domenica 3 aprile 2011

Sansevieria, Sedum, Portulacaria: le piante di mia nonna

Mia nonna aveva, quel che si suol dire, un pollice verde e nel piccolo spazio delle sua angusta casa di paese, dentro contenitori improvvisati e per lo più riciclati (per intenderci: latte di pomodoro o di conserve, bacinelle, vasi di terracotta un poco sbilenchi, tazze da latte sbrecciate) aveva un piccolo ma curatissimo repertorio di piante in vaso.
Tutte le piante della nonna avevano una prerogativa comune: non erano mai comprate. Acquistare piante per una donna cresciuta in Sicilia nei primi anni del novecento era cosa assolutamente fuori da ogni considerazione. Le piante, infatti, per grazia di Dio, si riproducono da sole ed in abbondanza; basta solo aiutarle a farlo, staccando un rametto o dividendo un cespo o, ancora, mettendo a dimora semi raccolti da frutti maturi. Il suo giardino minimalista in vaso era perciò presto fatto: Aspidistra elatior per l’angolo buio sotto la scala che porta al piano di sopra; è specie, poco esigente e si riproduce assai facilmente per divisione del cespo; Portulacaria afra, una specie succulenta a crescita lentissima indifferente al passare del tempo e alle stagioni; per lei l’angolo più cocente del balcone esposto a mezzogiorno insieme a Sedum ed Aeonium. Ed ancora:
Sansevieria trifasciata avuta in regalo dalla vicina di casa come talea di foglia  e alla quale: “ ricordati di  non dare mai acqua d’inverno e non la esporre ai raggi diretti del sole che le foglie si bruciano”. Nephrolepis cordifolia la felce  antica che sta bene ovunque: a mezz’ombra, sole diretto, buio; con lunghe foglie diritte in continuo rinnovamento e ottenuta anch’essa per divisione del cespo di antiche piante madri;
Asparagus plumosus, cresciuto oltre misura dentro un piccolo vaso, davanti la porta di casa.
Ma, tra tutte la piante di mia nonna, quella che più ci piaceva era arrivata da sola; un regalo del buon Dio che l’aveva fatta crescere e radicare in una fessura del marciapiede, proprio davanti la soglia di casa: Bryophyllum daigremontianum è il suo nome scientifico ma per mia nonna era “la pianta campanella“ che, da sola era venuta e da sola era cresciuta e senza nulla chiedere, produceva, in inverno, grappoli numerosi di fiori rosso violetto.
Indubbiamente, la sua preferita.

2 commenti:

  1. Dolci e utili questi ricordi della nonna. La sopravvivenza del piu` forte e` spesso il mio motto in fatto di giardinaggio!

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  2. Ciao Anna Maria, benvenuta ! Tutto sembra bello nei ricordi del passato, anche il puzzolente beverone di gusci d'uovo messi a macerare nell'acqua piovana che mia nonna utilizzava come concime autarchico ("perchè anche le piante hanno bisogno di calcio!!").

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