giovedì 10 ottobre 2019

Antonio Perazzi: Home Ground a Radicepura

Voglio dire una cosa che forse non sarà molto popolare: l’autunno non mi piace: quell’illanguidire delle giornate che a poco a poco si incupiscono; il ritorno dell’ora solare; la scuola; i giardini che perdono gli smaglianti colori della bella stagione, nei vivai solo ciclamini e crisantemi, la luce che diventa mogia e ti porta a meditare su quanti tramonti hai già visto e quanti ancora ne riuscirai a vedere…
L’autunno è una stagione di melanconia che non ho proprio voglia di fare mia.
 
A peggiorare la situazione manca oramai solo una manciata di giorni alla chiusura della seconda edizione del Radicepura Garden Festival che a Giarre, in Sicilia, da questa primavera e per tutta l’estate, ha catalizzato l’attenzione degli appassionati del verde.
Un grande Parco Botanico ancora in itinere realizzato dalla Fondazione Radicepura, più quattordici giardini e quattro installazioni, opera di paesaggisti famosi ed emergenti ispirati, quest’anno, al tema del giardino produttivo, hanno reso di grande interesse questa edizione del Festival.
E non solo i giardini sono stati motivo di visita perché tante iniziative di richiamo si sono susseguite nel corso dell’estate come il Cinema in giardino, le domeniche dedicate alle famiglie con l’iniziatica Kids Trip Family friendly-Professione piccoli paesaggisti ed ancora Garden e Grill; Yoga in giardino;  Incontri con gli autori (Giuseppe Barbera, Arturo Croci, Michele Serra e Carlo Pagani),) e workshop con architetti del paesaggio di importanza internazionale come Andy Sturgeon, James Basson e Antonio Perazzi. Quest’ultimo, ad esempio, ha curato, il workshop Nuove piante, agricoltura, paesaggio spontaneo: tre alleati per il giardino siciliano che si è svolto lo scorso fine settimana. A detta di chi vi ha partecipato si è trattato di un evento di grande interesse non solo per le visite ai vivai Faro e al Parco di Radicepura ma anche per la generosità con cui l’architetto-giardiniere, come ama definirsi, ha parlato di se, del suo giardino e del suo lavoro.
Tutto questo ha da finire; siamo in autunno e la manifestazione si avvia a chiudere i battenti il 27 di ottobre. Proprio ora che i giardini hanno finalmente raggiunto il loro aspetto compiuto e l’idea progettuale si è resa più facilmente leggibile anche ai profani, le installazioni non saranno più visitabili al grande pubblico e nel tempo verranno smantellate per lasciare posto a quelle che fra due anni parteciperanno alla nuova edizione del Garden Festival.
Come Requiem per il Festival che ha fatto belle, quest’anno, le mie stagioni del cuore, primavera ed estate, racconterò dell’installazione Home Ground di Antonio Perazzi che è quella, fra tutte, che mi è piaciuta di più, meta di ogni visita che ho fatto al Festival per seguirne lo stato dell’arte e che mi auguro potrà rimanere installata anche per le edizioni a venire. 
 
Home Ground o 'Terra di casa' è una grande scacchiera che alterna riquadri che ospitano  piante tropicali da frutto a lastre di pietra lavica levigata  su cui sono incisi pensieri sul giardino;  nel parco di Radicepura questo giardino è stato posizionato proprio sotto  la grande Tour d’y voir di Michael Péna perché è dall’alto che se ne ha una visione molto suggestiva.
 
Di questa installazione ho trovato assai originale l’approccio con il tema del Festival che è quello del giardino produttivo. Secondo Perazzi, il giardino ha l’encomiabile merito di produrre un enorme miglioramento nel giardiniere che lo ha ideato e che lo cura e che può considerarsi a buon diritto il prodotto finale del giardino.
 
Come già sostiene nel suo ultimo libro Il Paradiso è un giardino selvatico: “ Il lavoro del progettista di giardini non è solo la composizione della forma o dello spazio abitativo all’aperto, è anche la capacità di lavorare insieme alle piante assecondando il loro carattere per raggiungere uno scopo comune di armonia ed equilibrio” ed ancora: “ ..il giardino non può esistere senza il giardiniere che, da creatore, diventa prodotto stesso della natura”.
Perazzi si è molto inspirato alla Sicilia nella progettazione nel suo giardino riprendendo ad esempio l’antica tradizione delle saie, di origine araba, utilizzate per irrigare gli orti e gli agrumeti. Un corso d’acqua, infatti, alimenta il giardino aumentando progressivamente la sua portata fino ad inondare, straripando i riquadri in pietra lavica che portano incisi degli aforismi; poi l’acqua defluisce per tornare a tracimare con cadenza ripetuta. 
La Sicilia ritorna anche nell’uso dei materiali: è stata realizzata, ad esempio una lunga seduta in pietra lavica utilizzando scarti di lavorazione forniti dalla famosa cava etnea dei fratelli Lizzio; questi sono stati, poi,  lavorati direttamene sul posto, allineando e modellando ogni singola lastra a formare il manufatto forse più costoso presente in tutto il Festival, ottenuto tuttavia partendo da un’idea di riciclo e recupero di scarti di lavorazione.  
Alle spalle della seduta una moltitudine di essenze da fiore che hanno profumato l’estate con le fragranze di gardenia, plumeria, hedychium, jasminum, aromatiche. Al centro della scacchiera sono presenti alberi da frutto tropicale provenienti in gran parte dai vivai di Natale Torre di Milazzo (annona, asimina, syzygium, mango, litchi); nella loro scelta si sviluppata un’altra tematica  progettuale che punta l’accento ai cambiamenti climatici per cui non sono tanto le specie tropicali da frutto che si sono dovute adattare a vivere sull’isola ma è la Sicilia che si sta adattando alla loro coltivazione diventando sempre più una regione a clima tropicale.
La vegetazione che contorna il giardino è in questi ultimi giorni lussureggiante: cycas, zamia, erythrina, alocasia,  aspidistra, thevetia.

È un giardino che, come dice Gaetano Zoccali, giornalista-giardiniere, autore dei quindici pensieri sul giardino incisi sulle lastre di basalto etneo: “gioca sul filo del rasoio, tra il naturale e l’addomesticato”.
 
Approfittando del momento di reflusso dell’acqua è stato divertente zampettare dentro la scacchiera per trascrive uno per uno i pensieri incisi, il più condivisibile dei quali è al centro: Il giardiniere conosce il Paradiso.
Come dargli torto?
 

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