lunedì 11 dicembre 2023

Ettore Paternò paesaggista-giardiniere

 

All’Orto Botanico di Catania,  giovedì 7 dicembre è stata inaugurata una mostra dedicata alla vita e al lavoro di Ettore Paternò del Toscano, paesaggista catanese (1919- 2009) che insieme alla moglie Maria Antonietta Vittorelli ha dedicato tutta la sua vita alla conoscenza e all’acclimatazione in Sicilia di specie esotiche e tropicali, palme soprattutto che coltivava nel grande parco che attorniava la sua casa di Sant’Agata li Battiati.

Parco Paternò 30 luglio  1993

Una passione, quella per le piante, che aveva manifestato fin da ragazzo quando, come lui stesso amava raccontare, piuttosto che la scuola preferiva frequentare l’Orto Botanico di Catania ed il Giardino Bellini, per imparare dai giardinieri il mestiere più bello del mondo che era per lui conoscere e sapere coltivare le piante. Cominciò da prima a piantare platani e tigli nel parco intorno la sua casa  ma era la flora tropicale che lo attirava ed iniziò a studiare le esigenze e le caratteristiche di specie esotiche che sembravano potere adattarsi al clima mediterraneo, introducendole nel suo giardino che trasformò, presto,  in un parco di acclimatazione.

Fu una vera rivoluzione cultural botanica per quell'epoca, gli anni 70, pensare di rinunciare per il verde ornamentale a specie come thuja, chamaecyparis, photinia o Hibiscus syriacus provenienti da Pistoia e zone affini preferendo ad esse specie sud americane, asiatiche, australiane che in Sicilia a suo dire si potevano coltivare con successo e anche produrre. Nel suo giardino cominciarono ad arrivare da ogni dove specie botaniche ritenute novità per quell’epoca: Brachychiton in diverse specie (come i bellissimi esemplari di Brachychiton rupestris che ancora oggi fanno prezioso il suo giardino; tante palme come jubaea, caryota, howea, sabal, brahea Cocos romanzoffianus (oggi Syagrus romanzoffiana) scelto, quest’ultimo perché adattabile alle basse temperature.

Ed ancora, tra gli alberi, bauhinie, jacarande, eritrine, grevillee, lagunarie, Parkinsonia aculeata,Wigandia caracasana, Pittosporum ondulatum, acokanthera, noline, dracene.
Tutte specie che erano state scelte dopo averle studiate sui libri (Hortica, Tropica, Exotica) senza mai spostarsi dal suo studio,  e poi acquistate per ogni dove o importate da vivaisti amici. 
La sua sensibilità botanica lo portava a ricreare nel giardino angoli di foresta dove il fogliame, piuttosto che le fioriture aveva un ruolo dominante. Un verde dalle tante sfumature e tramature che imprimeva movimento e varietà di vedute al giardino filtrando la luce e creando un’ombra sempre diversa, basilare in Sicilia per riuscire a vivere all’aperto l’estate isolana. Il suo era un giardino di luci ed ombre come amava definirlo, tanto da darne il titolo al suo libro "Luci ed ombre nei giardini siciliani" scritto nel 1992 a quattro mani con la moglie Maria Antonietta.
Sono tanti i giardini pubblici e privati che in Sicilia, e non solo, in tanti anni di carriera sono stati realizzati da Ettore Paternò che, a supporto della sua attività di progettista, avviò, su terreni di sua proprietà, un’azienda vivaistica dove produrre le specie da lui più utilizzate nelle sue realizzazioni. Il tratto comune di questi giardini era il modo in cui Ettore Paternò, con sensibilità botanica, riusciva a creare associazioni vegetali di aspetto molto naturale pur utilizzando specie mai cresciute spontaneamente assieme, scegliendo le  specie  in funzione delle specifiche esigenze climatiche e soprattutto idriche, calibrate in rapporto alla scarsa disponibilità di acqua dei territori in cui i giardini venivano realizzati e  adottando nella progettazione, criteri di sostenibilità ed economicità di gestione del verde da ritenersi antesignani per l’epoca; giardini fitti di piante e con molti arredi quali sedute, vasche o terrecotte che rimandavano sempre alla Sicilia attraverso l’uso di ceramiche dai decori  tradizionali .

La mostra “Ettore Paternò del Toscano” è stata organizzata, dopo molte vicissitudini,   dall'  Etna Garden Club di Catania del quale Ettore Paternò fu socio fondatore e Presidente, in collaborazione con Sergio Cumitini di Verde Siderale e l'Orto Botanico di Catania che ha fornito la sede espositiva. I soci del Garden Club hanno partecipato al finanziamento della mostra, aprendo i loro giardini ad un pubblico pagante nel corso di una manifestazione chiamata "Di Giardino in Giardino" che si è tenuta nella primavera di due anni fa.
Visitando la mostra, chi ha conosciuto Ettore Paternò proverà nostalgia e commozione rivedendo i suoi libri scoloriti per le continue consultazioni, le foto dei suoi giardini, i progetti originari colorati ad acquarello dalla moglie.
Chi non lo ha conosciuto di persona avrà modo di scoprire le qualità umane e professionali di uno dei più importanti paesaggisti italiani della sua epoca. L’ingresso è gratuito e la mostra rimarrà aperta, esclusa la domenica, sino al 5 gennaio.
PS
Dato il grande successo di pubblico di questi giorni e per permettere la visita a tutti coloro che non ne hanno l’immediata possibilità, la mostra è stata prorogata fino al 15 gennaio, visitabile dal lunedì al venerdì, sabato e domenica chiuso

martedì 7 novembre 2023

Un piccolo giardino che guarda il mare.....

.... all'ombra della Timpa di Acireale

 

Il paese di Santa Maria la Scala è un piccolo borgo marinaro che in Sicilia si affaccia sulla costa ionica subito dopo la riviera dei Ciclopi, in direzione Messina, proprio sotto Acireale e a ridosso della Timpa, una ripida e verde scarpata di basalti vulcanici che strapiomba sugli scogli, giù a mare.

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Una chiesa, qualche palazzotto nobiliare di fine ottocento, di color rosso mattone o giallo ocra, le casuzze dei pescatori, per lo più modeste, con le facciate e le finestre scrostate dall’aria di mare e la biancheria scompagnata stesa al sole; alcune case ristrutturate da vacanzieri estivi, qualche trattoria, niente negozi frivoli, né guardia medica; un piccolo porticciolo a riparo di barche da lavoro ed una strada che costeggia il mare e che, fino a poco tempo fa, portava ad un mulino.


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In questo piccolo paese che d’inverno conta appena 400 abitanti, in una luminosa giornata di novembre, sono venuta a trovare Eugenio e Ida, una coppia, parente di amici, con una storia personale da raccontare ed un piccolo giardino da mostrare.
Lui 90 anni, lei 84, un passato intenso di lavoro ed hobby, una terza età felice, ancora oggi piena di attività e di interessi. Ogni età una passione: prima la barca a vela, poi lo sci da discesa esplorando tutto l’arco alpino , in seguito un entusiasmo molto british per il golf. Tra una passione e l’altra, negli anni settanta Ida ed Eugenio decidono di cercare una casa al mare dove tenere la barca in estate e riposare nei fine settimana. Ne vedono tante senza successo fino a che non si imbattono in una piccola casa tutta scalini e pochi vani affacciata sul porto del paese di Santa Maria la Scala; niente di particolare se non celasse al suo interno una sorpresa: un piccolo giardino coltivato ad agrumi soprattutto limoni ed arance, posto sul retro della casa, abbarbicato su antichi terrazzamenti da cui sbirciare i tetti ed il mare, sovrastati dal verde verticale della Timpa.
Questa casa divenne presto il motore di una nuova passione rivolta a trasformare il giardino in casa: una cucina in muratura all’aperto per spignattare, il tavolo conviviale sotto la pergola dove accogliere, a pranzo e a cena, frotte di amici e parenti; cuscini e sdraio per riposare; una piccola veranda come luogo in cui meditare e tante piante da coltivare.
Il giardino di Ida ed Eugenio è, oggi, un luogo di relax molto meno frequentato di un tempo, con piante di utilità (agrumi, aromi) e di ornamento facili da coltivare perché in grado di gestirsi da sole, visto che per vari acciacchi le giornate al mare ed in giardino non sono più frequentissime come un tempo.
Grandi cespi di strelitzia a delimitare il ciglio del terrazzamento con funzione di barriera di contenimento; cespugli di camelia che gradiscono in modo speciale il clima e soprattutto il terreno vulcanico etneo; una pianta di papiro, un Philodendron dalle grandi foglie frangiate; delle bulbose, poche rose, chlorophytum al bordo dei camminamenti in pietra lavica.
Un piccolo prato calpestabile da sfalciare; un alto muro di contenimento del confine terminale colonizzato da annose piante di cappero. 
Oggi Eugenio ed Ida stanno pensando a cosa fare nel loro giardino per dosare forze e fatica in questa fase della loro vita. E’ Ida la più pragmatica: “ Abbiamo realizzato una cucina anche dentro casa perché d’inverno cucinare fuori mi diventava troppo faticoso"; “ Devo stare molto attenta in giardino perché un paio di anni fa per raccogliere le arance sono caduta dalla scala addosso a mio marito, lussandomi una spalla e da poco mi sono operata all'anca”; “ al posto del pesco morituro cosa metto? Una specie veloce ché ho fretta di vederne i frutti". "Per coprire il muraglione del confine quale rosa? Meglio una varietà vigorosa a crescita rapida che non mi disturbi però i miei adorati capperi”, “Vorrei aggiungere qualcosa: che ne dici delle fragole, ricadenti sul bordo del parapetto della cucina” e, suggerisco io, anche qualche pianta da profumo come gelsomino o cestrum che sono specie indispensabili per ogni luogo di relax.  
Tanti buoni propositi per un giardino che si mantiene gradevole da vedere, accogliente ed ospitale come i suoi proprietari.  Per il futuro tutto dipenderà dall'umore e dagli interessi di Eugenio ed Ida che hanno ancora tante emozioni da volere provare come che so cavalcare o perché no, volare.

domenica 3 settembre 2023

Il Giardino botanico di Agrigento

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Agrigento e la sua Valle dei Templi sono una delle mete turistiche più gettonate della Sicilia sin dai tempi del Grand Tour; la pietra dorata dei templi dell’antica Akragas che guardano il mare ed il Museo Archeologico che ne racchiude i tesori bastano da soli a rendere memorabili alcuni giorni di vacanza sull’isola. 
Per gli appassionati del turismo botanico, tuttavia, Agrigento offre non molte opportunità; la meta più nota e frequentata è certamente il Giardino della Kolymbethra, gestito dal Fai all’interno della Valle dei Templi; un luogo magnifico dal punto di vista storico e paesaggistico che, tuttavia, può non dare piena soddisfazione  a chi si interessa di verde ornamentale.
La Kolymbethra era, infatti, un grande bacino di raccolta dell’acqua che a partire da V secolo A. C. è stato utilizzato come invaso e peschiera, alimentato da sorgenti le cui acque erano trasportate alla vasca attraverso canali ipogei scavati nella roccia, alcuni dei quali ancora in funzione e visitabili; oggi la vasca non è più riconoscibile ma nel canalone che la ospitava è stato realizzato un giardino che dal punto di vista botanico si adegua ai dettami previsti dal Piano del Parco Archeologico che indica, per l’intera area interessata, la realizzazione di coltivazioni agricole a carattere mediterraneo. Il giardino della Kolymbethra è pertanto una collezione di specie e varietà di agrumi e di piante agricole mediterranee come gelsi, noci, mandorli, pistacchi, melograni; un angolo di campagna mediterranea in un’area di elevata valenza storica e paesaggistica, di indubbia bellezza quando in primavera fiorisce la zagara che riempie il luogo di profumi e ronzii ma con tratti peculiari più da paesaggio agrario  che  da  giardino d'ornamento.
Il Giardino Botanico di Agrigento
Anche se ne avevo sentito parlare già da qualche anno non avevo ancora avuto modo di visitare un altro giardino della città di Agrigento: il Giardino Botanico  che, almeno nel significato del nome avrebbe dovuto avere le premesse per soddisfare la mia passione sia per i giardini che gli Orti Botanici. Questa estate ho avuto l'occasione di una visita  trovando anche in questo caso un luogo, come alla Kolimbethra, dove risulta  preponderante l'interesse storico e paesaggistico del giardino piuttosto che i caratteri del suo verde ornamentale. 
Il Giardino Botanico è, infatti,  un grande spazio verde, esteso oltre sette ettari, di proprietà della ex Provincia Regionale, diventata oggi Libero Consorzio Comunale di Agrigento, che si sviluppa nell’area occupata sino agli anni ‘80 dall’ex ospedale psichiatrico di città. Il giardino va a degradare in ampie terrazze partendo da una balza rocciosa che è limitrofa alla linea delle fortificazioni dell’antica città greca e dell’area dell’attuale parco archeologico. Negli ultimi anni l’intera superficie, da tempo dismessa,  è stata ripulita, recuperata ed aperta al pubblico; presenta alcuni edifici sede di uffici comunali, una rete di sentieri che ne consentono un’adeguata visione ed un’area giochi per i più piccoli.
Il verde, anche in questo giardino, è di tipo “mediterraneo” includendo sia specie autoctone come olivi e mandorli che specie naturalizzate come gli agrumi ed il fico d’india. Molte sono le specie succulente, tante sono le specie di agavi e numerose sono le palme e le Cycadaceae. Un giardino a bassa manutenzione dove, le piante, nella maggior parte dei casi, sono esemplari superstiti dell’area a verde che l’ospedale utilizzava come spazio agricolo per i propri degenti, piante eroiche che negli anni di abbandono hanno resistito al caldo e alle scarse disponibilità idriche adattandosi alla situazione. In passato era stata intrapresa una collaborazione con l’Università di Palermo per recuperare, integrandolo il patrimonio vegetale del giardino, ma se il recupero dell’area è avvenuto con successo soprattutto con lavori di messa in sicurezza del costone roccioso, l’integrazione del verde preesistente con nuove acquisizioni non sembra ancora del tutto completata.
La caratteristiche  che rendono questo giardino particolarmente suggestivo sono, ancora una volta ad Agrigento,  le prerogative storiche e geologiche che hanno segnato  l’alta parete rocciosa che delimita il confine più settentrionale del giardino. Le rocce che la compongono sono di natura calcarenitica con un’alternanza di morfologie che le danno movimento e colore e costituiscono la parte residua di un’antica cava sfruttata già ai tempi dei greci per l’edificazione della città. La particolare situazione geologica ed il tipo di roccia sedimentaria hanno permesso nei secoli di scavare all’interno della parete sia cunicoli (ipogei) atti al reperimento delle acque di falda con la creazione di pozzi e gallerie che vani a scopo abitativo dotati di porte e finestre.
Il luogo, nel 2025 quando Agrigento sarà dichiarata Capitale Italiana della Culturale verrà utilizzato come teatro di pietra dove svolgere rappresentazioni classiche mentre gli spazi ipogei saranno sede di attività espositive. Il Giardino Botanico è stato tra i più votati dagli agrigentini come Luogo del Cuore Fai negli anni trascorsi ed è sede di iniziative di divulgazione ambientale.
Apertura dal lunedì al venerdì dalle 9 alle 12 ( in realtà noi ci siamo rimasti fino alle 14,00); martedì 15,30-17,30.
Numeri per prenotazioni ed informazioni 0922-593813; 0922-593806

mercoledì 9 agosto 2023

Il giardino pensile della cantina Pietradolce

 

Il versante nord dell’Etna, quello che guarda i Nebrodi e la Valle del fiume Alcantara, è molto particolare da un punto di vista paesaggistico;  i crateri sommitali più attivi dell’Etna sono nascosti dal cratere centrale che fuma tranquillo senza parossismi ed ansie.

Le pendici del vulcano, in questo versante, sono molto boscate e poco attraversate da strade ed i paesi come Linguaglossa, Randazzo, Castiglione di Sicilia e Bronte sono distanziati tra loro, con poche abitazioni sparse nelle campagne. Il paesaggio agricolo, dai mille metri di quota in giù, fino alle balze del fiume Alcantara, è dominato dalla coltivazione del vigneto. 
Sarà per il terreno vulcanico sciolto e sabbioso e ricco di minerali ferrosi, sarà per l’esposizione ed il particolare microclima, per la qualità delle varietà locali (Nerello Marsalese, Nerello Cappuccio per il vino rosso e Carricante per il bianco) e per le tecniche di vinificazione ma il vino Etna Doc, dal colore rosso rubino e dal sapore intenso ed armonico, tutelato oggi da un Consorzio che comprende oltre 142 contrade etnee in 11 comuni, è un prodotto antico che soddisfa i palati moderni visto che è sempre più richiesto sul mercato nazionale ed estero con una produzione di tre milioni e mezzo di bottiglie per i primi sei mesi del 2023.
Tra le tante aziende che negli ultimi vent’anni sono andate ad aggiungersi ai produttori di più antica tradizione vi è la famiglia Faro, imprenditori del verde che nella Sicilia ionica, a Giarre, hanno realizzato sotto la guida del capostipite Venerando, un gruppo aziendale vivaistico per un totale di circa 600 ettari, con un catalogo di oltre 5000 tra specie e varietà, che propone e realizza grandi progetti di aree a verde in tutto il Mediterraneo e oltre. Mario e Michele Faro, che rappresentano la seconda generazione al comando dell’azienda, hanno impresso alle attività di famiglia una marcia in più, diversificando la produzione, espandendosi nel settore del turismo verde con la realizzazione del grande parco botanico Radicepura, luogo di eventi e di iniziative legate al paesaggio e di luoghi di charme immersi in una lussureggiante vegetazione tropicale come Donna Carmela e Don Ferdinando, per l’accoglienza di un turismo d’elite.
Grazie alla passione di Michele per l’enologia,  anche il vino è diventato business di famiglia.  A partire dal 2005 sono stati acquistati 11 ettari di vigneto a Solicchiata, frazione di Castiglione di Sicilia,  zona tra le più rinomate per la produzione del vino Etna Doc.
E’ stata poi realizzata, su progetto dell’architetto Viviana Haddad, la cantina Pietradolce, a ridosso dei vigneti di proprietà, la cui struttura, dalle linee moderne ed essenziali è perfettamente integrata nel territorio vulcanico circostante, ospitando al suo interno le più innovative tecniche di produzione enologica che si coniugano però con la tradizione di un’ antica sapienza contadina. 

In pochi anni la cantina ha raggiunto una produzione di circa 130 mila litri di vino suddiviso in cinque etichette di gran livello con due vini di altissima gamma ottenuti da viti pre fillossera, franche di piede, come il Barbagalli Etna rosso e il Sant’Andrea Bianco. La cantina ha ambienti di grande suggestione come la bottaia o il caveau dei vini, ospita installazioni di importanti artisti siciliani e del nord e dispone di una zona degustazione molto accogliente, che guarda da grandi vetrate i vigneti sottostanti, spaziando la vista fino alla valle dell’Alcantara.
A lato della sala ci si affaccia su un’area di soggiorno all’aperto contornata da un giardino a connotazione naturalistica che copre e mimetizza il tetto dei magazzini sottostanti.
E’ un giardino pensile, realizzato circa otto anni fa da Franco Livoti, che è il progettista del verde dei Grandi Vivai Faro, ed è stato pensato con l’idea di integrare il fabbricato della cantina nel paesaggio circostante utilizzando specie spontanee della vegetazione arborea ed arbustiva etnea che è possibile ritrovare all’interno delle cosiddette dagale, isole di vegetazione pioniera che si formano dentro ampi fronti lavici costituiti da materiale vulcanico incoerente.
Betula aetnensis è la specie più rappresentativa di questo giardino, la cui corteccia bianca che si sfalda ad anelli ripropone la presenza alle alte quote etnee di questa specie relitta di epoche climaticamente remote. Tra le specie arboree presenti vi sono aceri, frassini, corbezzoli, lecci in associazione con specie arbustive come ginestra (Spartium junceum), terebinto, Bupleurum fruticosum, Euphorbia ceratocarpa, Euphorbia dendroides, cisti, aromatiche come il rosmarino, presente in grandi macchie, fillirea, ruta; per il tocco di colore è stato usato il giallo dell’ elicriso e del papavero cornuto ( Glaucium flavum) ed il rosa del Dianthus rupestris; per il bianco argentato, le foglie di Teucrium fruticans e senecio.
La realizzazione di questo giardino ha comportato l’utilizzo di vasconi profondi un metro riempiti con terriccio e pomice dell’Etna per ridurne il peso; in alcuni punti, per aumentarne la profondità a beneficio di specie arboree di buono sviluppo come la betulla e per dare movimento alla composizione, si è ricorsi alla baulatura del suolo, con riporto di terreno incoerente, in modo da aumentare la profondità complessiva a circa due metri; essendo, poi,  il fabbricato addossato ad un terrapieno si è utilizzata questa zona per concentrarvi le specie arboree di maggiore sviluppo.
Betulle all'impianto (2015) e oggi

Il giardino pensile della cantina Pietradolce è una ben riuscita rappresentazione di un ecosistema naturale in cui passeggiare, prima di assaporare in armonia con il paesaggio circostante,  un buon calice di vino.

lunedì 26 giugno 2023

Pannocchie da mare

 

Quest’anno il primo giorno di mare ha avuto un sapore davvero speciale, innanzitutto per il luogo che, a Catania, non è stato il nostro solito lido abituale il cui costo per cabina ed ingressi è andato così tanto a lievitare insieme a regole, norme e cavilli che ci siamo convinti, quest’estate a rinunciare a consolidate consuetudini decennali, per esplorare nuove opportunità balneari. La prima di queste, la più banale è stata quella di scegliere la completa gratuità di una delle tante spiagge libere comunali, distribuite sul litorale catanese. Prima cosa da imparare è che pur essendo una spiaggia “libera” ci sono regole da rispettare: ombrelloni nelle retrovie ed in prima fila solo i fanatici del sole senza se e senza ma. Ci sono i servizi, ci sono le docce, c’è il bar e anche gli spogliatoi e per quanto riguarda l’utenza, ci sono tante famiglie, come noi, desiderose di un po’ di relax.

rendere particolare il vissuto di questa primo approccio al nuovo mare, mentre metto i piedi in acqua a tastarne temperatura e pulizia passa sul bagnasciuga un carretto tirato da un ragazzo di colore. Cosa venderà? non cianfrusaglie, non teli da mare, non bibite fresche ne cocco bello ma pannocchie di mais da arrostire al momento su di un braciere a carbone, servite condite con sale ed olio su una foglia di pannocchia a mo’ di piatto. Una novità assoluta in fatto di beach food sul litorale catanese.

E nonostante la temperatura sia già canicolare decido di acquistare le mie prime pannocchie da mare. Abdul è un giovane, pieno di iniziativa come molti marocchini suoi connazionali; sfoglia la pannocchia a me destinata e la mette a cuocere in un piccolo contenitore dove crepita il carbone.
Mi dice che è la prima volta che viene a Catania ma di essere un habitué di altre coste come il litorale romano. Gli chiedo da dove proviene il suo mais che da noi non è una coltivazione usuale  e mi dice che Palermo è il luogo di produzione delle sue pannocchie da asporto che con buona diffusione vengono bollite, in città, in grandi pentoloni agli angoli delle strade o arrostite su postazioni fisse a testimoniare una volta di più come è grande la diversità, anche dal punto di vista alimentare, tra i due versanti della Sicilia.
"Quanta strada hai fatto tirando il tuo carretto?": "Ho cominciato da poco e siamo in tre che ci dividiamo il percorso lungo il litorale"; "quante pannocchie hai venduto?" : "E’ il mio primo giorno ed al momento ne ho vendute solo due, le tue". Saluto Abdul augurandogli un buon inizio di stagione e sotto l’ ombrellone addento con circospezione la pannocchia ancora calda.

Il mais ha un buon sapore, i chicchi sono morbidi e si staccano facilmente inglobando lingua e denti in un pastazzo gradevole. Non so che fortuna potranno avere sul litorale catanese Abdul e le sue pannocchie da mare ma è certo che sarà assolutamente da evitare di dirne ad altri la provenienza: per me che sono ennese non fa differenza ma per molti dei locali sapere che le pannocchie da acquistare provengono da Palermo Capitale potrebbe essere un imperdonabile peccato mortale, su cui non sarebbe possibile sorvolare .

domenica 7 maggio 2023

Inaugurazione del Radicepura Garden Festival 023

 

Si è inaugurata oggi a Giarre la IV edizione del Radicepura Garden Festival, Biennale del Paesaggio Mediterraneo, organizzata dalla Fondazione Radicepura che fa capo alla famiglia Faro, vivaisti-imprenditori siciliani da due generazioni, che hanno creato, a due passi da Taormina, un parco botanico di oltre cinque ettari dedicato al Giardino Mediterraneo. Il grande spazio a verde, tra Etna e mare, ospita in modo permanente una struttura dedicata all’accoglienza congressuale ed a eventi privati immersa in un parco con oltre 3000 specie vegetali (e 7000 varietà), mediterranee ed esotiche distribuite in aree dedicate (Horticultural Park, Diamond Terrase, Amity Terrace) che si susseguono raccontando le collezioni di palme, Cicadaceae, grandi alberi e piante da fiore messe insieme in tanti anni di attività dal capostipite Venerando Faro.

Una parte consistente del Parco è dedicata ad installazioni vegetali permanenti realizzate in occasione delle precedenti edizioni del Festival da paesaggisti di fama internazionale come: Antonio Perazzi (Home ground), Sturgeon (Layers), Basson (Alfeo e Aretusa), Péna ( Tour d’Y Voir), Abelanet ( Anamorphose) o da artisti come Emilio Isgrò ( Il sogno di Empedocle), Alfio Bonanno (Fossili), Adrian Paci (Compito#1) a cui si affiancano ogni due anni nuovi giardini i cui progettisti sono i vincitori di un concorso di idee ispirato ad un tema conduttore diverso per ogni edizione.

Se nelle precedenti stagioni si è parlato di Giardini Produttivi, Essenza Mediterranea, Gardens for the future, nella edizione di quest’anno il tema ispiratore è: “Il giardino delle Piante” ed il simbolo prescelto per la manifestazione è il carrubo una pianta mediterranea tra le più rappresentative della Sicilia, dotata di capacità di adattamento in condizioni climaticamente estreme per caldo e ridotte risorse idriche.
I progetti vincitori di quest’anno che, come nelle precedenti edizioni,  hanno acquisito il diritto di essere realizzati all'interno del parco di Radicepura, utilizzando un piccolo badget e le piante fornire dai Grandi Vivai Faro sono: Apiaceae (Team Sylvestre, Louis Richard ed Etienne Lapleau); Inviolabile Amuranza (Nicoleta Aveni), Ufo, una foresta occulta ( The BoHorz collective “Marialaura Calogero, Matteo Pennisi, Graziano Testa); Shadow and stone ( Sara Stojakovic a Ana Toth); Alla mensa di madre Etna, Shy Pavilion( Team Atelier NOT Adrian Wen, Frank Wu, Freya Jiao), The Womb garden ( Thomas Brown); Di-scendere (Marta Prosello, Andrea D'Ascola, Sofia Ronchini).
Come progettista di punta, espone quest’anno a Radicepura, Paolo Pejrone con la sua installazione Vento ed Acqua tentativi di resilienza ancora in lavorazione. 
Oggi si è tenuta l’inaugurazione del Festival con il taglio del nastro di apertura della mostra alla presenza di un pubblico di invitati e di semplici appassionati che hanno potuto vedere per la prima volta i giardini alla presenza dei relativi autori. Una comitato di tecnici ed esperti del verde ha poi giudicato le diverse realizzazioni per fornire indicazioni ai progettisti sulla riuscita o meno della trasposizione in campo di quanto progettato. 
Io i giardini li ho visti e mi sono sembrati molto, forse troppo, concettuali nell'idea progettuale e ancora acerbi nella componente vegetale ma ci sarà tanto tempo in questa lunga stagione di apertura, per raccontarne pregi e difetti
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