giovedì 28 novembre 2013

Naveline, arance al femminile

Pregusto già l’arrivo delle prime arance che a giorni riempiranno le bancarelle del mercato e gli angoli delle strade. Sono le arance dorate della varietà “Navelina” dalla polpa bionda, dolce e croccante; arance californiane arrivate in Spagna negli anni 30 e poi da noi in Sicilia dove hanno trovato, in alcune aree dell’isola una nuova terra di conquista. 
 
Gli spagnoli, al suo arrivo, chiamarono la cultivar “Navelina” perché l’albero era di taglia più piccola rispetto alla varietà tipo ”Washington navel”;  in Sicilia nel tempo il nome è stato storpiato in  “novellina”  o anche  in“novellini”  per dire che i frutti sono precoci essendo questa arancia la prima  a comparire sul mercato.
Non lo posso dire troppo forte che a me piacciono le naveline perché queste arance per molti siciliani (e per mio marito in particolare) non sono le "vere arance”. Si,  sono succose, croccanti e dolci e non hanno semi ma, vuoi mettere un buon tarocco dal succo rosso che macchia il piatto ed ha un sapore pieno, agro ed aromatico? Le naveline sono arance gentili  e penso che abbiano una particolare “affinità con il genere femminile”; sarà per quel piccolo frutticino che cresce nascosto all’interno del frutto principale e la cui presenza è rivelata all’esterno dall’ombelico o navel, una piccola apertura presente all’apice dell’arancia.
E’ un fenomeno di sincarpia caratteristico di tutte le varietà del gruppo dei Navel ( Navelina, Whashington navel, Navelate) , cioè la formazione di un secondo frutto abortito all’interno di quello principale, derivante da una seconda serie di carpelli. 
A me il frutticino delle arance Navel piace molto e ne pregusto già il sapore aromatico e succoso mentre vado sbucciando il frutto principale, ma non tutti riescono a mangiarlo: ad una mia amica, ad esempio, fa molta impressione e mi guarda sempre con grande riprovazione: "Ma non hai compassione? Come puoi mangiare senza esitazione  il “figlioletto abortito dell’arancia?"
 

domenica 24 novembre 2013

Dal vaso al giardino, radici in libertà

Quando c’era mio padre andavamo sempre a teatro; la stagione della “Lirica”, al Bellini di Catania, era, infatti, per lui un appuntamento fisso che da oltre quarant’anni pregustava ed amava; io, sin da ragazzina, l’ho sempre accompagnato e dai e dai, per amore o per forza col tempo la lirica è piaciuta pure a me.
C’è però una cosa che non ho mai imparato ad amare nell’appuntamento mensile con il teatro: le scarpe.
A teatro si sa l’abbigliamento deve essere “comme il faut”; tailleur, cappotto o giaccone sobrio con accessori abbinati; le signore più anziane sfoggiano pellicce al profumo di naftalina e sino a qualche anno addietro un tizio stravagante indossava smoking e mantella. Anche se, in fondo, accetto l’idea del tailleur e condivido financo la gonna, il dovere rinunciare anche per una sola sera alle mie comode scarpe da camminata mi ha sempre procurato un certo malumore. E le scarpe che metto per il teatro non sono come quelle che si vedono in giro a lauree o diciottesimi ai piedi di ragazze eleganti che, abbarbicate su tacchi vertiginosi con la grazia di pappagalli al trespolo, rispondono con tono perentorio alla fatidica domanda: “Come ti trovi su questi tacchi così alti ?”: “CO-MO-DIS- SS-SI-MA!!.”.
No, le mie scarpe sono  di foggia classica con un minimo di tacco e di scollatura. Ma il mio piede ugualmente non c’è abituato; all’inizio sembrano comode ma dopo un’oretta mi stringono come una morsa; vuoi mettere il sollievo di togliere quelle tenaglie ed indossare familiari scarpe a base larga dove le dita possono spaziare?
Penso che anche per le piante sia così: le loro scarpe da teatro sono i vasi dove la perfidia dell’uomo ha deciso di confinarle per poterne disporre in ogni stagione e luogo a proprio piacimento.  
Una pianta che vive comodamente ai tropici come l’ibisco, mettila in vaso e la ritroverai a Natale in qualche veranda di una casa olandese; hai un salone e desideri l’esotico compra una kentia (vaso piccolo mi raccomando) e l’effetto estetico è assicurato. Ma capita talvolta che, stanchi di un ficus spoglio e filato perché l’unico spazio in casa è buoi e allo stravento, si voglia dare al morituro un’ultima opportunità mettendo la pianta, se il clima lo consente, in piena terra nell’aiuola davanti casa; ed il ficus in questione in questa situazione spara felice nuova vegetazione stendendo radici per ogni dove. Niente più vaso, niente più costrizione: la pianta in giardino si è messa comoda, le radici si sono riprese la piena libertà.
Ecco allora alcuni esempi di specie che, dalle mie parti, sono passate con grande soddisfazione dal vaso al giardino:
Schefflera arboricola
La schefflera è una delle più popolari piante verdi da fogliame coltivate in vaso, sia in appartamento che in piena aria, per la notevole adattabilità della specie capace di sopravvivere nelle situazioni più disagevoli come luoghi bui, ventosi, soleggiati, in assenza di cure colturali e per la facilità di propagazione che viene effettuata per talea estiva mettendo semplicemente a bagno, sino ad avvenuta radicazione, la parte terminale dei rametti erbacei. Non c’è negozio, bar o ingresso poco pretenzioso di condominio di civile abitazione che non abbia il suo bravo vaso di schefflera a tre o quattro rami capace di mantenere un aspetto gradevole anche se un poco ingessato con il passare delle stagioni. Una pianta decorativa, ma non troppo, spesso presente in coltura nella forma variegata a crescita più lenta e dunque di dimensioni più contenute. Ma se vi dovesse capitare di trasferire un esemplare di schefflera dal vaso di casa alla piena terra, preparatevi al peggio.
La specie si ricorderà di chiamarsi “arboricola” e si comporterà di conseguenza assumendo in breve sembianze arboree. Nel clima siciliano in estate la schefflera produrrà infiorescenze a pannocchia che daranno luogo a piccole drupe rotonde di colore giallo arancione.

Monstera deliciosa
Anche la monstera è una comune pianta da appartamento, facile da coltivare tanto da essere regalo ideale per giovani coppie in una nuova casa o neofiti del verde. La si commercializza appoggiata ad un tutore di sfagno per favorire l’adesione delle radici aeree al sostegno e, se si trova bene, cresce in casa lentamente producendo belle foglie bucate che costituiscono un adattamento della specie alla furia del vento nelle regioni tropicali d’origine. La crescita è contenuta se la pianta ha il piede nella morsa del vaso ma, provate a darle la libertà mettendola in piena terra in angoli ombreggiati del giardino, al riparo di un muro o di un angolo di casa; vedrete che la pianta farà onore al suo nome generico di Monstera producendo foglie dalle dimensioni mostruose che si arrampicano verso l’alto o si distribuiranno al suolo con effetto ricoprente veramente tropicale.
In estate si produrranno vistose infiorescenze protette da spate coriacee di colore bianco crema, inizialmente chiuse poi aperte a protezione di uno spadice con fiori serrati;
ad essi seguiranno frutti allungati di forma cilindrica protetti da placche verdi esagonali che si spaccano a maturità ed il cui sapore (occorre raccogliere il frutto maturo mangiando di volta in volta solo la parte che ha la polpa gelatinosa) ricorda il gusto di un frullato di ananas e banana.
Sulla pianta sono presenti frutti di diverso livello di maturazione (passa anche un anno e mezzo prima di poterli gustare), quelli ancora verdi vanno manipolati con attenzione perché contengono cristalli di ossolato di calcio che possono avere effetto irritante e pungente.
 
Euphorbia pulcherrima
 
Si avvicinano le feste di Natale e già nei garden, negli ipermercati dei centri commerciali e dagli ambulanti agli angoli delle strade fa la sua comparsa lei, la pianta vedette delle feste natalizie: Euphorbia pulcherrina la specie che per il colore delle sue brattee è divenuta negli ultimi trent’anni emblema del regalo natalizio a buon mercato da portare, in qualità di ospiti, alle giocate a carte della vigilia. Ogni anno il mercato sforna una novità commerciale per tonalità e forma delle brattee ma, tra il caldo dei termosifoni e la scarsa attenzione nel tenere il terriccio un poco bagnato, la bellezza della pianta a chiusura delle feste è già sbiadita. Ma che effetto sorprendente ha per questa specie il passaggio alla libertà del giardino.
Euphorbia pulcherrima messa in piena terra esplode di vitalità assumendo sembianze di grande cespuglio dalle belle foglie caduche, ovate e a margine ondulato,  che naturalmente, senza nessuna forzatura, in novembre comincerà a colorare le brattee.
La stella di natale va potata ogni anno quasi a raso, in gennaio, dopo la fioritura e le bacchette potate messe nel terreno hanno buona percentuale di radicazione.
 

giovedì 21 novembre 2013

Arbor day - parole a schema libero

Per onorare la Festa dell’albero la cui ricorrenza cade il 21 novembre ho preparato un gioco di parole a schema libero le cui definizioni sono nomi botanici o caratteri di alcune importanti specie arboree; le 14 iniziali compongono il nome del Governatore dello Stato del Nebraska che nel 1872 istituì la festa.

Definizioni
1: ho frutti poveri, raccolti in autunno che vanno mangiati ammezziti;
2: sono il cibo divino dei maya ;
3: vengo dal Sol Levante e fiorisco in autunno ma è solo in primavera che potrai gustare i miei frutti gustosi;
4: il nome latino della quercia;
5: con le mie foglie i neo dottori, in posa, si cingono il capo;
6: sono un tipo volubile alcune foglie le porto spinose altre mi piaccion lisce;
7: basta cambiar l’accento e tutti mi vogliono sputare
8: in confidenza il mio frutto puzza;
9:scorro tra le dita di chi recita le preci;
10: la colomba che portava l’annuncio che il diluvio era finito mi teneva stretto stretto tra le zampe;
11: Sambucus racemosa per gli inglesi;
12: arillo è il nome curioso del mio frutto;
13: io sono quello nero usato come legna da ardere;
 14: cultivar precoce di arancio del gruppo dei Navel

 

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martedì 12 novembre 2013

Nicola sa fare il sapone e ci spiega come si fa

Ci sono persone che hanno un dono speciale che è quello di sapere tutto fare; sono persone che al solo accennare ad una vaga, fuggevole idea di un oggetto da realizzare già li vedi segare, pensare al colore da usare o alla tecnica a sbalzo da applicare. Nicola è così, un artista che sa coniugare la tecnica antica del saper realizzare oggetti di impiego comune, appresa osservando il lavoro di vecchi artigiani, con l’uso moderno e assai tecnologico di resine, smalti e colle viniliche che impasta, miscela e amalgama insieme creando monili o magnifiche tele, ceramiche artistiche o lampade strane. Nicola , tra l’altro, sa fare il sapone prodotto in modo naturale creando ricette di sua formulazione; fa il sapone insaccato al peperoncino, le barre al cioccolato, il sapone budino o al rosmarino. 
 
 
A scuola lo vedo sempre armeggiare ed è stato difficile farlo fermare ma finalmente tra una ceramica cotta al forno ed una passata di colla da stendere a caldo, tra un calderone da rimescolare ed un alunno da seguire ho potuto finalmente domandare: Nicola, me lo spieghi come si fa il sapone?
Procedimento
Il sapone è un sale ottenuto da una reazione chimica chiamata saponificazione che avviene tra alcuni componenti presenti nelle sostanze grasse di origine sia animale che vegetale (acidi grassi) e determinate sostanze alcaline come l’idrossido di sodio (soda caustica) e l’idrossido di potassio. 
Le sostanze grasse di partenza possono essere oli (oliva, cocco, arachidi, palma, ricino) o anche sego e strutto insieme ad altri residui grassi derivati della macellazione degli animali; le sostanze basiche da usare sono diverse in base alla consistenza che vogliamo dare al sapone: se si vuole ottenere un sapone duro si userà la soda caustica, per un sapone più fluido, tipo gel si utilizzerà l’idrossido di potassio. La quantità di sostanza basica che va utilizzata nella preparazione del sapone varia in funzione della sostanza grassa di partenza caratterizzata da un parametro specifico che è il coefficiente di saponificazione.
   
Nicola ci spiega la sua ricetta del sapone che utilizza l’olio d’oliva come sostanza grassa.
 
I procedimenti da svolgere possono essere di due tipi: preparazione a freddo e preparazione a caldo; nel primo caso il sapone una volta preparato deve riposare a lungo (anche quattro settimane) prima di essere utilizzato perché deve perdere spontaneamente l’eccessiva basicità acquisita con l'aggiunta di soda caustica; nella preparazione a caldo, invece, il sapone ottenuto è già immediatamente utilizzabile perché sottoposto a diversi lavaggi con acqua e sale che riducono il valore del pH.
Procedimento a caldo
 Ingredienti
1 litro di olio d’oliva
1 litro d’acqua
250 gr di soda caustica (NaOH) sciolta in un litro d'acqua
 

Si pesano le quantità e si versa l’olio nella pentola portando la temperatura a circa 36° 
 
 Si versa l’acqua nell’olio aggiungendo metà della quantità di soda caustica diluita (liscivia) e si mescola il liquido con un frullatore ad immersione; dopo circa 5 minuti si aggiunge la seconda parte del prodotto; si lascia bollire a fuoco lento mescolando ogni tanto con un cucchiaio di legno
 Dopo 40 minuti il composto presenta una consistenza cremosa e dopo circa 1 ora il sapone comincia a separarsi dall’acqua salendo in superficie (cagliata)
  
Si agita ancora con il frullatore sino a che il sapone non affiora in superficie pastoso e bianco
 Da questo momento in poi (dopo circa 1 ora e 30 minuti dall’inizio della preparazione) il composto comincia a bollire ed il sapone affiora in maggiore quantità ed in modo sempre più denso; si procede ancora per 30 minuti sino a che il sapone formatosi si trova tutto in superficie; è di colore bianco e emana un profumo gradevole. Il prodotto, a questo punto,  si raccoglie con una schiumarola e si mette in un contenitore ad aspettare.
 
Si procede ora ad effettuare un lavaggio del sapone ottenuto utilizzando una soluzione di acqua e sale.
Si mette sul fuoco una pentola con un litro d’acqua e 2 cucchiai di sale marino;
  quando l’acqua è calda si versa nella pentola il sapone schiumato e si lascia bollire; dopo circa 15 minuti il sapone salirà ben coagulato in superficie ed andrà raccolto buttando l’acqua salata residua; occorre ripere il lavaggio una seconda volta e a completamento dell'operazione sul sapone ottenuto si aggiungono due cucchiai d’olio ed eventuali essenze (citronella, lavanda) che vogliamo utilizzare per profumare il prodotto finale.  

 Si mescola bene il composto mettendolo in una pentola a fuoco molto basso.
Saranno passate oramai tre ore dall’inizio dell’operazione ed il sapone è pronto; si versa l’impasto in un contenitore possibilmente di legno dotato di sfiati ed appena sarà sufficientemente asciutto si sforma; sarà subito utilizzabile.

Nella lavorazione a caldo sin dalle fasi iniziali si possono aggiungere al composto foglie di ortica che accentuano il colore verde oliva del prodotto ottenuto.
 Per il procedimento a freddo occorrerà aspettare il tempo di un altro post..

Fatto!
 
Le foto senza logo sono di Nicola Caruso
 
 

domenica 3 novembre 2013

Soluzione Cruciverba botanico ottobre 013

Orizzontale: 1: falsi frutti carnosi formati da un ricettacolo piriforme e pendulo; 7: è particolarmente sgradevole in Stapelia; 8:iniziali nome botanico trumpet vine; 9: Racomitrium elegans; 10: Clematis Franziska.. ; alberi chiamati spaccasassi; 13: gorse (Ulex europaeus); 14: Napoleonaea imperialis; 15: iniziali del nome di botanico inglese, globe trotter, cacciatore di piante, scrittore, presentatore televisivo, primo curatore di "Hillier Arboretum” (Roy Lancaster); 16: ripari costituiti da piante arbustive usate con funzione ornamentali o per delimitare proprietà; 18: Baccharis erigeroides; 20: connotazione botanica specifica che sta ad indicare dimensioni ragguardevoli (Pinguicula, Langermannia, Carnegiea); Verticale: 1: genere della famiglia delle Rosaceae che comprende specie arboree dai frutti eduli quando ammezziti, ingrediente base dell’idromele;2: in botanica desinenza che contraddistingue la categoria tassonomica delle sottofamiglie; 3: Cactus e...; 4: lo sono i feromoni; 5: nome inglese di Acacia loderi; 6: James William Eleno... , botanico britannico ((1851 - 1919); 8: organi vegetali filiformi dovuti alla metamorfosi di una foglia che la pianta utilizza per arrampicarsi; 11: Ranunculus arvensis; 16: Abbreviazione standard del nome del botanico e naturalista francese Jean Francois Seguier; 17: abbreviazione Pecteilis, genere Orchidaceae; 18: Hoary Balsamorhiza (Balsamorhiza incana); 19: Sigla di formulazione in cui la sostanza attiva è contenuta in goccioline acquose;

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