sabato 29 giugno 2013

Cardiospermum halicacabum

Tipi da Orto
 
Questa specie l’ho incontrata per la prima volta all' Orto Botanico di Messina tanti anni fa e mi è ritornata in mente in questi giorni leggendo di piante rampicanti ed arbustive in cui l’aspetto ornamentale non è dato dai fiori ma dalle capsule membranose che racchiudono il seme:   le cosiddette piante “lanterna” , quelle dei generi Physalis, Asclepias, Cardiospermum, Koelreuteria che fanno dei frutti membranosi i loro punti estetici di forza.  Cardiospermum halicacabum, specie appartenente alla famiglia delle Sapindaceae, è originaria delle regioni tropicali dell’America ma è diffusa in tutte le regioni del mondo ed in alcuni stati come il Texas e l’Alabama la specie è considerata invasiva e dunque nociva. Il nome del genere in greco significa letteralmente “seme a forma di cuore” denominazione con cui la pianta è conosciuta anche in lingue moderne come ad esempio il tedesco (Herzsamen). I semi, infatti , sono rotondi e neri con all’apice una cicatrice bianca arrotondata simile ad un cuore; sarà per questo motivo che la pianta veniva considerata un tempo curativa delle malattie cardiache.
Sito reperimento immagine
Oggi invece l’intera pianta è utilizzata per la preparazione di creme efficaci contro eritemi ed irritazioni della pelle per le forti capacità anti infiammatorie attribuite alla specie. Il buffo nome specifico halicacabum che sembra il nome di un programma televisivo per bambini, è l’antico nome latino di una pianta soporifera molto simile, del genere Physalis.
Cardiospermum halicacabum è pianta erbacea rampicante che nei climi caldi si comporta da specie perennante mentre nei climi ad inverno rigido ha un ciclo biologico annuale. La risalita in altezza avviene tramite viticci opposti che si originano all’altezza dell’infiorescenza e che utilizzando adeguati supporti portano la pianta in alto sino ad altezze di oltre tre metri. E’ un rampicante che non assicura grande copertura avendo un fogliame leggero di foglie alterne, composte, acuminate, profondamente seghettate, ideale per realizzare nel giro di una stagione di crescita una copertura vegetale particolarmente adatta a rivestire graticci e arcate che comunque restano a vista; in estate compaiono piccoli fiori bianchi, esteticamente insignificanti, riuniti in corimbi ascellari che sviluppano capsule membranose,  prima verdi poi di colore marrone, a forma di palloncino,  pelosette, tripartite internamente e contenenti generalmente tre semi. La specie si riproduce facilmente per seme partendo da semenzaio nella precoce primavera, poi quando le piantine raggiungeranno 10 cm di altezza, si procederà con il trapianto a dimora.

martedì 25 giugno 2013

Estate, voglia di ibisco

Un fiore tropicale per l'estate mediterranea
Hibiscus rosa sinensis var Jan Petiet

Con l'arrivo dell'estate è grande, in tutti noi, il desiderio di evadere, di partire verso luoghi di vacanze esotiche, isole lontane dove le spiagge sono deserte, la vegetazione è lussureggiante e il mare è di sogno.
Ma a chi, come noi, il viaggio è precluso, non resta che accontentarsi riversandosi sulle affollate spiagge delle nostre regioni meridionali che tuttavia, anche se più ruspanti, hanno qualche cosa in comune con questi lontani paesi tropicali: a ben guardare i grandi fiori multicolori che le ragazze della Polinesia portano tra i capelli altro non sono che grandi corolle di Hibiscus rosa-sinensis, un arbusto a fioritura estiva tra i più diffusi nei giardini delle aree affacciate sul mare delle nostre regioni meridionali. 

 
L’ibisco è un arbusto di medio sviluppo appartenente al genere Hibiscus,  della famiglia delle Malvaceae, che comprende circa 200 specie di piante arbustive, perenni o annuali, diffuse prevalentemente nelle regioni a clima tropicale. Si ritiene che il nome Hibiscus deriverebbe dall'Ibis, uccello che gli antichi ritenevano si nutrisse di piante appartenenti al genere. 
Hibiscus rosa sinensis Jolanda Gommer

Hibiscus rosa sinensis è specie originaria delle Indie Orientali ed è stata introdotta in Europa nel 1731 presso i giardini inglesi di Chelsea da dove si è poi diffusa rapidamente grazie alla facilità di moltiplicazione per talea. 
E’ un arbusto a foglie seghettate di colore verde intenso che, in estate, si ricopre di grandi corolle a cinque petali che vanno dal rosso, colore originario della specie, al bianco, al giallo, all'arancio, al violetto e all'indaco con molte sfumature intermedie e combinazioni di più colori. La riproduzione sessuale, al di là del lavoro di ibridazione svolto da collezionisti e produttori, è invece difficile in coltura; sono, infatti,  gli uccelli ed in particolare i colibrì, che, in natura, attirati dalle grandi corolle multicolore effettuano la riproduzione. Nonostante la specie sia considerata di non facile coltivazione nelle regioni dove gli inverni sono rigidi, tuttavia, la sua resistenza al freddo è discreta tanto che piante di una certa età e quindi lignificate sono in grado di superare punte di zero gradi; inoltre, mentre le varietà a fiore bianco sono le più sensibili al freddo, la resistenza aumenta passando dalle varietà a fiore giallo e rosa a quelle a fiore rosso. Ma è senza dubbio nella coltivazione in piena terra, lungo le coste delle regioni meridionali, che l'ibisco manifesta tutto il suo fascino tropicale.
Giardino di ibischi in Sardegna
Per tutta l'estate, infatti, la pianta si produce in una continua fioritura, fatta di grandi fiori colorati e solitari che hanno probabilmente il solo difetto, insieme alla mancanza di profumo, di durare un solo giorno. Pur essendo specie che predilige il sole e la luminosità non si adatta a vivere in condizioni di limitate disponibilità idriche; si richiede perciò un terreno sempre umido distribuendo regolari annaffiature estive. La specie non è esigente in fatto di terreno anche se offre le migliori prestazioni in un suolo ricco e ben concimato ed, in ogni caso, è importante distribuire concimi a pronto effetto ai primi segni di ripresa vegetativa essendo, l'ibisco, un arbusto assai generoso che produce, in estate, contemporaneamente fiori e foglie. La riproduzione nei nostri climi avviene per talea prelevando in ottobre rametti di 10-12 cm di lunghezza, scelti tra i rami lignificati dell'anno che vengono posti a radicare in serra o in posizione riparata. Tuttavia è tramite il lavoro di ibridazione che è possibile creare nuove varietà rinnovando costantemente la gamma di colori e sfumature.

Dalen 's Melanie Gronau
Dai fiori semplici di colore rosso si è giunti, oggi, alla produzione di fiori doppi a petali lisci, crespati o finemente suddivisi, con colori che spaziano dall'arancio al grigio, alle sfumature bicolori con fiori eretti o penduli le cui dimensioni possono arrivare a 30 cm di diametro. I principali centri di ibridazione nel mondo sono localizzati in Australia e in California ma, in Italia e particolarmente in Sicilia, negli anni 80 un ibridatore olandese, il dott. Jan Petiet, ha creato un'azienda che si colloca, oggi, tra le più specializzate nella produzione di Hibiscus a livello europeo. L'azienda agricola Sun island nursery, oggi gestita da Giampietro Petiet e da sua moglie Laura è ubicata a Calatabiano, un paesino della provincia di Catania poco distante da Taormina, in una zona dove il clima, mite tutto l'anno, non ha nulla da invidiare a quello della costa californiana. Che il clima sia dei più favorevoli lo dimostra la strepitosa collezione di ibridi di Hibiscus da innesto prodotti da questa azienda che vanta una collezione personale di 2500 varietà.


 Hiscus rosa sinensis Dienie Gommer
Questa estate, se non ci possiamo permettere un viaggio per mete lontane, piantiamo un ibisco in giardino e anche da noi i tropici saranno di casa.
 
Foto di Giampietro Petiet

mister-plumeria

venerdì 14 giugno 2013

Nanga re e le sue collane

Durante le fiere del verde o nei mercatini del bio il suo piccolo banco lo trovi cercando tra  agrumi a chilometro zero e borse artigianali; lo capisci subito che è una persona speciale, basta fermarsi a sentirlo spiegare a chiunque si accosti ad osservare le sue belle collane di semi, del perché il suo nome sia nel tempo cambiato da François a Nanga-re, dei suoi viaggi in bici tra villaggi africani, della sua fuga dal Mali. Da una parte la voglia di raccontare e dall’altra la necessità di commerciare fanno di lui un tipo particolare: "se vuoi fotografare", mi dice con dolce cadenza francese, "prima devi comprare una delle mie tante collane; sono fatte di semi, cortecce e frutti di piante africane raccolte nel mio lento viaggiare in posti lontani.
Da giovane, in Francia ho studiato a Versaille, alla scuola del verde e facevo giardini ma quando pensavo al futuro vedevo come un fitto bosco da attraversare e due diverse possibili strade da percorrere; io ho scelto di fare quella meno frequentata; questa decisione ha fatto la differenza nella mia vita: sono partito per l’India, come missionario laico, poi Africa e isole e mare ed infine Sicilia dove ho messo radici.
Vivo, oggi, in un piccolo paese di campagna alle pendici dell’Etna con la mia famiglia; una vita semplice, antica, senza particolari confort; da qui parto e cammino alla ricerca dell’essenza del pianeta terra seguendo i ritmi della natura che mi dettano tempi e modi della raccolta; d’inverno raccolgo semi, d’estate frutti e cortecce; poi cerco piccole pietre di fiume, cose semplici che utilizzo per confezionare le mie collane.
Mi piace parlare ai giovani della mia esperienza di pace e sono spesso chiamato nelle scuole o nei circoli culturali dove racconto, attraverso le collane, il mio viaggio in Mali, paese che ho attraversato con mezzi di fortuna prima di dovere fuggire precipitosamente per i disordini scoppiati a seguito della guerra".
Nella confusione del mercato del bio chi lo sente parlare si lascia presto affascinare dalle sue parole e senza saperlo si trova a comprare le sue collane; anche io ne ho scelto una dall’aria tribale che al solo guardarla ti sembra sentir sussurrare cantilene africane; le piante usate, però son siciliane come scrive François sulla busta: semi di palma americana, piccole pere “spinella” , betulla verde dell’Etna e pietre colorate di rosso.
Guardo le altre e anch’esse son fatte con piante locali: frutti di palma, noccioli d’oliva, ghiande e frutti di kapok, cycas, melia; in attesa di un prossimo viaggio africano il verde utilizzato da François è dunque siciliano.
Ma che importa di che piante son fatte queste collane, siano esse provenienti dall'Africa o siciliane sono collane speciali perchè fatte da Nanga re,  un giardiniere sognatore che in gioventù ha  scelto di cambiare strada.
 

giovedì 13 giugno 2013

Soluzione Cruciverba botanico "maggio 013"

Orizzontale: 1: Genere appartenente alla famiglia delle Ranunculaceae  il cui nome significa: ”pianta volubile”, viticcio”;  alcune specie sono molto utilizzate come rampicanti da fiore; 8: pianta mangereccia nota sin dall’antichità i cui caratteristi frutti sono chiamati “bubbolini”  9: Frutti secchi deiscenti tipici delle crucifere; 11: tipo di innesto che si pratica eseguendo un taglio della corteccia all’interno del quale, in modo opportuno, si inseriscono una o più gemme; 12: Conium maculatum; 13:fiori di colore rosa; 14; xilema secondario per i..francesi; 15: Rapporto tra l’area della struttura vegetale e quella del suolo su cui essa insiste; 16: Attributo specifico di pianta chiamata dalle popolazioni del Centro America  “caigua”;   18: Acronimo di ormone vegetale noto con il nome di gibberellina; Verticale: 1: Iniziali denominazione latina di Basilisco dentellato; 2: Il ..cuore del genere Xolisma; 3: si dice di un’infiorescenza (cima) i cui fiori sono inseriti a spirale; 4: pianta erbacea spontanea molto ricercata dalle api, da cui il nome; 5: una delle spezie più antiche dal gusto tendenzialmente dolce con aroma di semi finocchio e retrogusto di menta; 6: distillato messicano ottenuto da una specie di agave; 7: quella vegetale è la parte solida dell’olio di cotone; 10: iniziali della specie nota agli inglesi come” Rock elm”; 13: ibridatore inglese della fucsiaCelia Smedley”; 14: Baikiaea plurijuga Harms; 17: acronimo inglese di rodenticida o insetticida in polvere che agisce per contatto.
 

domenica 9 giugno 2013

Il domatore di .. carnivore

Intervista con il collezionista
 Domenico Saulle
 
Chi l’ha detto che una grande passione vegetale non può nascere in un centro commerciale? E invece è proprio quello che è successo a Domenico, circa dieci anni fa, quando in un iper del suo paese è stato conquistato da ..una pianta carnivora.
Dionaea discipula B52
Nepenthes x mixta
Partendo da quel primo esemplare di Nepenthes x ventrata, Domenico, interessato anche ai bonsai e alle cactaceae ma direi a tutto il mondo vegetale tanto da iscriversi e frequentare la Facoltà di Scienze Naturali di Bari, ha messo insieme una collezioni di piante carnivore composta da più di cinquecento specie e sottospecie appartenenti a generi molto diversi come Sarracenia, Drosera, Pinguicula, Dionaea, Drosophyllum, Heliamphora, Darlingtonia, Utricularia, Roridula; generi tutti accomunati dalla necessità, per le piante che ne fanno parte, di sopravvivere in condizioni climatiche ostili: acquitrini, pantani, torbiere, luoghi il cui terreno argilloso, continuamente dilavato dall’acqua, si è progressivamente acidificato riducendo al minimo le possibilità di assorbimento dei nutrienti da parte degli apparati radicali.
Cephalotus follicularis
Per non estinguersi queste piante si sono adattate all’ambiente affiancando alla dieta tradizionale un diverso sistema di nutrizione basato su adattamenti morfologici capaci di assicurare l’approvvigionamento di proteine, vitamine e i sali minerali attraverso la cattura di insetti o altri piccoli animaletti molto abbondanti nelle estese zone acquitrinose delle regioni di origine.
Domenico come avviene la cattura delle prede da parte delle diverse specie carnivore?
I sistemi di cattura delle prede possono essere classificati essenzialmente in base al tipo di trappola ed in particolare: a tagliola (Dionaea); a colla (Pinguicula, Drosera e Drosophyllum); ad ascidio (Sarracenia); a risucchio (Utricularia). La trappola a tagliola può essere considerata un tipo di cattura “attivo” in quanto implica una serie di peli sensitivi che stimolati dal contatto fanno scattare la trappola che chiudendosi imprigiona l’insetto.

Gli altri due tipi di trappola prevedono meccanismi di imprigionamento più che di cattura in quanto il comportamento delle piante è passivo. Nel caso di Drosera e di Pinguicula l’intrappolamento dell’insetto avviene per la presenza di peli secernenti sostanze vischiose ed infine per Sarracenia si ha un lungo tubo a forma di pipa che una volta attirate le prede, mediante la produzioni di stimoli odoriferi, funziona come una nassa e non consente la fuga dell’insetto. Le trappole sono in genere foglie modificate che in taluni casi (Sarracenia) e in alcuni periodi dell’anno ritornano ad avere la sola funzione fotosintetica perdendo la loro peculiarità. In tutti i casi dopo la cattura si forma una zona nella pianta, detta per questo “stomaco temporaneo”, che può essere chiusa o aperta, in cui avviene la digestione con una serie di azioni meccaniche e biochimiche.
Quali sono i generi di carnivore più interessanti per chi volesse iniziare una collezione?
Premesso che io non ho particolari preferenze perché tutte le specie ed i generi mi sembrano interessanti, penso si potrebbe cominciare con alcune specie che è possibile trovare, come ho fatto io, nel reparto giardinaggio di grandi centri commerciali o in garden center ed in particolare:
Dionaea: sicuramente il genere più comune; oggi dai collezionisti vengono coltivate cultivar o cloni molto particolari con trappole molto grandi o piccolissime, denti di forme diverse e colori che vanno dal tutto verde al tutto rosso. Le foglie all'interno presentano dei peli sensitivi chiamati trigger che, se sollecitati, fanno chiudere istantaneamente la trappola. Dopodiché se all'interno c'è un insetto la trappola si serra iniziando un lento processo di digestione attraverso la produzione di enzimi digestivi, altrimenti la trappola si riapre dopo qualche ora. L'insetto verrà digerito in 10 giorni circa e all'apertura della trappola ci sarà solo l'esoscheletro. 
Nepenthes: sono le piante con le trappole ad ascidio più grandi esistenti. Alcune come la Nepenthes rajah presentano trappole così grandi da contenere piccoli mammiferi, rettili o anfibi, nonché uccelli. Queste sono le piante che hanno dato il nome di carnivore a tutte le altre. Sono piante epifite e presentano foglie con alla punta una trappola; il viticcio che porta la trappola si attorciglia a rami o tronchi crescendo così in altezza. Vivono nelle foreste pluviali del Borneo e Madagascar e pertanto in coltivazione è necessario ripararle in un terrario.

Sarracenia flava var. rubricorpora Claret
Sarracenia: piante ad ascidio. Vivono in nord America e Canada. La modalità di cattura è tanto semplice quanto efficace. Sul bordo dell'ascidio, sotto l'opercolo e in parte anche sopra, la pianta forma del nettare che attira gli insetti. Inoltre le piante emanano un odore particolare, direi molto dolce. Ci sono otto specie di Sarracenia: flava, alata, leucophylla, rubra, purpurea, psittacina, minor e oreophilaLa specie Sarracenia flava utilizza anche un altro accorgimento, ossia all'interno del nettare è presente la coniina, che è una neurotossina presente in grandi quantità nella pianta di Conium maculatum (la cicuta). Gli insetti poi finiscono all'interno dell'ascidio dove sono presenti dei peli rivolti verso il basso che non permettono all'insetto di uscire, anzi più l'insetto si dimena più finisce in fondo all'ascidio. Alcune di esse inoltre hanno sviluppato la bioluminescenza: grazie ad essa gli insetti vengono attirati verso l'apertura dell'ascidio. 
Sarracenia flava x Red tube x alata Red
Un sistema di vita e di alimentazione complesso che sembrerebbe difficili potere riprodurre in cattività; tu, Domenico, come ci sei riuscito?
Le piante carnivore vivono quasi tutte in ambienti umidi (torbiere ma anche zone dove stagna dell'acqua o dove c'è uno scorrimento continuo di acqua); in coltivazione, questa situazione viene ricreata tenendo i vasi  sempre immersi per almeno metà in sottovasi con acqua osmotica (demineralizzata).
in primo piano Drosera binata var dichotoma f.multifida
L'importante è che non si arrivi mai a far asciugare del tutto il substrato. Come substrato in genere si utilizza un mix di torba acida di sfagno e perlite. Tuttavia, negli ultimi anni insieme ad altri appassionati, stiamo sperimentando substrati alternativi, come ad esempio fibra di cocco o truciolato. In questo modo, andremo a proteggere le torbiere che sono fortemente sfruttate dall'uomo e ottenere un risultato migliore in durata del substrato stesso, in quanto la torba immersa in acqua tende a marcire facilmente rispetto a fibra di cocco o truciolato.
Le carnivore sono piante che necessitano di concimazione? Ed ancora si possono riprodurre o moltiplicare?
Le carnivore non hanno bisogno di alcuna concimazione, anzi tendenzialmente la concimazione potrebbe essere dannosa, tuttavia, si sta sperimentando anche questa possibilità. Per alimentarsi sono del tutto autonome nutrendosi degli insetti che riescono a catturare. Le piante possono essere riprodotte da seme, da talea o da cutting del rizoma nel caso di Sarraceniaceae.
Climaticamente la coltivazione avviene in serra riscaldata o utilizzando altri apprestamenti di protezione?
La maggior parte di queste piante proviene da climi temperati e si adatta benissimo da noi. Anzi, a voler essere precisi, necessiterebbero di inverni un po’ più freddi. Quelle tropicali hanno invece bisogno di temperature costantemente attorno ai 28-30 gradi. Possono anche essere tenute in serra, ma io le tengo sul mio terrazzo, coperte solo da una rete antigrandine.
Grazie Domenico per averci introdotto in un mondo vegetale così affascinante e, per alcuni versi, un poco inquietanti.
Chi volesse approfondire gli aspetti della coltivazione delle carnivore potrà rivolgersi oltre cha a Domenico anche all’Associazione Italiana Piante Carnivore . 
Le foto prive di logo sono di Domenico Saulle
 
 

venerdì 7 giugno 2013

Passiflora vitifolia, fiore rosso sorprendente

Era metà gennaio quando mi sono accorta, per la prima volta, di lei
 
Anche se l’inverno catanese non è certo rigido, le piante che ci vivono, così come i catanesi doc, ritengono che il nostro inverno sia molto freddo e si comportano di conseguenza; gli umani vestendo i bambini come eschimesi e mettendo il cappotto ai cagnolini, le piante godendosi un breve periodo di meritato riposo; niente fioriture, niente crescita vegetativa, niente effetti pirotecnici, insomma un periodo in standby in attesa del duro lavoro primaverile seguito da una pausa estiva e ripresa lavorativa autunnale.
Quale stupore, allora, vedere in un freddo giorno di gennaio, passando velocemente in macchina di ritorno da scuola, baluginare, con la coda dell’occhio, su di una recinzione condominiale, una profusione tropicale di fiori rossi. Fiori in gennaio??!! Solo dopo molteplici, veloci passaggi ed un’opportuna sosta, sono riuscita a capire che, per quanto mi potesse apparire strano, lungo un muro di cinta di un condominio qualunque, tra una serie ordinata di bougainville ed edera, una fitta cortina di grandi foglie e viticci faceva intravedere innumerevoli fiori di passiflora.
La passiflora è un fiore assai facile da identificare perché in esso sono bene evidenti i segni che la tradizionale iconografia botanica attribuisce ai diversi simboli della “Passione di Cristo”: i viticci a ricordare la frusta, i tre stili a rappresentare i chiodi; gli stami a raffigurare il martello e la corona dei filamenti, disposta a raggiera (particolarità del Genere), a simulare la corona di spine.
Ma, identificato il fiore, riuscire ad individuare la specie in un genere che ne conta “mille e tre” è tutta un’altra cosa che richiedeva inevitabilmente l’aiuto di un esperto. Mi sono rivolta perciò a Maurizio Vecchia, massima autorità sul web di passiflora in Italia, consultabile via  e-mail tramite il suo sito, corredando richiesta di aiuto con opportuna foto. Il gentilissimo Maurizio a breve giro di posta mi risponde pronunciando l’atteso responso: trattasi di Passiflora vitifolia, una specie sempreverde originaria delle terre calde del Nicaragua e Venezuela con grandi foglie scabre e tomentose simili a quelle di vite e come questa dotata di viticci robusti che consentono alla specie un’azione rampicante assai efficace. I fiori sono solitari ed abbondanti, distribuiti su tutta la lunghezza del tralcio.
Il colore dei fiori è rosso scarlatto sia nei sepali che nei petali con un triplice ordine di filamenti costituenti la corona, rosso brillante i più esterni e gli interni bianchi; secondo i sacri testi botanici produce frutti ovoidali di colore verde, striati irregolarmente di bianco che, tuttavia, non ho mai visto sulla pianta, neanche ora che è inizio estate. La specie, mi scrive Maurizio, è molto sensibile alle basse temperature (mai sotto i 10 gradi) perciò la sua fioritura in gennaio, ancorché in Sicilia, è da considerarsi un fatto raro. 
Sarà allora questione di microclima:  il calore proveniente dal nero asfalto della strada, l'esposizione a mezzogiorno, nessuna schermatura che protegge la recinzione dal sole;  se il clima  di gennaio era da tropici immaginate come questa passiflora sarà contenta e climaticamente  a proprio agio  tra pochi giorni quando noi saremo boccheggianti, stramazzati al suolo, dall'arrivo della prima  botta di vero caldo estivo.
 
 
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