giovedì 27 novembre 2014

Euryops, giallo d'autunno

L’autunno che vedo nei luoghi a me intorno non ha i colori del rosso “foliage”. Vivo in un posto dove in questa stagione ti senti sudare al solo pensare di dovere indossare una felpa sui jeans. Gli stivali invernali appena comprati vorrebbero uscire ma i miei piedi accaldati mi fanno capire che è ancora il tempo delle ballerine e la sera, cercando di prendere sonno, mi stiracchio a cercare gli angoli freschi del letto pensando che altrove, in questa stagione, è cosa normale usare il piumone.
L’autunno che vivo in Sicilia è stagione del giallo colore, il giallo solare, selvaggio, stradale delle margherite africane,  arbusti stentati coperti di polvere che hanno trascorso sei mesi all’asciutto aspettando il momento di potersi beare sotto il primo diluvio autunnale. Reidratati i tessuti e lavate le foglie ogni secco cespuglio entra presto in azione producendo migliaia di fiori color giallo limone che a guardarli ti vien da pensare: ma che me ne importa del rosso foliage, del triste tramonto del verde che muore se il verde che ho intorno è di un giallo esplosione, un colore vitale che mi  fa elettrizzare,  che fa dell’autunno la più bella stagione. 
Euryops pectinatus è un’ asteracea di origine sud africana che forma un arbusto sempreverde dalle caratteristiche foglie fortemente pennate, da cui il nome specifico pectinasus (pettine), di un bel colore grigio argenteo per la presenza di una caratteristica tomentosità. 
In autunno e fino ai primi freddi Euryops  produce infiorescenze a capolino simili a grandi margherite a 13 petali (brattee), di colore giallo dorato, appuntite e fuse alla base.
Particolarmente adatto al clima mediterraneo è un arbusto che non ha grandi esigenze idriche, cresce velocemente, ama il sole, il mare ed il terreno roccioso com’è nella regione del Capo da cui questo arbusto proviene.
Alla fine della fioritura è richiesta solo una spuntatura dei fiori secchi perché l’arbusto mantenga la caratteristica forma a cuscino.
Proprio per la sua eccezionale rusticità è tra le specie più utilizzate per il verde di tipo stradale.
 

domenica 23 novembre 2014

Soluzione "Anagrammi velenosi"

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tammuriata rounds
 
 
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lumaca su mandorla
 
 
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applaudire gruisti
 
 
4
roba non padellata 
 
 
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un clan ospita mule
 
 
 

venerdì 14 novembre 2014

Anagrammi velenosi

Di seguito ho anagrammato il nome latino di cinque specie erbacee spontanee tra le più venefiche presenti in natura la cui ingestione o anche il semplice contatto sono causa di elevata mortalità

1
tammuriata rounds
 
 
2
lumaca su mandorla
 
3
applaudire gruisti
 
4
roba non padellata
 
5 
Un clan ospita mule

mercoledì 12 novembre 2014

Mele Cola, antichi frutti sotto il vulcano

Quando sento arrivare l’autunno, tra il tempo dei kaki e quello delle arance, c’è un piccolo interregno temporale dedicato, nel mio scadenzario alimentare personale, ad un piccolo frutto, definito di nicchia perché solo chi vive alle falde del vulcano Etna ne conosce l’esistenza e ne pregusta in novembre il particolare sapore.
E’ una piccola mela di montagna che tutti chiamano “mela Cola” probabilmente perché coltivata inizialmente in terreni limitrofi al convento di San Nicola nel territorio del comune di Nicolosi. Sino ai primi anni del 900 veniva estesamente coltivata in terreni terrazzati ricadenti nei comuni pedemontani  etnei (Zafferana, Milo, Sant’Alfio, Pedara, Nicolosi, Ragalna, Biancavilla e Adrano)  utilizzando antiche popolazioni autoctone molto resistenti al freddo e dunque coltivate in una fascia altimetrica compresa tra 600 e 1400 metri di quota dove non era possibile realizzare altri tipi di coltivazione che non fossero bosco o pascolo. Una coltura tradizionale effettuata  in condizioni colturali povere per assenza di concimazioni e di acqua irrigua,  generalmente su piante franche di piede, selvatiche e solo successivamente innestate.
Alberi robusti capaci di produrre in abbondanza piccole mele di forma cilindrica  attaccate alla pianta con un peduncolo fogliare corto e tozzo.
Il tipico frutto della mela Cola si presenta di colore verdognolo  al momento della raccolta per diventare poi giallo paglierino, punteggiato da piccole lenticelle, alla maturazione di consumo; la polpa, anch’essa bianca, dolce ed acidula a maturazione, è  delicatamente profumata adatta al consumo fresco o per essere cotta in acqua o passata in forno.
Se le mele Cola sono veramente buone (anche se con due morsi un frutto è già bello e mangiato) c’è un tipo di mela Cola ancora più ricercata, ottenuta dall’incrocio spontaneo fra questa varietà e la varietà Gelato e chiamata, appunto per questo, Cola Gelato. La varietà Gelato, oramai rara, deve il nome alla presenza nella polpa di aree traslucide che ricordano l’aspetto del frutto ghiacciato. 
Di forma simile alle mele della varietà Cola, le mele Gelato hanno una polpa bianchissima, farinosa, aromatica e dolcissima soprattutto nelle aree vetrificate; sono frutti molto ricercati per preparare crostate e torte di mele. La varietà Cola Gelato è, forse tra tutte, la più diffusa in coltivazione perché in se assomma i pregi delle varietà da cui si è originata a cui aggiunge precocità, produttività, maggiore pezzatura ed intenso profumo.
La raccolta di queste mele viene effettuata da fine settembre a metà ottobre quando ancora i frutti non sono completamente maturi; vengono poi conservate in magazzini di montagna e consumate a partire dai mesi di novembre, dicembre mantenendosi però in magazzino sino ai primi tepori della primavera. Le mele Cola, il cui mercato, in tempi di globalizzazione è stato surclassato dalle moderne varietà continentali vengono oggi coltivate da pochi produttori riuniti in Associazione su una superficie di non più di 600 ettari, per l’80% ricadenti nel territorio del Parco dell’Etna, in coltura biologica o integrata. 
Incentivare il consumo di questi piccoli frutti non è solo un fatto di gusto ma direi ancor più un imperativo culturale; recuperare le tradizioni agroalimentari del proprio territorio consente di salvaguardarne gli aspetti paesaggistici mantenendone inalterata la agro biodiversità. Consumare le piccole mele dell’Etna non è solo un’esperienza gustativa soddisfacente ma anche un modo per fare si che un antico germoplasma così ricco di profumo e sapore non vada irrimediabilmente perduto.

Alcune immagini ed informazioni sono stati reperite dai seguenti siti:
Orto Botanico Catania
Antichi frutti dell'Etna

 

giovedì 6 novembre 2014

Giardini da vivere di Luigina Giordani

Quindi progetti verdi raccolti in un libro edito da Paysage
Non sono mai stata particolarmente interessata alla lettura delle riviste di architettura, quelle che hanno lucide pagine di carta patinata zeppe di immagini tecnicamente perfette dove la luce, le ombre, i contrasti sono sempre al top e dove la visuale degli ambienti immortalati è sempre tale da dilatare gli spazi, rendendo bella, condivisibile, desiderabile ogni singola ambientazione descritta.
Luoghi distanti dalla mia portata dove tutto è lineare, ordinato, essenziale, dove non c’è polvere, disordine e niente che minimamente ricordi l’irredimibile confusione delle mie stanze.
Diverso è, invece, il discorso per le riviste che descrivono giardini dove il solo guardare quegli spazi verdi così ben pensati, disegnati e poi anche realizzati da professionisti chiamati all’inglese Garden Designer mi fa scoppiare il cuore di una rassegnata ed un poco invidiosa melanconia.
 
Quando mi sono laureata, trent’anni fa, in Scienze Agrarie pensavo di avere acquisito  competenze, abilità e conoscenze sufficienti per lanciarmi nella progettazione del verde. Studiati a memoria tutti i libri di Alessandro Chiusoli mi buttai a capofitto nella realizzazione dei primi lavoretti. Dovetti constatare, tuttavia, che la progettazione non è un’attività che mi riesce bene. E’ vero che un agronomo ha competenza sulle piante ma non è detto che sappia organizzare gli spazi, pianificare il costruito, conoscere ed utilizzare al meglio i diversi materiali o che abbia la capacità di pensare il giardino che sarà non come un assemblato di piante in salute ma come una scenografica composizione capace di replicare in modo artistico la natura.
Progettare non era nelle mie corde e vi ho, quindi, rinunciato continuando però ad ammirare ed a invidiare chi è capace di farlo, di creare, cioè, un mix speciale tra l’ambiente costruito e la componente vegetale.

Mi trovo in questi giorni a sfogliare il libro “Giardini da Vivere” di Luigina Giordani e il sentimento di invidia  che avevo rimosso ricompare.
Luigina Giordani, nome poco noto al grande pubblico ma dal prestigioso curriculum professionale, è titolare dello studio di Landescape e Garden Designer Giardini Giordani, da lei fondato a Tolentino (MC), nelle Marche, che ha al suo attivo, in oltre venti anni di attività, la realizzazione di oltre duecento progetti di giardini, orti, terrazzi, aree verdi aziendali distribuiti su tutto il territorio nazionale. Laureata in Scienze Agrarie a Perugia come “miglior laureato in Scienze Agrarie dell’anno accademico 1977/78, la Giordani prosegue gli studi a Torino perfezionandosi in Architettura del Paesaggio e nella progettazione di Parchi, Giardini e Aree Verdi e acquisendo il titolo di Paesaggista presso l’Università degli studi di Torino. Collabora negli anni con diverse case editrici per editoriali e reportage ed è docente in corsi di specializzazione inerenti la “Progettazione e gestione degli Spazi verdi”.

Per rendere giusto riconoscimento alla sua decennale attività  Paysage, editore della Rivista internazionale di architettura del paesaggio e disegno urbano, nell’ambito del progetto Giardino italiano, ha avviato la pubblicazione di una collana di monografie dedicate a garden designer pubblicando come primo titolo il libro “Giardini da Vivere” che raccoglie quindici progetti fotografati e raccontati da Luigina Giordani.


Un libro bellissimo dove i diversi lavori descritti, tutti di committenza privata ma alcuni dei quali ad uso pubblico (Hotel, B&B, ville, terrazze) hanno nomi suadenti ed evocativi come: fantasie verdi in un colorato arabesco; tra cielo e mare; verde sinfonia; ordine e incanto; il bello secondo natura; un giardino dal cuore mediterraneo e sono descritti con parole e foto che mostrano contesti perfettamente inseriti nel paesaggio mediterraneo da cui traggono spunto ed ispirazione, ricreando con la scelta dei materiali, delle associazioni vegetali, dei volumi e dei colori una speciale sensazione di ariosa ed assolata tranquillità.
Bello leggere le descrizioni a corredo delle foto da cui prendere nota delle specie più frequentemente usate, scelte prevalentemente tra gli arbusti e gli alberi della flora mediterranea come lavande, cisti, mirti, agnocasto, olivi, mescolati ad arbusti da fiore come  Gaura, buddleie, rose inglesi, Agapanthus, Echium,  Solanum jasminoides, Perovskia, Salvia jamensis, Hemerocallis che vengono talvolta accostati a poche specie esotiche come Clerodendrum, Acca sellowiana, Escallonia.
Sono tanti gli spunti progettuali che è possibile trasporre alla propria dimensione casalinga perché facili  da realizzare utilizzando materiali naturali capaci di rendere speciale un’aiuola di casa, un angolo anonimo del proprio terrazzo, un vano grigio di un alloggio ascensore.


A far capire che il libro è un po' speciale vi è, poi, la prefazione scritta da Mimma Pallavicini, penna sferzante del giornalismo verde che da oltre trent’anni organizza mostre, consiglia vivai, descrive giardini predicando sempre il rigore, la competenza botanica, la serietà professionale. Se Mimma così scrive di Luigina Giordani :”.. da professionista, toglie, aggiunge, media, interpreta e alla fine tutto deve apparire in perfetto equilibrio, senza prevaricazioni sul preesistente o esibizione di virtuosismi. Non a caso la specializzazione paesaggistica di Luigina Giordani viene dopo studi di agronomia e non di architettura. Ovvero: tra natura e cultura, prima la natura". Ed ancora: " Apprezzo che affronti la progettazione scartando a priori qualsiasi sentimentalismo come se non avesse mai visto una bordura mista inglese traboccante di colori, un angolo arredato shabby chic, un giardino ottocentesco di viole e mughetti. Lei, misurata ed elegante, distribuisce fiori con molta gioia ed altrettanta parsimonia, crea prospettive e cannocchiali visivi mai esangui…." non resta altro da fare che subito il libro andare a comprare e una volta a casa, lentamente, cominciarlo a sfogliare.


 
 
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