mercoledì 31 ottobre 2012

Cycas maschio ed i suoi polloni

 
Quesito
Nella casa a mare dove trascorro l’estate e tutti i week end ho una grande terrazza, molto utilizzata per cene con amici e chiacchiere estive. Da diversi anni in grandi vasi di cotto ho due piante di cycas che hanno raggiunto dimensioni ragguardevoli. Alla fine dell’inverno il giardiniere toglie le foglie vecchie e ripulisce le piante che poi emettono un giro di foglie nuove ogni estate. Quest’anno sono fiorite entrambe e con mia grande sorpresa ho scoperto che sono ambedue esemplari maschili. Mi dicono essere rarità ma indubbiamente sono un poco fastidiosi quando in fioritura emanano una polvere appiccicosa. Vorrei sapere se i polloni che si formano sul tronco possono essere utilizzati per produrre nuovi esemplari maschili.
Cycas revoluta maschio in fioritura
Risposta
Gli esemplari maschili di Cycas revoluta, che sino a trent’anni fa erano una vera rarità, sono oggi sempre più diffusi. Sia in vaso che in piena terra ho avuto modo di vederne e fotografarne diversi in ville private e giardini pubblici. Riassumo brevemente i caratteri della specie: Cycas revoluta appartiene all’ordine delle Cycadales ed è considerata la più antica gimnosperma vivente visto che ha fatto la sua comparsa sulla Terra 240 milioni di anni fa. E’ una specie dioica e pertanto la riproduzione avviene tra individui di sesso diverso. Gli esemplari maschili al momento della fioritura che avviene in estate, producono uno strobilo , una grande pigna ovoidale che emana il polline sotto forma di nuvole di polvere. Gli esemplari femminili, invece, hanno foglie particolari dette carpellari messe a protezione degli ovuli di colore arancione. Importata in Europa dalla Cina e dal Giappone alla fine del 700, prima del reperimento di individui maschili con cui ottenere piante da ovuli fecondati, la specie veniva e ancora oggi viene riprodotta da polloni, germogli ingrossati alla base che si formano sul fusto delle piante adulte e che staccati originano un nuovo individuo identico alla pianta da cui il pollone è stato preso.
Polloni di Cycas 
In genere dunque da polloni prelevati da cycas di sesso maschile dovrebbero originarsi individui maschili. Ma, questa specie sessualmente è molto strana, in letteratura botanica si annoverano casi di cambio di sesso per piante di cycas soggette a traumi da rottura o a stress idrico o climatico e potrei giurare di avere visto fiorire da maschio un esemplare di cycas sotto casa che da qualche anno si comporta da femmina. Insomma la regola, potrebbe avere un’eccezione ed allora non resta che sperimentare provando a staccare i polloni ed aspettare non meno di dieci anni per vedere..  il sesso che verrà!

Vedi anche questi post: Luogo botanico con cycascycas-revoluta-o-palma-del-sagu
cycas-baby
 

sabato 27 ottobre 2012

Sweet, sweet Stevia

Stevia rebaudiana in fioritura
Quando ti rendi conto
che la tua vita può radicalmente cambiare
ritrovandoti dall’oggi al domani a dover protestare
in una piazza bagnata di pioggia;
quando il lavoro ti viene a mancare
e non riesci più a dormire perché
il dentista si deve pagare e tu non sai dove trovare
quanto serve per poterlo saldare;
se non ti riesci a capacitare
come alle soglie della pensione qualcuno possa ritenere
di poterti licenziare dopo tutto il lavoro che hai svolto
per farlo arricchire
ti serve qualcosa di dolce da masticare
qualcosa capace di farti passare l’amaro sapore che hai in bocca
qualcosa in grado di poterti aiutare
a superare per un attimo,
solo per un attimo il tuo infinito sconforto.
 
Stevia rebaudiana, un dolce antidoto alle amarezze della vita
 
In principio era il miele, prodotto poco costoso e facilmente reperibile nei boschi e nelle campagne, a cui in cucina si affidava il compito grato di addolcire i momenti amari della vita; poi , grazie agli arabi che la importarono dal Medio Oriente fu il turno della “Cannamele” o “ miele vegetale” così come veniva chiamata la canna da zucchero (Saccharum officinarum), specie che nel tardo medioevo veniva coltivata estesamente in Sicilia e in tutto il bacino del Mediterraneo per produrre zucchero sempre più richiesto sulle mense delle classi abbienti di tutta Europa. Con la scoperta dell’America la canna da zucchero emigra nel nuovo mondo. Fu Cristoforo Colombo che nel 1515 portò talee di canna da zucchero a Santo Domingo da dove le coltivazione si diffuse in breve in altri paesi tropicali. Il duro lavoro degli schiavi diffonde le piantagioni in America ed è la potente marineria inglese a trasportare lo zucchero in Europa sino agli inizi del 800. Napoleone, che aveva imposto l’ embargo delle merci provenienti dal nuovo mondo per danneggiare gli inglesi, per sopperire alla scarsità di zucchero di canna incentiva fortemente la coltivazione della barbabietola utilizzata sino ad allora, nell’Europa continentale, come foraggio per il bestiame ma dalla quale nel 1747 un chimico tedesco era riuscito ad estrarne zucchero cristallizzabile. Da allora poco è cambiato, canna da zucchero in America e barbabietola in Europa detengono il duopolio del dolce sapore.
sweet, sweet stevia
Ma una novità vegetale si affaccia all’orizzonte: è la stevia una pianta erbacea perenne originaria delle regioni nord orientali del Paraguay nota dalla notte dei tempi alle tribù indiane di questo paese che ne usavano le foglie come masticatorio e per rendere meno amare medicine ed alimenti. Tutti i tessuti verdi della stevia sono infatti dolci perché contengono elevate quantità di una sostanza chiamata stevioside, un edulcorante naturale 300 volte più dolce del saccarosio. La scoperta delle qualità dolcificanti della specie è dovuta al botanico italo paraguayano Moises Santiago Bertoni che chiamò la specie Stevia rebaudiana in onore del farmacista paraguayano Rebaudi che per primo riuscì a separare il principio chimico dolcificante.
La stevia appartiene alla famiglia delle Asteraceae ed è un basso cespuglio a foglie dentate disposte a croce sui rami; le foglie sono carnose, croccanti e di un sapore dolcissimo, persistente e rinfrescante; da esse, disseccate, si ottiene una polvere dolce priva di calorie utilizzata in molti paesi come edulcorante naturale al posto di prodotti di sintesi come aspartame e saccarina. E’ un prodotto che può essere consumato da pazienti diabetici ed in Giappone è da tempo utilizzata per produrre la Coca Cola light. In Europa la commercializzazione della polvere di stevia è consentita dal gennaio di quest’anno e già nei supermercati se ne trovano confezioni in commercio.




Edulcorante dello zucchero a base di stevia
Io, nel mio piccolo, ho comprato due piantine di stevia presso il vivaio" Gli Aromi" di Scicli; il dottore Russino responsabile del vivaio mi dice che è una delle aromatiche oggi più richiesta dai suoi clienti in giro per l'Italia.
stevia in vaso
Può essere coltivata all’aperto solo in regioni a clima mite; dove fa freddo si potrà ripiegare sulla coltivazione in vaso da porre a riparo nei mesi invernali. E’ specie brevidiurna e dunque, nel nostro emisfero fiorisce in autunno quando, in cime terminali, produce luminosi, piccoli fiori bianchi. Intorno ai miei vasi in balcone è un via vai di api anche loro a caccia di dolcezze. Io di ritorno da scuola ne assaggio spesso una foglia e mentre la mastico e l’assaporo mi accorgo di vedere le cose con maggiore ottimismo.
Notizia

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mercoledì 24 ottobre 2012

Quiz botanico "ottobre 012"

Cinque indizi per una specie
 
 
1
Il genere cui appartengo fu scoperto da un frate francescano, scrittore ed esploratore francese, che nel 1557 visitò il Brasile, paese che descrisse in un famoso resoconto di viaggio come “Francia Antartica”

 

2
Sono estremamente velenosa: poche mie foglie e qualche seme possono stroncare un cavallo

 
3
I miei semi sono considerati, in India, un potente talismano portafortuna
 

4
Il glucoside che contengo, per quanto tossico, viene utilizzato come cardiotonico e come rimedio per abbassare la febbre
 

 
5

Sono una pianta molto ecologica: in Messico dai miei semi estraggono un olio utilizzato per la produzione di biodisel

Soluzione

sabato 20 ottobre 2012

Odontonema strictum: un fiore di rosso laccato

Da quando mi è spuntato il primo dente ed ho potuto rosicchiare, mi mangio le unghie; non ho mai smesso tranne che per un fioretto fatto quando aspettavo mio figlio; poi, passata la paura, ho ripreso. Non ho vergogna delle mie dita smozzicate a.. “modello quadrato” come ebbe a dire mia nipote da piccola, ed è un vizio del quale non mi pento e che considero innocuo ancorché antiestetico. Mangiarsi le unghie è cosa da bambini perché da adulti l’estetica ha un suo peso ed allora, in genere, si cambia vizio cominciando a fumare, anche se il vizio del fumo è molto più dispendioso e alla lunga assai pericoloso. Io invece che sono ecologista rosicchio ciò che produco attenendomi alla norma dell’autoconsumo. I miei genitori quando ero piccola non si ponevano il problema del “perché” mi rosicchiassi le unghie di mani e, talvolta , anche dei piedi (stress, insicurezza, scarsa autostima); si ponevano solo il problema delle conseguenze estetiche del mio accanimento: “Marcellina, se non ti mangi più le unghie”, mi diceva mio padre “ poi ci mettiamo sopra un bello smalto color rosso lacca ed avrai le mani da vera principessa”.
Sito reperimento foto
A parte che queste unghie di colore rosso lacca le avevo viste nel film di Biancaneve alla matrigna cattiva, poi, a me di avere le mani da vera principessa non è mai importato ed anche oggi non averle non è per me motivo di alcun accoramento, anzi; ma, quel dire paterno, deve avere lasciato traccia se il colore rosso lacca è rimasto nel mio immaginario come il colore della vera eleganza, della signorile sciccheria.
 
Sito reperimento foto
Questo colore l’ho ritrovato girovagando per i viali dell’Orto Botanico di Catania su un arbusto proveniente dal Sud America dal bel fogliame sempreverde con rami a portamento eretto che ha nome scientifico Odontonema strictum e che appartiene alla famiglia delle Acanthaceae.

In Sicilia, in zone di mare, fiorisce prevalentemente in ottobre e sino ai primi freddi ma, talvolta effettua una seconda fioritura anche in primavera e produce bellissime infiorescenze a grappoli terminali, formate da stretti fiori tubulari di un elegante, magnifico, sciccosissimo colore rosso laccato. I fiori posti uno di fronte all’altro sull’asse centrale, di aspetto ceroso, sono fecondati nei paesi d’origine dai colibrì ed è per questo che all’interno della corolla c’è una goccia di nettare che li rende particolarmente appiccicosi così, quando cadono sul pavimento del mio balcone è difficile scoparli via.
Ha grandi foglie verde brillante che poi scuriscono con l’età, dalla superficie un poco ondulata; predilige le posizioni semi ombreggiate perché le foglie si afflosciano se c’è sole diretto e fa troppo caldo. Non è difficile trovare la specie in vendita presso vivai, mercati rionali o sui camioni degli ambulanti di piante. Il mio fornitore ufficiale che si piazza ad Adrano in uno slargo vicino la scuola ne ha sempre, in ottobre, qualche vaso.

E’ un arbusto che mi piace avere in balcone in un angolo d’ombra, rinnovando periodicamente la pianta quando dopo un paio d’anni perde un poco del suo fascino. E’ attaccata facilmente da cocciniglie al colletto ed è per questo che occorre controllarla spesso e, se è del caso, trattarla. In piena terra invece si fa splendida macchia che si allarga tramite propaggini radicali.
Odontonema chiede acqua (destra)
Vuole il terreno costantemente umido, soprattutto in vaso ma non è difficile capire quando la pianta richiede acqua perché senza tanti complimenti le foglie si ammosciano e tutta la pianta ti dice: ma lo vuoi capire, o no, che mi devi idratare? Più esplicito di così!

mercoledì 17 ottobre 2012

"Ciuriciuri" mostra mercato del verde in Sicilia

Edizione autunnale della mostra mercato siciliana di piante rare ed insolite
 
 
E’ strano che in una regione grande come la Sicilia, dove tutto è un giardino e dove sono tantissimi gli appassionati di giardinaggio che affollano di query i forum tematici sul web, siano così poche le manifestazioni florovivaistiche di interesse e respiro nazionale. E dire che si potrebbe lanciare lo sguardo all’altra costa del Mediterraneo, all’Africa dove chissà che meravigliose piante, adatte al caldo e alla siccità, sono coltivate e che anche noi siciliani potremo inserire nei nostri giardini; o  conoscere cosa coltivano greci, spagnoli, maltesi o montenegrini per una scambio di informazioni botaniche e di piante che abbia come solida base comune il fattore climatico o, ancora, più semplicemente, riunire in un’unica manifestazione tutte le più importanti realtà floricole presenti nelle numerose province isolane tanto distanti e diverse tra loro. 
Nonostante quello che si potrebbe fare è deprimente constatare che non si riesce niente ad organizzare se è oramai diversi anni che non si svolge più a Messina il Viflor, grande kermesse di florovivaismo che permetteva di incontrare le principali realtà produttive dell’isola e che le poche manifestazioni locali per addetti ai lavori che si organizzano oggi sono banali riunioni di bottega tra appartenenti a gruppi o fazioni di produttori rivali.
L’unica boccata di ossigeno per noi siciliani appassionati del verde, che ci fa sentire meno periferia dell’Impero, è la mostra mercato “Ciuriciuri” organizzata da un paio d’anni in provincia di Catania dai vivai Valverde e Malvarosa che in primavera ed autunno accolgono presso le rispettive aziende giornate gioiose di incontri, dibattiti e corsi tematici riunendo il meglio del vivaismo itinerante presente oggi in Italia.
Questo fine settimana (20 e 21 ottobre 2012)  è il turno del vivaio Malvarosa di Filippo Figuera e Agata Sorbello che a Carruba di Giarre ospiteranno vivai specializzati provenienti da tutta Italia con produzioni di plumerie, ibiscus, piante esotiche, erbacee perenni, salvie e piante acquatiche

sabato 13 ottobre 2012

Pistacchi di Bronte

 
Pistacchi di Bronte
Reduce da una indimenticabile  scorpacciata di pistacchi fatta domenica scorsa all’annuale Sagra del “pistacchio di Bronte”, manifestazione giunta oramai alla sua XXIII edizione, vorrei decantare le virtù di questo frutto il cui sapore non ha niente a che vedere con il ricordo del gusto sbiadito dei verdi gelati al pistacchio comprati le domeniche di tanti anni fa, con mio nonno, al bar del mio paese. Ancora oggi la maggior parte dei gelati industriali al pistacchio hanno un colore verde bandiera ed un sapore che più che al pistacchio rimanda ad un generico gusto di torroncino tostato o di amaretto; niente di più diverso dal gelato al pistacchio che è possibile gustare a Bronte presso le più rinomate gelaterie del paese. Colore marrone chiaro con riflessi verde clorofilla, pezzetti di granella amalgamati all’impasto, gusto di pistacchio al naturale. Una vera prelibatezza, in barba alla dieta.
Gelato al pistacchio di Bronte
Il pistacchio, insieme a mandorle, noci e nocciole è un classico frutto che viene utilizzato direttamente come frutta secca o, più frequentemente, come componente di sofisticate produzioni artigianali ed industriali nel settore della gelateria, pasticceria, gastronomia, con particolare riguardo per il campo degli insaccati. Il frutto è una drupa di grandezza compresa tra una mandorla ed una nocciola, di un bel colore rosso o rosato.  

Drupe di pistacchio
Tolto il mallo per azione di sfregamento meccanico e dopo asciugatura al sole rimane un guscio legnoso molto resistente che contiene un seme oleoso, leggermente aromatico, di colore verde, ricoperto da un endocarpo rossastro che, nelle utilizzazioni pasticcere e gastronomiche viene tolto tramite pelatura.
Pistacchi di Bronte con il guscio e sgusciati ma con endocarpo

In Italia la maggior parte della produzione è concentrata in Sicilia ed in particolarmente a Bronte, paese del catanese, dove il pistacchio viene ancora coltivato con metodi tradizionali su sciare vulcaniche.
Bronte
Sarà proprio il microclima che caratterizza la zona di produzione o le condizioni del suolo ricco di sostanze minerali per la presenza del vulcano Etna, o saranno, ancora, i metodi di coltivazione tradizionali che utilizzano il terebinto come portainnesto del pistacchio, una pianta spontanea tipica della flora mediterranea che conferisce alla varietà innestata doti di resistenza e sapore, ma il pistacchio che si produce a Bronte è il più apprezzato dal mercato delle produzioni dolciarie e gastronomiche di qualità perché a fronte di un costo maggiore dovuto alle basse produzioni che vengono raccolte ad anni alterni e alla forte incidenza del costo della manodopera necessaria per effettuare la raccolta a mano, il pistacchio siciliano presenta caratteristiche di pregio quali alta tenuta del colore verde, un elevato contenuto in clorofilla ed in acidi grassi insaturi che conferiscono al frutto un aroma particolare. Niente a che vedere con il gusto ed il colore dei pistacchi gialli iraniani, turchi o siriani che a fronte di un prezzo più basso hanno colore sbiadito e parametri qualitativi standard che li rendono idonei al consumo come frutti tostati e salati. Il pistacchio di Bronte ha ottenuto il marchio DOP (Denominazione d'Origine Protetta) e pertanto la sua produzione e commercializzazione è regolamentata da un Disciplinare a garanzia di origine e qualità.
Alla Sagra del pistacchio di Bronte le degustazioni andavano oltre il semplice gelato che era affiancato da creme spalmabili, torte e torroni; in campo gastronomico ottimo l’arancino al pistacchio, il pesto per condire i primi o la salsiccia di suino nero dei Nebrodi aromatizzata al pistacchio di Bronte. Tutto, da me rigorosamente degustato. Novità dell’anno l’olio di pistacchio ottenuto con spremitura a freddo su frutti leggermente tostati. Si ottiene un prodotto di bassa acidità, colore verde intenso ed un profumo netto di pistacchio con un sapore fruttato ed intenso. Un prodotto da utilizzare a crudo sia su insalate che in pasticceria; a detta degli esperti, un olio per veri gourmet.


Sul pistacchio puoi anche leggere un altro post  più centrato sulle caratteristiche della specie e la particolare tecnica di coltivazione.

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mercoledì 10 ottobre 2012

Anredera cordifolia: un rampicante in fuga

Il gruppo delle piante definite “rampicanti” comprende specie assai diverse tra loro per caratteristiche botaniche, provenienza geografica, valenza estetica ma che hanno in comune la capacità di sapersi arrampicare, avvalendosi generalmente di un sostegno, alla ricerca di spazio, luce, umidità.
Sono specie molto competitive, soprattutto quelle di origine tropicale, che manifestano, nei luoghi d’origine uno sviluppo aggressivo e rigoglioso che è poi il motivo della loro utilizzazione in giardino; sono infatti per lo più specie adattabili, competitive, di rapida crescita, utilizzate per ricoprire superfici verticali, pali, recinzioni , schermi visivi, con un effetto estetico basato sulla bellezza delle fioriture e talvolta del fogliame che presenta spesso effetti cromatici autunnali particolarmente apprezzati nei giardini. La domesticazione di queste specie, con il passare del tempo, ha determinato la perdita di alcune caratteristiche originariamente presenti in natura; l’ibridazione e la selezione operata dall’uomo ha reso, infatti, in alcuni casi, assai cambiate le piante oggi coltivate rispetto ai loro capostipiti.  È il caso di specie come il glicine (Wisteria sinensis) il cui progenitore era molto diverso dalla specie oggi coltivata o  Passiflora edulis che non ha più il corrispettivo selvatico *. Ogni regola, tuttavia ha delle eccezioni, ci sono infatti specie che nel tempo hanno manifestato una forte avversione verso le costrizioni imposte dall’uomo comportandosi in giardino con la stesso approccio aggressivo evidenziato nei luoghi d’origine; ciò ne ha fatto vegetali sempre in fuga dagli spazi angusti e confinati loro assegnati, alla ricerca di nuove libertà. Sono specie rinselvatichite, invadenti, invasive e per questo considerate potenzialmente pericolose.

Cerca nella nomenclatura GRIN: Anredera cordifolia
E’ questo il caso di Anredera cordifolia una liana sempreverde di origine brasiliana naturalizzata in tutto il mondo e comunemente nota, in Europa, come "Madeira vine". Diffusa in ambienti caldi del Mediterraneo si spinge anche al nord dove d’inverno tende a scomparire per rigettare dalle radici tuberose nuovamente in primavera. La specie ha una grande capacità di propagazione partendo da tubercoli radicali che si formano lungo i fusti aerei e che si staccano spontaneamente dalla pianta madre per effetto del loro stesso peso o di urti provocati dal vento. 
Tubercoli radicali di Anredera cordifolia
Questi tubercoli, giunti al suolo, anche solo appoggiati su di un poco di terra, emettono subito radici cominciando ad produrre tralci volubili di colore tendente al rosso che salgono in alto in cerca di appigli; trovato un sostegno si spingono sino ad altezze di oltre 10 metri ricoprendo interamente ogni ostacolo che possa essere utilizzato come supporto; sui fili della luce, ad esempio, l’anredera forma festoni verdi che si ammatassano ogni anno di più. 



Anredera cordifolia su Strelitzia alba
La specie, raramente menzionata nei manuali di giardinaggio, è sempreverde e porta foglie intere, cuoriformi, lievemente carnose, di colore verde tenero.  In ottobre l’intera pianta si ricopre di morbide pannocchie di fiori crema, stellati, che emanano a sera un lieve sentore di anice. La fioritura è di breve durata ma intensa al termine della quale i fiori appassiti diventano neri portando frutticini indeiscenti, che spinti dal vento cominciano a svolazzare di qua e di la. In questa fase è obbligo dirlo, la pianta non ha un aspetto particolarmente gradevole.

Fasi della fioritura di Anredera cordifolia

Anredera cordifolia, un tempo classificata come Boussingaultia baselloides è, a conti fatti, da consigliare come rampicante di campagna che può essere utile, in un contesto rurale, in quelle situazioni disperate dove non conta la bellezza della specie ma la sua utilità: brutture da nascondere, scarpate da ricoprire, angoli da schermare. In vaso l’ho provata anni fa quando disperata non trovavo nessun rampicante in grado di ricoprire dei graticci messi in balcone. Dopo un primo momento di grande entusiasmo per la frugalità e resistenza della specie che riusciva a crescere anche in posizioni di pieno sole mi sono, col tempo, dovuta ricredere. L’anredera è pianta che cresce in altezza e si ramifica poco; dal vaso si alzavano esili liane che salivano, salivano travalicando il frontalino del mio balcone per salire ancora più in alto continuando sulla ringhiera del vicino, al piano di sopra. Ottime pianta scalatrice, dunque, ma in vaso, la pianta non ha molto da dire.  Negli Stati Uniti, in Canada, in Australia, Nuova Zelanda e in Sud Africa la specie è considerata “erbaccia nociva”, bollata come invasore delle campagne. Da noi non siamo ancora a questi livelli ma, nei giardini di campagna, è meglio controllare che non si prenda troppe libertà.
* F. Consolino, E.Banfi, Piante rampicanti, Arnoldo Mondadori Editore, Milano 1993, pag.40

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domenica 7 ottobre 2012

Soluzione Cruciverba dell'Orto



Orizzontale: 1: determina, nell’orto, il momento più opportuno per effettuare le semine ;
Verticale:
1: buon terriccio ottenuto dagli scarti organici dell’orto;
2 : piante che per effetto di fenomeni degenerativi presentano i germogli i come se fossero   stati sottoposti a “cottura”;
3: nemiche … striscianti dell’orto;
4: dragoncello;
5: parte superiore dell’innesto;
6: genere della carota;
7: piante spontanee alimentari spesso coltivate nell’orto;
8: Eruta sativa;
9: dare luogo ad individui ottenuti da incrocio tra specie diverse;
10: Allium cepa degli inglesi;
11: piccola superficie di terreno, che si utilizza per la semina, sul fondo della quale viene depositato uno strato di letame fresco che si ricopre con altro terriccio.
12: pianta che produce bruciore;
13: piccoli organismi animali, spesso di dimensioni sub microscopiche, che vivono nel terreno e possono essere causa di danni agli apparati radicali delle ortive
14: le raccolgono gli inglesi se coltivano … melanzane;
15; tecnica coltura che consiste nel coltivare specie diverse in successione predefinita;
16:
Allium schoenoprasum;

mercoledì 3 ottobre 2012

Anagrammi botanici d'autunno

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Propongo un passatempo dei più lievi, la risoluzione di semplici anagrammi di nomi comuni di piante da orto, spontanee e da giardino tipiche della stagione autunnale.
 
"io ricca"
 
 
***
"schifati con veicolo"
 
 
***
"facevi orlo"
 
***
"bruno timpa"
 
***
"romagnole"
 
***
"marconiste"
 
Per gli anagrammi ho utilizzato un simpatico programma online

SOLUZIONE

 
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