni di mio figlio; macchina nuova destinata al suddetto figlio, lavori di ultimazione della facciata di casa, mi sento molto, ma molto, preparata.

Approvo perciò in toto ed abbraccio con entusiasmo l’idea di una festività all’insegna del risparmio, del riciclo, della modestia e della frugalità dei consumi proponendo per l’occasione il particolare albero di Natale visto l’anno scorso nel piccolo paese siciliano, dal nome un po’ buffo, di Regalgioffoli.

Tutti gli elementi utilizzati per comporre l’albero sono stati reperiti e riciclati sul posto seguendo il filo conduttore della vera sicilianità.
Per realizzare il tronco dell'"albero di Natale" si è partiti da uno stipite relitto di Phoenix canariensis, una palma stecchita dal famigerato punteruolo rosso come centinaia di altre palme in Sicilia ed in tutto il Mediterraneo.

La lungimiranza delle maestranze locali che, invece di tagliare a raso il tronco colpito, lo hanno lasciato intero, privato della sola chioma collassata,  ha consentito, sia di conseguire un notevole risparmio sui costi di smaltimento dei residui di potatura che di avere, per il nostro “Albero di Natale”, una certa prestanza e solidità di base.
 
Per realizzare la struttura dell’albero è stata utilizzata una intelaiatura di ferro a forma di cono, tenuta rigida e solidale, all’interno, con assi di legno; l’intelaiatura è ricoperta da una rete morbida a maglie strette come quella utilizzata per i pollai; il tutto è stato poi calcato sullo stipite della palma come il cappello di mago Zurlì.
La fase successiva è senza dubbio quella più divertente e all’insegna della “sicilianità”; l’intelaiatura di ferro è stata infatti ricoperta con cladodi di ficodindia, (volgarmente dette pale ) posizionati in modo embricato sulla struttura in ferro come le tegole sul tetto di una casa, fissando ogni singola pala alla rete sottostante con un opportuno filo di ferro. 
Completata la copertura verde dell’albero si è passati alla sua decorazione utilizzando anche in questo caso frutti di facile reperibilità scegliendo tra le molte varietà di agrumi (arance, limoni) presenti negli orti e nelle campagne circostanti. Ogni frutto, attraversato da un filo di ferro, è stato fissato al centro di ogni singola pala coprendo poi i buchi lasciati liberi dalla struttura con foglie di ortaggi e crucifere, anch’essi facili da trovare.
E per finire,  è stato posizionato il puntale realizzato con foglie di Chamaerops humilis, specie endemica della Sicilia e quindi autoctona e sono state approntate le luci, che attorcigliate intorno al tronco, sono state poi attaccate in modo avventizio all’illuminazione della pubblica via.
Un albero di Natale che più green e low cost di così sarà veramente difficile da trovare.

Partecipano con me


giovedì 27 novembre 2014

Euryops, giallo d'autunno

L’autunno che vedo nei luoghi a me intorno non ha i colori del rosso “foliage”. Vivo in un posto dove in questa stagione ti senti sudare al solo pensare di dovere indossare una felpa sui jeans. Gli stivali invernali appena comprati vorrebbero uscire ma i miei piedi accaldati mi fanno capire che è ancora il tempo delle ballerine e la sera, cercando di prendere sonno, mi stiracchio a cercare gli angoli freschi del letto pensando che altrove, in questa stagione, è cosa normale usare il piumone.
L’autunno che vivo in Sicilia è stagione del giallo colore, il giallo solare, selvaggio, stradale delle margherite africane,  arbusti stentati coperti di polvere che hanno trascorso sei mesi all’asciutto aspettando il momento di potersi beare sotto il primo diluvio autunnale. Reidratati i tessuti e lavate le foglie ogni secco cespuglio entra presto in azione producendo migliaia di fiori color giallo limone che a guardarli ti vien da pensare: ma che me ne importa del rosso foliage, del triste tramonto del verde che muore se il verde che ho intorno è di un giallo esplosione, un colore vitale che mi  fa elettrizzare,  che fa dell’autunno la più bella stagione. 
Euryops pectinatus è un’ asteracea di origine sud africana che forma un arbusto sempreverde dalle caratteristiche foglie fortemente pennate, da cui il nome specifico pectinasus (pettine), di un bel colore grigio argenteo per la presenza di una caratteristica tomentosità. 
In autunno e fino ai primi freddi Euryops  produce infiorescenze a capolino simili a grandi margherite a 13 petali (brattee), di colore giallo dorato, appuntite e fuse alla base.
Particolarmente adatto al clima mediterraneo è un arbusto che non ha grandi esigenze idriche, cresce velocemente, ama il sole, il mare ed il terreno roccioso com’è nella regione del Capo da cui questo arbusto proviene.
Alla fine della fioritura è richiesta solo una spuntatura dei fiori secchi perché l’arbusto mantenga la caratteristica forma a cuscino.
Proprio per la sua eccezionale rusticità è tra le specie più utilizzate per il verde di tipo stradale.
 
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