venerdì 29 agosto 2014

Anagrammi aromatici

Ecco anagrammati  per voi i nomi  comuni di alcune tra le più diffuse specie aromatiche
 
 
 
 
CIPPO NERONE
 
 
IGNORA MAGA
 
 
AGGIORNASTE
 
 
CONGELA LORD
 
CIANE


SOLI BACI
 
 
 SA IMITARE

A presto la soluzione qui
 

sabato 23 agosto 2014

Natale Torre e le sue specialità botaniche

In giro con Natale Torre tra le piante tropicali più curiose del suo vivaio
La conosci questa?
Heliconia rostrata
Chi è stato a trovare Natale Torre al suo vivaio di Milazzo, sa di cosa parlo.  “La conosci questa?” è infatti, il suo tipico intercalare quando ti accompagna in giro a curiosare tra le oltre 2000 specie esotiche e tropicali, ornamentali e da frutto che costituiscono l’assortimento del suo giardino- vivaio -orto botanico che si estende tutto intorno alla casa con serre ed ombraie per oltre sei ettari di superficie. 
Un brulicare di piante esotiche mai viste in tale concentrazione in terra meridionale, che di anno in anno Natale incrementa, affiancato di recente dal figlio Giancarlo, portando semi o talee da viaggi in paesi lontani dedicati a perlustrare ambienti tropicali dal Costa Rica al Cile, dall’India alle Filippine per portare a casa, in Sicilia, novità vegetali con il gusto e la passione di uno studioso collezionista piuttosto che del vivaista commerciante.
Petrea volubilis,, Quisqualis indica, Thunbergia mysorensis
La conosci questa?”, fa Natale mostrando al curioso visitatore piante dal fogliame marrone (Pseuderanthemum alatum o chocolate plant) o staccando, da piante smisuratamente cresciute, fiori in tecnicolor (Petrea volubilis o Thunbergia mysorensis), dal profumo celestiale (Quisqualis indica, Gardenia thunbergia, Tabernaemontana), avviluppati nel felice groviglio vegetale che caratterizza le sue serre.
Gardenia thunbergia e sotto Tabernaemontana sp.
Per non parlare dei frutti di specie tropicali (Syzygium surinamese, Syzygium cordatum, Prunus serotina insieme ad annona, litchi, mango, papaia e melarosa ) che Natale ha piacere di farti assaggiare spiegandone gli usi alimentari dei luoghi dove la specie è coltivata, riuscendo così a farli apprezzare anche ad un palato poco abituato come il nostro.
Ed è, dunque, per rendere un servizio a chi si appresta a visitare il vivaio di Natale Torre che riporto a seguire poche informazioni su alcune specie a cui Natale è particolarmente affezionato in modo da poter rispondere quando vi sarà posta la fatidica domanda: “La conosci questa?”, un bel: “Si, Natale, la conosco: questa è una specie che viene da.., si coltiva per ..., ha sapore di…” e sono sicura che Natale ne sarà contento.

Pseuderanthemum alatum, la pianta cioccolata
Curiosa pianta originaria del Messico e dell’America centrale chiamata dagli inglesi Chocolate plant per il fogliame il cui colore ricorda in modo assai realistico quello di una tavoletta di cioccolata al latte, un poco invecchiata, che a causa del tempo abbia subito affioramenti di zucchero cristallizzato. Le foglie di questa specie, che sono grandi ed ovate, si presentano di colore marrone ramato con macchie argentate o bronzee lungo la nervatura centrale. E’ pianta che ama il caldo e le posizioni ombreggiate, essendo specie tipica del sottobosco tropicale; cresce bene in piena terra solo in zona climaticamente calde mentre altrove non sverna e viene coltivata come annuale; di crescita rapida, partendo da seme, raggiunge un’altezza non superiore ai 40- 45 cm. Fiorisce in estate con piccoli fiori insignificanti portati da spighe lasche.

Vetiveria zizanioides
Vetiveria è una pianta erbacea perenne, originaria dell’India, Indonesia e Sri Lanka appartenente alla famiglia delle Poaceæ,  con foglie allungate e ricadenti. A vederla non sembra un gran che ma questa frugale e resistente graminacea costituisce l'origine del famoso vetiver, una delle essenze più note ed usate in profumeria. L’ olio essenziale di vetiver viene estratto per distillazione in corrente di vapore dalle radici seccate e frantumate della pianta e può essere impiegato come tale o fornire la base per ulteriori lavorazioni. Le radici da cui si estrae l’essenza vanno a costituire un apparato radicale molto profondo, di rapidissima crescita, estremamente resistente, in grado di imbrigliare qualunque terreno; per questo motivo vetiveria viene utilizzata in molti paesi per consolidare scarpate stradali e ferroviarie, per proteggere argini di torrenti e fiumi e ripristinare cave dismesse.
 
Myrciaria cauliflora
La specie, oggi classificata secondo la tassonomia GRIN come Plinia cauliflora, è comunemente chiamata Jabuticaba; è un albero sempreverde dal tronco tortuoso proveniente dal Brasile e appartenente alla famiglia delle Myrtaceae. I fiori bianchi, sessili crescono privi di peduncolo direttamente su tronco e sui rami della pianta; da essi si producono bacche color porpora, dalla buccia spessa e polpa bianca, anch’esse attaccate sessilmente  al tronco o alle brache. La  myrciaria  ha una crescita molto lenta assumendo nella fase giovanile forma arbustiva; sopporta bene la mezz'ombra, e deve essere ben irrigata con acqua non calcarea. Presenta una certa resistenza alle brevissime gelate.

Synsepalum dulcificum o pianta “miracolina"
E' specie cespugliosa che ha una strana prerogativa; il frutto, che si presenta come una drupa di colore rosso, è ricco di una glicoproteina chiamata miracolina che ha la prerogativa di rendere dolce ogni altro cibo aspro o amaro mangiato in successione con il frutto di synsepalum, con un effetto che dura per oltre un’ora. E’ un cespuglio che in giardino non supera i due metri d’altezza e che predilige terreni tendenzialmente acidi.

Pouteria campechiana o pianta dal “frutto uovo”

E’ un piccolo albero, originario dell’America centrale, appartenente alla famiglia delle Sapotaceae, coltivato per i suoi frutti chiamati Canistel o frutto uovo; i frutti maturi hanno la buccia di colore giallo limone tendente all’arancione mentre la polpa è gialla e pastosa con una consistenza simile all’uovo sodo. Viene consumato fresco o usato per gelati e per colorare prodotti da forno che assumono una calda tonalità dorata.
 

martedì 19 agosto 2014

E' in fiore Blossom zine d'autunno

Blossom zine è la più innovativa ed interessante proposta editoriale dedicata agli appassionati del verde che ha fatto la sua comparsa sul web da poco più di un anno; innovativa perché è un magazine online assolutamente gratuito che, utilizzando il servizio Issuu, capace di trasformare un file PDF in un documento tridimensionale, si presenta graficamente come una rivista che può essere sfogliata e letta come un vero giornale. Non è però nel formato della rivista la vera novità ma nella varietà ed interesse degli argomenti trattati: ogni numero, che esce con cadenza trimestrale seguendo il succedersi delle stagioni, contiene una raccolta di articoli di giardinaggio e botanica, reportage di viaggi o di luoghi verdi ma anche di design, moda, cucina vegetariana, composizioni floreali, recensioni, interviste, realizzati con il contributo di oltre 90 collaboratori italiani ed esteri autori di blog, designer, fotografi, stilisti, landscape designer, agronomi, tutti scelti e coordinati da Dana Frigerio che è il direttore editoriale di questo innovativo magazine digitale.
 
Dana, con un passato da scenografa è, oggi, garden designer e autrice lei stessa di un blog molto seguito dal titolo Dana-Garden Design; persona solare, curiosa, cosmopolita piena di interessi e competenze (progetta spazi a verde, collabora con riviste del settore, viaggia seguendo le più importanti mostre internazionali ed ha scritto anche due libri (Decorare casa con le piante e Bali: parchi, piaceri e passioni), dalla sua villa sul lago di Como ha stabilito grazie ad un uso moderno e mirato dei principali social network un intreccio di conoscenze e rapporti di amicizia che le hanno consentito di imprimere un’impronta internazionale al giornale i cui singoli articoli riportano a fianco al testo in italiano anche la traduzione in inglese. Sono articoli brevi, adatti al pubblico abituato all’uso dei social network, scritti in modo chiaro e mirato, corredati da immagini che ti fanno conoscere il mondo.
Ne è un esempio l’ultimo numero della rivista Blossom zine d’autunno da ieri online che racconta, con diversi contributi, storie verdi provenienti dal Brasile (Passeggiando in un giardino segreto a Belo Horizonte di Anna Carolina Luciano; Dalla Fazenda Santo Antonio la Geleia de Hibiscus , testo e foto di Marcia Perigolo Cordeiro; A genuine cup of Grazilian coffee di Anna Crolina Luciano; Il buon vino della terra del caffè  di Nella Cerino).


Ma in questo numero si parla anche di Giordania (Plant hunters Giordania Tiziano Bianchi, Luigi Conti, Virgilio Piatti), 
e di Italia (Progetti con il sole pugliese di Enrica Farinelli; Lo zafferano del Monserrato di Marzia Barosso; Tea time con Lidia Zitara Raccontaci della flora spontanea in Calabria).

Ed ancora,  articoli di bricolage verde come Flower seed packets di Simonetta Chiarugi; Cake di semi per uccellini di Alfonsina Tartaglione o il lavoro fotografico di Patrizia Piga e Flavio Catalano autori di: Natura morta come farla rivivere, insieme a: Il foliage di Sergey Karepanov 


Tra gli altri, anche un mio piccolo contributo come recensione all’ultima pubblicazione di Lidia Zitara dal titolo “La piccola estate”.
 
Centosedici pagine da sfogliare, leggere e condividere, tutte rigorosamente free ed esclusivamente online. Da non perdere.
 
 
 
 

domenica 10 agosto 2014

Woodwardia radicans

Sulle tracce di una felce relitta
 
Sono venuta a sapere della sua esistenza per la prima volta a Genova, nel 2011, in occasione dell’ultima edizione dell’Euroflora. All’interno dello spazio allestito dalla Società Botanica Italiana ed in particolare dal Gruppo di lavoro Orti Botanici e Giardini storici, le era stato riservato un posto d’onore per importanza e rarità insieme ad altre specie a rischio di estinzione presenti nella Sicilia nord-orientale come il Limonium di Capo Alì (Limonium sibthorpianum) e la salvia a foglie incise (Salvia ceratophylloides). 
Del perché di tanta attenzione è facile capire: Woodwardia radicans è una felce tropicale dalle fronde giganti, che in natura possono superare i due metri di lunghezza, le cui origini risalgono a 60 milioni di anni fa quando il clima dei paesi mediterranei assomigliava a quello dei tropici, dove la pianta è ancora oggi molto diffusa. Con l’abbassarsi della temperatura la felce è rimasta relitta in rare stazioni spontanee mediterranee che in Italia sono presenti in pochi siti localizzati in Campania, Calabria e Sicilia, lungo stretti valloni, a quote tra i 200 e i 400 metri, in prossimità di acque correnti o pareti soggette a stillicidio e dove una folta vegetazione protegge le felci dalla luce intensa del sole. La località più nota in Italia è il Vallone delle Ferriere sopra Amalfi ma la woodwardia è presente anche in alcune fiumare dei Monti Peloritani nelle vicinanze di Messina. A causa della molteplici attività dell’uomo (captazione delle acque, pascolo, ripulitura del sottobosco) la woodwardia è oggi una specie rara in natura, indicata per la Sicilia come specie “fortemente minacciata d’estinzione”.
Una felce di grande interesse botanico, dunque, le cui tracce mi riportavano in Sicilia ed in particolare all’Orto Botanico Pietro Castelli di Messina che ha nella collezione di felci esotiche (Alsophyla australis, Cyrtomium falcatum, Woodwardia virginiana) e mediterranee (Woodwardia radicans e Pteris cretica, entrambe a rischio di estinzione) il suo punto di forza.
Delle circa 90 specie di felci presenti nel bacino del Mediterraneo, nel territorio peloritano ne vegetano 41, la maggior parte delle quali vive in ambienti ombrosi o nel sottobosco (gen. Polystichum, Asplenium); altre più esigenti in fatto di umidità si trovano solo in prossimità dei corsi d’acqua o su pareti umide (gen. Woodwardia, Athryrium), altre ancora vivendo in ambienti molto aridi in estate (come muretti a secco e le rupi soleggiate) superano il periodo critico perdendo le foglie fino alle prime piogge autunnali (gen. Polypodium, Ceterach).
All’Orto Botanico messinese Woodwardia radicans occupa un posto d’onore ed è oggetto di studi decennali con progetti specifici di salvaguardia volti alla sua moltiplicazione; questa felce arborea presenta infatti la particolarità di riuscire a riprodursi non solo sessualmente, tramite spore, ma anche per via vegetativa grazie a bulbilli che si formano nella porzione apicale del rachide fogliare (da cui il nome di felce bulbifera) emettendo radici quando le fronde toccano il terreno umido con la formazione di un nuovo individuo; è stato così possibile ottenere, non solo a Messina ma anche in altri Orti Botanici diverse nuove piante di Woodwardia radicate in piena terra o in vaso affiancando a questa ricerca anche specifici programmi di riproduzione gamica.
Per avere un quadro completo della specie non mi rimaneva che osservare la felce in natura; impresa ardua visto che Woodwardia radicans è presente in Sicilia solo in alcuni tratti a monte della fiumara del torrente Mela e dei suoi affluenti, nel territorio del comune di Santa Lucia del Mela; sono luoghi dove l’acqua scorre in valli strette ed impervie dando vita a salti o a piccole cascate all’ombra di una fitta vegetazione dove la temperatura costante e l’ambiente umido riescono a creare condizioni favorevoli alla colonizzazione della felce bulbifera.
Disperavo di riuscire nell’intento quando il tam-tam tra amici di web, appassionati come me di piante e natura, ha fatto il miracolo di riunire in una domenica di fine luglio un gruppo di ricerca pronto a partire alla volta del luogo dove la felce arborea è data presente nel territorio del comune peloritano.
Dopo un lungo tratto in macchina percorso a risalire la fiumara del Mela e di un suo affluente, a piedi si attraversa una stretta valle tra massi erosi dall’acqua ed una fitta vegetazione profumata di origano e menta.
Un luogo di grande interesse naturalistico, non solo vegetale; lungo il percorso, infatti, Carmelo, l’ esperto erpetologo del gruppo, è riuscito ad individuare, tra la bassa vegetazione di riva ed i massi del torrente in secca, tre tartarughe di terra (Testudo hermanni) ed un biacco.
Mille e cinquecento metri per un dislivello di circa cento metri; un percorso tutto in salita, ma alla mia portata, che si conclude scenograficamente ai piedi di una piccola cascata  dove la popolazione di Woodwardia vegeta solitaria e rigogliosa.
 
Che grande soddisfazione riuscire a chiudere, grazie agli amici, il cerchio delle ricerche: la mia personale caccia alla Woodwardia radicans  si può dire conclusa.
Foto di Fabio Luchino

PS
Sono ritornata a vedere lo stato di luoghi della Woodwardia radicans il 14 luglio 021 dopo sette anni dalla mia precedente visita. Che sia passato molto tempo dall’ultima escursione mi è stato subito evidente per numerosi motivi: i tanti capelli bianchi comparsi sulla testa di molti di noi (su di me, Michele, Fabio, Melo); l’inusitata fatica che ho fatto per raggiungere la meta; la presenza di una vegetazione ostile durante il percorso fatta da un intreccio di rovi e ortica; dalla costatazione, purtroppo, che la popolazione di Wodwardia è in regresso: minor numero di esemplari, macchie meno folte, foglie meno grandi. Spero che la riduzione sia un fattore contingente dovuto alla diminuita piovosità di questi anni che ha determinato l’assottigliarsi dello stillicidio della cascata ma potrebbe esserci anche lo zampino dell’uomo per la presenza di tubi irrigui (apparentemente in abbandono) che sembrano captare l’acqua da monte del torrente. Non so se ci sarà per me una terza volta dalla Woodwardia in natura ma consiglio a chi può farlo di visitare, fino a che si è ancora in tempo, questo luogo pieno di fascino.

martedì 5 agosto 2014

Un'anziana plumeria di famiglia

Storia di una plumeria arborea coltivata da oltre 60 anni in un piccolo giardino di città
Il posto è uno dei più caotici della città; uno snodo infernale interessato di recente da lavori di riassetto viario, definiti epocali, che stanno mettendo a dura prova la pazienza dei residenti e delle poche attività commerciali presenti in zona. Un posto che si attraversa in macchina, a passo d’uomo nelle ore di punta, stando imbottigliati in un budello di strada che porta diritto verso uno stop, tra palazzi anonimi e niente da guardare se si fa eccezione per un sexy shop. 
Nonostante la voglia che ho, come tutti, di arrivare in fondo alla strada, spero sempre di dover rallentare al momento cruciale per riuscire a sbirciare attraverso il cancello di un piccolo giardino che, a dispetto del caos infernale che vi regna intorno, rende questa zona della città speciale per chi come me ama le piante. 
Il giardino è pertinenza di una casa padronale dei primi anni del novecento, l’unica rimasta delle molte ville di campagna che sino alla metà del secolo scorso cingevano di orti e agrumeti la periferia della città. Un piccolo spazio intercluso, tra le mura dell’ abitazione e dei palazzi vicini, che ospita, tra un enorme cereus ed altri arbusti d’antan (calicanto, eriobotrya, un susino selvatico ed un arbusto di acokanthera che recentemente è passato a miglior vita ), un albero di plumeria; il più grande, annoso, profumato esemplare che si possa rintracciare in tutto il versante meridionale dell’Etna.
Una pianta veramente degna di attenzione essendo alta più di otto metri con un tronco formato da tre robuste ramificazioni che partono direttamente dal suolo formando una chioma ampia di rami intrecciati che da maggio ad ottobre si ricopre prima di foglie ovali, verde lucido e poi di grandi fiori carnosi e profumati che emanano un indefinibile sentore tropicale, con note di mandorle amare; un profumo che cangia con il fare del giorno e delle stagioni e che pervade, per ogni dove, la terrazza di casa ed il giardino.
 
Questa plumeria è un esemplare singolare per diversi motivi: botanici e diciamo così, “affettivi”. Plumeria rubra forma acutifolia è, infatti, una specie di origine tropicale che viene coltivata diffusamente in tutti le aree esotiche del mondo ma che trova ospitalità anche nel Mediterraneo in alcune zone costiere dove non si registrano minime termiche invernali sotto le zero. La Sicilia è una di queste aree dove la plumeria può essere coltivata in piena terra ma solo in situazioni termiche localmente particolari come quelle che si registrano lungo la costa che fa capo a Palermo o lungo lo Ionio, nel tratto di mare che da Messina scende giù, fino a Riposto. Aree climaticamente miti dove non si verificano forti escursioni termiche che nella plumeria bruciano irrimediabilmente gli apici vegetativi della pianta portandola a morte. Esattamente la situazione climatica che si verifica, invece, a Catania dove la vicinanza del vulcano Etna ed il mare provoca sbalzi di temperatura tra il giorno e la notte molto accentuati. Ecco perché nella mia zona le plumerie hanno vita difficile e possono essere coltivate solo in vaso in modo da essere adeguatamente riparate in inverno. Il microclima creatosi in questo piccolo giardino di città, invece, si è rivelato ideale per questo esemplare di plumeria che posto al riparo tra le alte mura di casa e con la vista aperta verso il sole, si è fatto albero che è arrivato a fruttificare, crescendo assieme a quattro generazioni di una famiglia che da sessant’anni lo custodisce e cura.
La storia di questa pianta comincia agli inizi degli anni cinquanta, arrivata in casa come talea radicata da coltivare in vaso, regalo di un parente alla nonna degli attuali proprietari; è un’antica varietà di plumeria riferibile al tipo della cosiddetta “palermitana” ma dai fiori molto grandi, dai petali appuntiti bianchi a centro giallo molto ben definito ed un profumo lieve ma cangiante.
Nel 1957, dopo vari rinvasi, la pianta viene interrata in un angolo del giardino con mille attenzioni perché non abbia a subire traumi da trapianto. La pianta in piena terra comincia a crescere in modo vigoroso tanto da richiedere nel tempo interventi di consolidamento volti a sostenere i fragili rami sempre troppo carichi di foglie e di fiori; prima si opera con tutori di legno, poi, con tiranti d’acciaio, più recentemente, a cura di una ditta specializzata, con cavi in propilene specifici per consolidamenti dinamici. 
Oggi la plumeria è costantemente monitorata e seguita come una parente anziana della quale si spiano e si temono i primi segni di senescenza: qualche seccume di troppo, fragilità dei rami. Nel corso degli anni la pianta è stata riprodotta più volte mediante talea (raramente per margotta), quando si desiderava estendere a persone care l’amicizia per la plumeria di famiglia. Solo eccezionalmente sono stati recisi interi grappoli di fiori, soprattutto per evitare l 'emorragia del lattice che ne trasuda da ogni taglio o ferita; ma il primo ottobre del 1965 tuttavia, di fiori di plumeria se ne raccolsero tanti, portati al fioraio per comporne un cuscino che fosse di compagnia all’ultimo viaggio della nonna.
I ricordi legati a questa pianta d’eccezione mi sono stati raccontati con ritrosia e pudore da chi si è assunto il compito di riservare alla plumeria di famiglia attenzioni ed affetto.

Ed anche io che non le sono custode provo per questa plumeria una particolare affezione per quei momenti di gradita distrazione passati a sbirciare, da fuori, il giardino  mentre in macchina, imbottigliata nel traffico, procedo a rilento verso lo stop.
 
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