martedì 31 maggio 2011

Dizionarietto botanico

Sulla falsa riga di un “Dizionarietto dei nomi delle piante” di Carlo Stucchi (1894-1975) da me fotocopiato almeno trent’anni fa da una vecchia raccolta di riviste di giardinaggio che lo pubblicava a puntate, trovata passando ore e ore a cercare informazioni botaniche presso la biblioteca della Facoltà d’Agraria (altro che Internet!), vorrei postare, modernizzandolo un poco e sfoltendolo rispetto al corposo originale, un novello “Dizionarietto botanico” che sia un omaggio al medico, botanico e naturalista che lo ha redatto tanti anni fa ed uno strumento di informazione botanica per cacciatori moderni di notizie antiche.
 A


Abelia triflora
ABELIA. Caprifoliaceae. Genere dedicato al medico Clarke Abel (1780-1826) che nei primi anni del 1800 giunse in Cina dove si dedicò, tra l’altro, a studiarne la flora. Circa 25 specie dell’Asia Orientale, una specie dell’Himalaja e una del Messico. Alcune specie introdotte nel corso dell’ottocento: Abelia chinensis, Abelia floribunda, Abelia triflora ecc. E’ più comune l’ibrido Abelia x grandiflora.
ABIES. Pinaceae. Vecchio nome latino del genere che comprende 40 specie delle regioni extratropicali dell’emisfero boreale, tipo Abies alba o abete bianco. Il genere presenta specie mediterranee e nordamericane. Il nome è limitato alle specie con foglie inserite per mezzo di uno scudetto e con coni eretti. I cosiddetti abeti con foglie inserite su una sorta di picciolo e coni penduli vanno annoverati nel genere Picea. Abies kosteriana dei cataloghi è Picea pungens.

Abutilon spp.
ABUTILON. Malvaceae. Nome arabo di piante affini alla malva. Circa 150 specie delle regioni calde del globo. Abutilon striatum del Guatemala, grazioso suffrutice con foglie affette da mosaico e fiori penduli aranciati e venati; molti ibridi. Meno rustico Abutilon megapotamicum (del Rio Grande).
ACACIA. un tempo Leguminosae oggi Fabaceae. Dal greco di Dioscoride Akakia e questo da Akè=spina. Almeno 500 specie di origine americana, australiana e specialmente africana, ora con foglie pennate ora con foglie sostituite da fillodi; fiori in capolini sferici o spighe. Acacia farnesiana, profumata dall’America Centrale; molte australiane coltivate nelle regioni mediterranee per la fioritura invernale e per fiori recisi (A. dealbata, A. baileyana, A. podalyriaefolia, A. longifolia, A. melanoxylon)


Acalypha

ACALYPHA. Euphorbiaceae, dal nome greco akalephes di una specie d’ortica. Numerose specie (450) tropicali. Coltivate in serra A. wilkesiana e A. hispida.

ACANTHUS. Acanthaceae. Dal greco acanthos, che significa "fiore". Una ventina di specie mediterranee e dell’Asia occidentale. E’ l’acanto della scultura classica che i greci utilizzavano per decorare i capitelli delle colonne corinzie. A mollis, A. spinosus, A. longifolius.
ACER. Aceraceae. Nome romano. Circa 150 sp. delle regioni temperate dell’emisfero boreale. Acer campestre, A. platanoides, A. pseudoplatanus tutti europei; Acer saccharinum (nordamericano); tutte le specie hanno foglie palmate. Acer japonicum e A. dissectum in moltissime varietà di fogliame e colorito (giapponesi). A. monspessulanum, mediterraneo a foglie trilobate, Acer negungo (americano) a foglia composta.
ACHILLEA. Compositae, dedicata all’eroe Achille, discepolo del Centauro Chirone. 100 specie delle regioni temperate boreali. Achillea ptarmica bianca dell’Europa e A. filipendulina gialla dell’Oriente.
ACHIMENES. Gesneriaceae. Da a privativo e chemaino=gelare, ossia pianta che non sopporta il freddo. 25 specie dell’America centrale e meridionale. Achimenes longiflora in varietà di colori.
ACONITUM.Ranunculaceae. Dal greco akoné pianta usata per avvelenare le frecce, in greco antico "indomabile veleno". In italiano aconito. 300 specie dell’emisfero boreale. Coltivato occasionalmente A. variegatum, europeo e A. fischeri dell’Asia orientale.


ACTINIDIA. Actinidiacee. Da aktis=raggio per gli stigmi disposti a raggiera. 35 specie asiatico-orientali di arbusti rampicanti, dioici. A. arguta, A. chinensis, A.  kolomikia, A. polygama.
Adathoda vasica
ADHATODA. Acanthaceae. Nome da dialetto brasiliano. 25 sp. dell’America del sud, dell’Africa e dell’Asia meridionale. Adhatoda vasica, arbusto indiano con fiori biancastri macchiati di porpora, abbastanza coltivato in zone a clima mite marino.
ADIANTUM. Felci. Dal greco con significato di “non bagnabile” riferendosi al modo in cui le fronde respingono l'acqua. Circa 200 sp. Adiantum capillus-veneris o Capelvenere, Europa. A. cuneatum dell’America tropicale in serra e in appartamento.

AECHMEA. Bromeliaceae. Dal greco aichme=punta di lancia. 150 specie spesso epifite dell'America centrale e meridionale di cui parecchie coltivate. Ben nota in commercio A. fasciata sotto il nome di Billbergia rhodocyanea.

AEONIUM. Crassulaceae. Dal greco aionios=immortale. Genere affine a Sempervivum ma con fusti sviluppati. Parecchie sp. in prevalenza delle isole atlantiche ma anche dell'Arabia e Abissinia. A. arboreum (o Sempervivum arboreum) coltivato ed inselvatichito nelle regioni mediterranee.

Continua.....

sabato 28 maggio 2011

Gossypium: "oro bianco" di Sicilia

Scrutare l'orizzonte e fino al suo limitare perdersi in una bianca distesa di bioccoli di cotone; non è l’America della guerra di secessione ma la Sicilia degli anni ’60 quando, a fine estate, si partiva per un estenuante viaggio in macchina, dall’epicentro dell’isola, diretti verso Licata, luogo d’origine della famiglia di mio padre e luogo dove ancora erano in vita zie e cugini. Prima di arrivare all’agognata meta che aveva il colore e l’odore dello zolfo e alle affettuose attenzioni delle zie, rinomate in famiglia per la loro proverbiale tirchieria: “ti mangi un gelato tutto da sola o, meglio, te lo dividi con tuo fratello?”, si costeggiava il mare e si attraversava una vasta pianura, vicino Gela, dove fino a perdita d’occhio si coltivava cotone. Mio padre fermava la macchina e tutti si scendeva a riprendere l’uso delle gambe raccogliendo batuffoli bianchi straripati fuori da frutti secchi deiscenti divenuti troppo stretti per contenere tanta fibra. Al di là delle suggestioni ispiratemi dal libro “Via col vento” ero, in realtà, poco attirata da tutto quel "Cotton fioc" naturale, associandone l’uso all’ odore di alcol, al bollitore per siringhe e ad aghi che si piegavano sotto la mano pesante di mio padre che, a quei tempi, mi praticava serie infinite di iniezioni ricostituenti.
Guardando le statistiche agricole delle specie tessili coltivate in Italia sino alla fine del '900 ci si rende subito conto come il cotone sia stata una specie strettamente legata alla storia dell’agricoltura del nostro paese; ancora oggi a livello mondiale è una delle più importanti e diffuse piante industriali, vero e proprio "oro bianco" per i paesi produttori essendo la fibra vegetale più ricercata per la filatura e la produzione dei tessuti. La sua coltivazione per uso industriale ebbe origine probabilmente, in India, dove il cotone è specie conosciuta da oltre 3000 anni. Ben presto, tuttavia, attraverso l'Asia Minore, il cotone raggiunse il Mediterraneo e furono, ancora una volta,  gli arabi che ne introdussero la coltivazione in Sicilia intorno al IX secolo. Ad essi si deve l'origine della parola cotone che deriva dall'arabo "qutun" e l'uso di numerosi strumenti utilizzati, sino all'epoca della meccanizzazione, dai contadini siciliani per la sgranatura e la lavorazione della bambagia. La coltivazione del cotone si estese rapidamente dalla Sicilia ad altre regioni del Meridione come la Calabria e la Puglia e già nel 1500 le produzioni italiane erano in grado di sopperire alle necessità del mercato europeo. Il cotone italiano, d'altronde, era particolarmente apprezzato per le sue qualità merceologiche tanto che gli americani, nel 1793, quando cominciarono a coltivare cotone, vennero in Sicilia ad approvvigionarsi di seme. Tuttavia con l'inizio delle esportazioni americane comincia inesorabilmente il declino della produzione siciliana. La forte concorrenza internazionale, la produzione delle fibre sintetiche e la coltivazione in asciutto, con conseguenti scarse rese, insieme agli alti costi dovuti alla raccolta manuale, hanno decretato una progressiva scomparsa della coltura che già negli anni ’50 era confinata esclusivamente ad alcune province siciliane come Caltanissetta, Agrigento e Catania su una superficie sempre più in contrazione (nel 1982 era di appena 2100 ettari). Negli ultimi vent’anni la specie è scomparsa dal patrimonio agricolo dell’isola.
Il cotone, tuttavia, oltre ad essere una delle più importanti e diffuse piante industriali del mondo è una specie che potrebbe facilmente essere valorizzata come arbusto da fiore nei giardini o nelle terrazze delle regioni a clima mite. E' infatti specie rustica, che richiede esclusivamente alte temperature e costanti innaffiature nel periodo estivo. 
Caratteri botanici

Dal punto di vista botanico il cotone appartiene al genere Gossypium della famiglia delle Malvaceae. Il genere è ritenuto uno dei più complessi da un punto di vista sistematico a causa delle numerose specie che lo compongono. Tra esse, Gossypium arboreum, G. barbadense, G. peruvianum e tra le specie maggiormente coltivate nei nostri ambienti: Gossypium hirsutum e Gossypium erbaceum. Il fusto, che può essere erbaceo o arbustivo, è ramificato sin dalla base, con i rami inferiori in genere più lunghi dei sovrastanti, tanto da conferire alla pianta una forma conico-piramidale.
 Le foglie, spesso tomentose, hanno forma ovale anche se presentano una notevole diversità pure nell'ambito della stessa pianta. Il fiore del cotone è molto decorativo con una grande corolla a cinque petali di colore giallo vivo che vira al rosso a fecondazione avvenuta. Spesso i petali presentano, alla base, una macchia rosso scuro che li rende particolarmente attraenti. La capsula contenente il seme ha una forma ovale e in fase di deiscenza appare divisa in più logge ciascuna delle quali contiene in media 9 semi di colore nero, fittamente rivestiti di una lanugine bianca costituita da cellulosa allo stato quasi puro. I semi contengono il 18-20% di olio che può essere impiegato come olio alimentare, per preparare emulsioni farmaceutiche e nell'industria dei saponi.


 
 
La semina può essere fatta, sia in vaso che direttamente a dimora in aprile-maggio, disponendo i semi che vanno bagnati e tenuti coperti con una tela umida per un giorno, ad una profondità di circa 5 cm. Dopo la semina, occorre bagnare costantemente il terreno sino all' avvenuta germinazione e procedere, quindi, al diradamento delle piantine che vengono distanziate di circa 30 cm. Costanti innaffiature consentiranno un rapido sviluppo vegetativo delle piante nel corso dell'estate. I fiori si aprono dopo circa 20 giorni dalla comparsa degli abbozzi fiorali e la fioritura, scalare, procederà dal basso verso l'apice della pianta. L’apertura delle capsule inizia, in Sicilia, alla fine di agosto e si protrae progressivamente sino a tutto settembre. Il prodotto è pronto per la raccolta quando i frutti diventano gialli e si aprono lasciando intravedere i fiocchi di bambagia.
E’ un vero peccato che considerazioni economiche abbiano determinato la scomparsa del cotone tra le specie da reddito, in Sicilia. Riprenderne la coltivazione, almeno in giardino, sarebbe un modo per rendere omaggio ad una specie che appartiene, ormai, alla storia dell'agricoltura italiana.


Bibliografia: R. Boldoni, L. Giardini, Coltivazioni erbacee, Casa Editrice Patron, 1981, Bologna

Siti web:
http://www.ortobotanico.messina.it/home_page/orto/00000101_Gossipium_arboreum_L..html
 
 
Ultimo aggiornamento 20 ottobre 2012
Ho acquistato piante di cotone in vaso dal Dott. Russino del vivaio Gli Aromi di Scicli

giovedì 26 maggio 2011

Osserva il particolare e riconosci la specie: maggio 011

Gioco botanico

Osserva il particolare fotografico e individuata la specie inseriscine il nome nelle apposite caselle 

lunedì 23 maggio 2011

Solandra maxima: esuberanza tropicale

Le piante rampicanti sono un vasto gruppo di specie da giardino o da terrazzo caratterizzate dal possedere sistemi diversi di aggancio a superfici che in un modo o nell’altro costituiscono un appiglio, un supporto, una base per salire verso l’alto; tale necessità si pone, in natura, per consentire, a chi ne ha sviluppato la capacità, di ricercare un posto al sole in ambienti, come le foreste equatoriali, che precludono la luce del giorno a quelle specie relegate al suolo da un portamento erbaceo o arbustivo. Nel gruppo delle specie scalatrici è possibile, tuttavia, individuare diverse modalità di appiglio; le rampicanti vere e proprie sono dotate di organi modificati, ad esempio, in ventose (Ampelopsis) o in viticci o cirri (Passiflora, Parthenocissus) o dotate di radici avventizie (Hedera, Monstera, Ficus pumila) o, come le specie volubili, capaci di avvolgersi con movimento orario o antiorario intorno a supporti (Gelsemium, convolvolo, fagiolo, luppolo); un secondo gruppo comprende, invece, le specie sarmentose che non dispongono di organi di appiglio vero e proprio ma che, grazie a lunghi, atletici, rami flessuosi (sarmenti) riescono a lanciarsi oltre gli ostacoli, facendo di essi trampolino per ulteriori scalate, prima di ricadere. A questo secondo gruppo appartiene Solandra maxima una delle specie più esuberanti che è possibile utilizzare nei giardini delle zone di mare dell’ambiente mediterraneo.



Non c’è gazebo o tetto lamierato di un antiestetico garage o muretto in cemento o ringhiera arrugginita che la solandra non riesca a ricoprire nell’arco di due o tre stagioni; la specie fa le cose in grande perché riesce ad estendersi sia in larghezza che in altezza su vaste superfici; è impensabile, dunque, relegarla in un angusto vaso. L'origine della specie, che appartiene alla famiglia delle Solanaceae, è tropicale provenendo dagli altopiani del Messico e la sua esuberanza è evidente sia nella vegetazione sempreverde formata da grandi foglie peduncolate, intere ed ellittiche, che nei grandi fiori a forma di campana, inizialmente di colore crema per assumere, poi, una colorazione di un giallo sempre più dorato, con striature scure che dalla gola del calice attraversano tutta la corolla.
I fiori emanano un lieve profumo percepibile di sera o dopo una pioggia. La fioritura è prolungata cominciando in primavera e protraendosi per tutta l’estate.
 
 
P. S. mi sono ricordata di un tango che mio padre cantava con aria ispirata e che mi sembra, si attagli benissimo alla solandra in questione: Creola: “Che bei fior carnosi son le donne dell’Avana hanno il sangue torrido come l’Equator;… Straaa..ziami etc. etc.


G. Betto. Le piante rampicanti. L'Ornitorinco Rizzoli, 1986, Milano

giovedì 19 maggio 2011

Non c'è rosa senza spine

Accidenti, odio le spine! Soprattutto quando, a tradimento, si conficcano sotto pelle e le vedi scure e dispettose occhieggiare dalle profondità delle tue dita come giorni fa mi è successo con una malefica scheggia di palma. Dopo giorni passati a rimandarne l’estrazione (tanto esce da sola, ma quale!) arriva il fatidico momento in cui interviene mio marito che armato di ago e pinzetta comincia a punzecchiare torno, torno al buco, aprendo un cratere degno dell’Etna. Con pazienza e, devo ammettere, con perizia il corpo estraneo infine viene via. Piccola ed insignificante, osservo la spina che dentro al mio dito appariva una trave.

Per esorcizzare l’evento ecco un elenco di spine da cui guardarsi in giardino. 

Smilax aspera
Le spine, botanicamente parlando, sono organi vegetali metamorfosati; foglie, rametti, stipule, modificati in organi di appiglio (Smilax aspera) o di difesa, ed, in questo caso, con il chiaro intento di rintuzzare attenzioni non certo amichevoli di erbivori di passaggio. In condizioni ambientali estreme, dove è più alto il rischio di sopravvivenza (deserti, savane, altipiani del Messico) la presenza di vita vegetale è sempre accompagnata da lunghe, robuste e perfide spine, spesso uncinate che si attaccano con tenacia al solo contatto; ne sono esempi evidenti le cactaceae, ma anche molto specie arboree africane come Acacia orrida, Parkinsonia aculata, Chorisia speciosa, Erythrina caffra, Pereskia grandiflora che, di spine, ne hanno in abbondanza su tronco e rami. 


Chorisia spp.

Parkinsonia aculeata
E’ chiaro che nella scelta di che specie arborea collocare in aree pubbliche o in giardini privati  frequentati da bambini, queste specie, pur molto decorative, dovrebbero essere utilizzate con prudenza.  Al contrario, in appoggio ai tradizionali sistemi antifurto, se volete creare una impenetrabile barriera antiladro, dovete puntare la vostra attenzione su Acacia orrida dagli aculei veramente micidiali ma, attenzione, la specie non discerne il ladro dal padrone di casa.  

Acacia orrida

Nelle campagne di Sicilia, ad esempio, le vecchie masserie sono spesso circondate da una fitta cortina di Opuntia ficus indica, una barriera spinosa che tiene lontani animali e uomini e che, tuttavia, in dicembre, se in estate si è provveduto a sopprimere la prima produzione, darà frutti pregiati (almeno per un siciliano) ma molto, molto spinosi. I frutti, come le pale, sono punteggiati da ciuffi di peli irti dotati a loro volta da minutissime spine ad uncino che si conficcano con facilità nella pelle. I frutti di ficodindia acquistati nei moderni supermercati sono edulcorati in fatto di spine in quanto vengono lavati e spazzolati e talvolta anche già sbucciati. Il problema vero è, invece, come raccogliere, pulire e mangiare un frutto direttamente dalla pianta. Ed è qui che si demarca netta la differenza tra un cittadino inurbato e un uomo di campagna. Mentre con una successione di tre rapide incisioni il contadino ti squaderna davanti un succoso frutto pulito, con altrettanta rapidità il cittadino inesperto si riempirà le dita di dolorose, invisibili, ed inamovibili spine.
Ecco già pronto mio marito con ago e pinzetta ed io penso: se ne andranno da sole? Ma quale!

domenica 15 maggio 2011

Callistemon: rosso in technicolor

Anni fa leggevo un libro sulla flora di Capri di Edwin Cerio che descriveva con fare inorridito e vorrei dire, quasi schifato, l’invasione di specie esotiche sull’isola sempre più sopraffatta da eucalipti, ailanti e cactaceae. Le bouganvillee poi, che avevano progressivamente invaso i giardini di Capri, erano descritte, con vero e proprio cipiglio razzista (se si può applicare il razzismo a storie di piante), come “voglie di vino” che come una malattia incurabile avevano deturpato, in modo ritenuto indelebile, il paesaggio isolano. L’accoglienza è la mia filosofia di vita sia tra gli uomini che tra le piante che, anzi, più sono esotiche e più mi piacciono ma, apprezzo, altresì i modi discreti  e tutto ciò che è invadenza, esibizione, apparire, anche in campo botanico non riscuote la mia approvazione. E’ questo il caso del rosso plasticato del callistemon in fiore, in questi giorni di maggio, onnipresente macchia rossa in technicolor nei giardini che ho intorno casa mia.
Il Callistemon è un arbusto australiano della famiglia delle Myrtaceae presente nei giardini generalmente con due specie: Callistemon citrinus e Callistemon viminalis (caratterizzato, da portamento piangente). Da una quindicina d’anni le due specie sono stabilmente presenti, al sud, come arbusti isolati o come siepi da sfondo nei giardini pubblici o nei giardinetti condominiali delle villette a schiera rivierasche.
Il callistemon, infatti, come molti altri generi australiani quali acacia, eucaliptus, myoporum, grevillea, leptospermum ha trovato nel Mediterraneo condizioni climatiche simili alle zone di origine e si è ben adattato soprattutto lungo le coste anche se in presenza di forte vento, salsedine e alte temperature, a patto di poter disporre di adeguati apporti idrici soprattutto nella fase iniziale della messa a dimora. Si presenta come un arbusto o, talvolta un alberello, a fogliame persistente, poco appariscente e, dunque, un poco anonimo tutto l’anno; in primavera però e spesso con una seconda fioritura in autunno, esplode in una sfacciata ed esuberante esibizione di colore.
"Bottlebrush" per gli inglesi, “scovolino” per noi, la pianta porta un numero impressionante di infiorescenze terminali rosso fuoco che sembrano passate a spruzzo con colori di un acrilico brillante. E non son petali i singoli filamenti ma lunghi stami di tanti piccoli fiori posti a giro, come un manicotto, intorno all’apice del ramo; organi riproduttori maschili spudoratamente esibiti al vento.
Il nome del genere lo dice: Callistemon dal greco Kalos (bello) e stemon (stami), un “Bel maschio” in azione. Un “tronista” botanico in esibizione per insetti impollinatori da abbindolare.
No, il callistemon in giardino non fa per me: troppa esibizione, troppa sfacciataggine, troppo colore, troppo di.. troppo.
Proprio ieri, tuttavia, visitando un vivaio di passaggio, una piccola macchia rosso brillante mi occhieggia dal bancone delle piante in vaso. Un nanetto callistemon, graziosino, compatto, coperto dai soliti scopetti rossi che, tuttavia, mi appaiono ora allegri e divertenti. Un bel maschietto che non ha nulla di arrogante; un Callistemon baby che, senza troppo pensare, compro subito per il mio balcone fiorito.   Io, adoro i bambini.

Per saperne parlare:
E. Cerio, Flora privata di Capri, L'Ornitorinco Rizzoli, 1983, Milano;
Sito da dove tutti attingono per informazioni botaniche sui Callistemon: http://anpsa.org.au/callistn.html


venerdì 13 maggio 2011

Cruciverba botanico "Aberia"

Orizzontale: 1: Rampicante sarmentoso a grandi foglie sempreverdi, proveniente dalla Giamaica, che produce grandissimi fiori a campana, giallo pallido, a lungo persistenti; 7: Iniziali del nome scientifico della specie nota come “Senegal gum”; 8: Genere di Orchidee  che conta 16 specie tra le quali la più importante è aurantiaca, sottofamiglia Epidendroideae;  9: Radice considerata dai cinesi elisir di giovinezza, toccasana incomparabile, della famiglia delle Araliaceae; 11: Una delle due metà dell'antera all'interno della quale maturano i grani pollinici; 14: Nome con cui vengono chiamati diversi legni caratterizzati da colore nero o comunque scuro, molto duri e pesanti, utilizzati per la fabbricazione di mobili pregiati, forniti quasi tutti da specie del genere Diospyros; 15: Iniziali del nome scientifico di una specie erbacea perenne, acquatica, con radici che la ancorano sul fondo, nota come “coltellaccio natante” o in inglese “narrowleaf  burreed”; 16: Nymphaea zanzibariensis; 17: Whatmore, artista inglese che dipinge utilizzando pastelli ed acquarelli per realizzare quadri ispirati  al mondo vegetale  riprodotti frequentemente su poster e cartoline;  18: Specie di Ochidea del genere Rhynchosophrocattleya, dal colore del fiore  corallo, albicocca, giallo pallido; 20 Iniziali di architetto paesaggista inglese autore di libri tra i quali  Gardener's Guide Orticoltura, collaboratore di riviste e programmi del verde;  progettista  della mostra Hillier al Rhs Chelsea Flower show dell’anno scorso e vincitore della medaglia d’oro: 21: guaina erbacea o carnosa presente in quasi tutte le poligonacee, formata da due stipole fuse insieme, che abbraccia tutt’intorno l’internodio del fusto per un tratto più o meno lungo al di sopra dell’inserzione della foglia; Verticali: 1 materiale elastico, leggero spugnoso prodotto da cellule vegetali, insolubile  nei solventi neutri ed anche in acido solforico; 2: rustico e resistente arbusto da fiore, delle aree mediterranee, originario del centro e sud America. Estremamente adattabile tanto da essere considerato specie invasiva in India ed Australia; si riproduce facilmente per seme. 3: distillato ad alta gradazione alcolica dal sapore di anice, ricavato da foglie e fiori della specie vegetale da cui prende il nome; 4: Chrysanthemum = 'Yodana' (25b) AGM; 5: RHS, registro delle orchidee ibride: abbreviazione standard genere Rhipidangis; 6:  Iniziali nome botanico "Assenzio maschio"; 10:nella parola ecologia vuol dire luogo dove si vive; 13: nome comune di una popolare bulbosa a fioritura estiva di origine sud americana, appartenente alle Asteraceae; 15: organo riproduttore delle Fanerogame; 17: Registro varietale delle mele nel Regno Unito; 19: iniziali del nome botanico della specie nota ai francesi come “flambloyant bleu”;

Soluzione

Cruciverba botanico "Aberia" in formato PDF

 

lunedì 9 maggio 2011

Pistacchio, alle radici del sapore

Drupe di pistacchio
Antichi pistacchieti brontesi
Il pistacchio è un piccolo albero di origine asiatica diffuso, sia allo stato spontaneo che come specie coltivata, in molti paesi a clima caldo arido come la Turchia, l'Iran, la Tunisia, la Grecia e, nel nuovo continente, la California. In Italia la sua presenza è limitata al meridione in aree geografiche dove le condizioni ambientali sono particolarmente favorevoli alla specie.
La sua coltivazione come albero da frutto è antica e sono i Romani al seguito del governatore della Siria, Lucio Vitellio che lo introducono in Italia; la tecnica di produzione, tuttavia, viene messa a punto dagli arabi che ne diffondono la coltivazione in Sicilia. A testimoniare tale legame la parola araba “fastuk” è etimologicamente molto simile al nome dialettale “fastuca” usato nell'isola per indicare la specie.

Botanicamente il pistacchio o Pistacia vera appartiene alla famiglia delle Anacardiaceae alla quale appartengono sia il terebinto (Pistacia terebinthus) che il lentisco (Pistacia lentiscus), arbusti affini al pistacchio e componenti tipici della macchia mediterranea. Così come queste specie anche il pistacchio trova condizioni ideali di sviluppo nei terreni vulcani sciolti e superficiali caratterizzati dalla presenza di rocce affioranti, in condizioni ambientali di prolungata siccità e in assenza di ristagni idrici e di forte umidità atmosferica; tali situazioni pedoclimatiche si riscontrano, in Sicilia, quasi esclusivamente in un’areale molto ristretto intorno al paese di Bronte, centro agricolo posto alle pendici occidentali dell'Etna e in pochi paesi limitrofi che hanno fatto della coltivazione del pistacchio la loro principale fonte di reddito. Per valorizzare la produzione e tutelare le prerogative di qualità del prodotto siciliano, nel  2004 è stato istituito il Consorzio di Tutela del “Pistacchio verde di Bronte D.O.P”.  Le particolari caratteristiche di gusto e di tenuta del colore rendono, infatti, il prodotto siciliano molto richiesto per la preparazione di sughi o salse per condire primi o secondi piatti di carne dal gusto mediterraneo oltre che in pasticceria dove è preferito ai più economici pistacchi turchi o americani per produrre biscotti, confetture e croccanti e come elemento base nella preparazione dei tradizionali gelati siciliani.

Caratteri della specie

Il pistacchio è un albero a lento accrescimento che può raggiungere e superare i cento anni d'età. Il suo sviluppo è molto contenuto non superando generalmente i cinque, sei metri d'altezza. E' una specie spogliante ed è probabilmente in inverno che questo piccolo albero dai rami ricurvi e procombenti ha maggiore valenza estetica quando sulle nere lave etnee è ben visibile l'intreccio contorto dei suoi rami. Le foglie compaiono in primavera e sono composte, imparipennate, coriacee. Il tronco della pianta è di colore grigio cenere e fornisce un legno duro e resistente adatto per lavori d'intarsio. La specie è dioica cioè i fiori unisessuali sono portati da piante diverse. La fioritura avviene normalmente in aprile e affinché si consegua una buona produzione è necessario assicurare la presenza di un'abbondante quantità di polline proveniente da individui maschili. In Sicilia, negli impianti specializzati, si pone a dimora una pianta maschio o "scornabecco" ogni otto, dieci piante femminili. L'impollinazione può avvenire anche tramite il polline del terebinto ma la fecondazione è di minore efficacia. I frutti sono delle drupe di colore rosso chiaro portate dalla pianta in grandi e vistosi grappoli terminali.
Drupe di pistacchio appena raccolte

terebinto
A maturità i frutti contengono un seme dolce e oleoso, leggermente aromatico, di colore verde. La maggior parte dei pistacchieti di Bronte sono naturali cioè ottenuti innestando le piantine di pistacchio su piante spontanee di terebinto che essendo specie adattatasi all'ambiente, conferisce doti di particolare rusticità all’impianto. In Sicilia la raccolta del pistacchio si effettua in estate e viene eseguita a mano, se si considera, inoltre, la forte alternanza produttiva della specie che rende economico raccogliere ad anni alterni e la bassa produttività dei pistacchieti naturali, si capisce perché il costo del pistacchio sia molto più elevato rispetto a quello di altri frutti secchi come le nocciole. Per buona sorte dei golosi, tuttavia, il pistacchio siciliano ha caratteri di qualità tali che croccanti, gelati e confetti al pistacchio di Bronte non mancheranno mai nell'assortimento di una buona pasticceria tradizionale.

 
Per saperne di più:
Un mio post sulla "Sagra del pistacchio" di Bronte
V. Forte, Compendio di Nuova Frutticoltura, Edagricole, Bologna, 1986.




sabato 7 maggio 2011

Quiz botanico maggio 011

Cinque indizi per una specie



Sono coltivata in Asia da più di 2000 anni e la mia regione d’origine è la Birmania;

Appartengo ad una famiglia le cui piante, in piena fioritura, emettono calore;

Le mie grosse radici tuberose sono buone da mangiare ma, come le patate, non vanno mai ingerite crude, sempre dopo prolungata ebollizione o intere o ridotte in farina;

Amo le zone umide e paludose e mi si potrebbe scambiare per un elefante;

Toccatemi con attenzione; contengo cristalli di ossolato di calcio che irritano fortemente la pelle;

martedì 3 maggio 2011

Il profumo dei fiori

Molti dei miei ricordi sono associati ad un odore: odore di refezione, un misto di minestrone e odore di formaggio che mi chiudeva lo stomaco ancora prima di entrare alla mensa scolastica, un posto dove non volevo assolutamente stare, rimpiangendo la cucina di casa mia; odore di bar, quando mio nonno mi portava, la domenica mattina, al bar “Boîte” (“buotta” per i locali) a prendere un cono al pistacchio: odore buono di macchinetta del caffè, biscotti e gelati; sentore di grasso misto a plastica di  tappezzeria nuova, di olio combustibile e benzina appiccicato al ricordo della concessionaria Fiat dove, con mio padre, siamo andati, un giorno d’estate, a prendere la nuova 850; odore di vaniglia e di cannella che si sprigionava dalla valigia di mia nonna al momento del suo arrivo, dopo giorni di attesa. Se ho una recriminazione da fare in quest’era tecnologica di macchine fotografiche digitali, computer e tavolette multimediali è l’invenzione di un qualche marchingegno capace di memorizzare gli odori, (questo odore mi piace, lo conservo: clic! Ma che odore faceva il cestrum fiorito quest’estate: clic! o si è proprio questo, un profumo delizioso); odori da conservare e dispensare a comando come sfogliando le pagine di un album di ricordi. In campo vegetale l’invenzione di un tale apparecchio sarebbe, poi, di grande utilità; non ci sono, infatti, parole evocative capaci di descrivere il profumo di zagara o di gelsomino (rotondo”, “fresco” o “profondo?) e l’unico modo per ricordarlo è, all’istante, poterlo annusare. (anche altri pensano quello che penso io..)
In attesa che qualcuno metta a punto l’invenzione del secolo, sul mio balcone ho sempre vasi di piante profumate. Ecco, allora, un elenco delle specie che non dovrebbero mai mancare nel giardino di chi ama il profumo dei fiori.
Specie erbacee da fiore


Violaciocca (Matthiola incana); ne ho sempre qualche piantina in balcone comprandone di nuove appena le trovo in commercio; mentre le varietà a fiore doppio non si riproducono, le varietà semplici, anche se un po’ più scialbe, producono corti baccelli pieni di semi dai quali, un volta secchi, nascono facilmente rustiche piantine che durano a lungo, spesso un anno per l’altro. L’odore della violaciocca è tra i miei preferiti.
Polianthes tuberosa è specie bulbosa coltivata sia come pianta in vaso che come specie da fiore reciso. Fiorisce d’estate emanando un odore intenso e stordente che evoca incantate notti d’oriente; una pianta in balcone, però, basta ed avanza.

Dianthus barbatus o garofanino dei poeti; un odore discreto che non si diffonde nell’aria ma deve essere percepito tuffando il naso nel cespo fiorito;
Mirabilis jalapa o bella di notte : può essere coltivata in vaso, interrando i tuberi, o in giardino dove, di norma, si espande a macchia d’olio, riproducendosi facilmente da seme. Fiorisce d’estate e il profumo si sprigiona di notte, all’apertura dei fiori.
Specie arbustive da fiore: a parte le insostituibili rose antiche, gli agrumi (da rivalutare, in giardino, come piante ornamentali da fiore) e altre specie tradizionali come ginestra (Spartium junceum), pittosporo, gardenia e il fior di maggio (Philadelphus coronarius) o lillà (Syringa vulgaris), vi consiglio alcune specie a sviluppo contenuto che è possibile coltivare anche in balcone:
Carissa grandiflora
Carissa grandiflora, coltivata in vaso si presenta come un arbusto sempreverde spinoso ad internodi brevi, con foglie arrotondate e bianchi fiori terminali seguiti da frutti , rossi a maturità; la fioritura è estiva ed il profumo ricorda molto alcuni bagnoschiuma ad etichetta tropicale.
 
Plumeria acutifolia
Plumeria spp. o frangipane; la specie se messa in piena terra diviene alberello di medie dimensioni ma anche in vaso fa la sua figura; la coltivazione non è semplice ma dal numero di vasi esposti nei balconi di Palermo, neanche impossibile. Un odore tropicale molto delicato e discreto, prevalentemente serale.
Cestrum nocturnum, di questa specie ho già parlato; il profumo notturno emanato dai suoi piccoli, insignificanti fiori è quanto di più dolce e persistente mi riservi l’estate in fatto di profumi.


Murraya exotica
Murraya exotica, arbusto a foglia persistente appartenente alla stessa famiglia degli agrumi; i fiori estivi, bianco crema, emanano fragranza di zagara ed in autunno i frutti sono dei piccolissimi agrumi arancione. Pur preda di ragnetto ed altri accidenti patogeni ne ho sempre una pianta in balcone perché il suo profumo è, per me, rivitalizzante.

Specie rampicanti da fiore

Il posto d’onore, tra le specie rampicanti profumate, è dei gelsomini, per lo più a fiore bianco, come il tradizionale Jasminum grandiflorum o J. polyanthum, J. sambac , J. nitidum e J. multipartitum; seguono alcuni falsi gelsomini come Stephanotis floribunda e Rhincospermum jasminoides (il cui profumo trovo, veramente, un poco troppo sdolcinato); hanno profumi più delicati: glicine (Wisteria sinesis), caprifoglio (Lonicera) e Mandevilla suaveolens

Per completare la gamma dei profumi, non mi faccio mai mancare specie aromatiche a foglia profumata come: citronella (Lippia citriodora); menta, lavanda, rosmarino e un buon assortimento di pelargonium a foglia aromatizzata all’odore di spezie, di limone, all'arancia, alla mela, alla menta. Un concentrato di sentori che basta strofinare per impregnare a lungo le dita ed il naso.

lunedì 2 maggio 2011

Giardini di Sicilia: Messina

Terza puntata dei Giardini ed Orti Botanici siciliani di interesse per gli appassionati del verde

Messina

Orto Botanico "Pietro Castelli": pur di piccole dimensioni (8000 mq) questo Orto, istituito nel 1889, ospita interessanti collezioni di specie autoctone ed esotiche. Tra le più spettacolari le Sterculie per l'abbondante fruttificazione di frutti rossi ed ancora Tipuana tipu, specie della Bolivia a fioritura gialla, le felci arboree e soprattutto Pithecoctenium cynanchoides una liana che rappresenta la maggiore attrazione dell'Orto.
Questo esemplare, unico in Europa, ha trovato a Messina condizioni idonee per la fruttificazione che si è avvenuta di recente nonostante i 100 anni di permanenza della pianta nell'Orto. L'Istituzione da circa un decennio si occupa, inoltre, di conservare e preservare alcune specie vegetali a maggior rischio di estinzione della Sicilia nord-orientale (Monti Peloritani); tra esse in particolar modo la Felce bulbifera (Woodwardia radicans) una rara felce relitta del Terziario con fronde estese oltre tre metri, oggi da considerare un vero fossile vivente.
Woodwardia radicans
Ingresso presso l'Università degli Studi di Messina- Piazza XX settembre. Tel. 090391940;
aperto dal lunedì al venerdì dalle 8 alle 12,30 con ingresso gratuito. Apertura anche in altri
orari e nei fine settimana in concomitanza di manifestazioni; è previsto un servizio di visite
guidate su richiesta.
http://www.ortobotanico.messina.it/


Taormina: Villa comunale o Parco Colonna; giardino romantico realizzato da Miss Florence T. Trevelyan, nobile inglese con la passione del giardinaggio paesaggistico, stabilitasi a Taormina alla fine dell'ottocento. La caratteristica principale del parco, oggi di proprietà comunale, è la presenza di costruzioni fantastiche, le cosiddette "Victorian Follies", non abitabili, costruite con mattoni rossi e blocchi di pietra chiara per puro scopo estetico come riparo dove ritirarsi e riflettere. La flora esotica è lussureggiante (dracene, wigandia, melaleuca) e la vista dell'Etna e delle luci del golfo di Giardini sono da non perdere. Orari: tutto l'anno dalle 9 al tramonto.
Leggi qui..
Giardino rivisitato in data 6 maggio 2017

Capo d'Orlando: Villa Piccolo; pur non essendoci mai stata, so che ha un giardino interessante in quanto una dei discendenti della nobile famiglia Piccolo di Calanovella era appassionata di botanica.  (Visto nella primavera 2014 e rendicontato qui)

Provare per credere.. 








Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...