lunedì 31 dicembre 2012

Ricordatevi di essere felici

Il mestiere di benzinaio è ben strano; tutto il giorno tra oli e benzine, tubi di scappamento e motori, circondati dal frastuono del traffico cittadino in un luogo di lavoro agli antipodi con quanto sia possibile ritenere ecologico, salubre, naturale. Sarà per questo motivo che molti benzinai amano il verde, non quello di rappresentanza ad uso del pubblico ma il verde privato fatto di pochi vasi fioriti o di piccole aiuole disposte a ridosso delle pompe di benzina. Un piccolo spazio di naturalità che denota in chi lo gestisce sensibilità e gentilezza. La stessa che ha fatto esporre ad un benzinaio catanese il seguente messaggio di auguri:

Non posso che sottoscrivere l’augurio rilanciandolo a tutti gli amici del blog.
AUGURI!!!

sabato 29 dicembre 2012

Asphodelus, una pianta dell'Ade

Asphodelus microcarpus è una specie erbacea perenne appartenente alla famiglia delle Liliaceae; diffusa in tutto il Mediterraneo è tipica dei terreni incolti, degradati dai frequenti incendi appiccati per ricavarne pascolo per il bestiame. La specie, nonostante il fuoco, riesce a rigenerarsi grazie al robusto apparato radicale rizomatoso formato da tubercoli molto simili all’apparato radicale delle dalie. La parte vegetativa della pianta è appressata al suolo in forma di rosetta con foglie carnose lineari, strette ed appuntite, a sezione triangolare, lunghe anche un metro, simili a delle spade; sarà per questo che la specie nell’antichità era nota con il nome di “lancia del re” o “hastula regia”.  

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In primavera dal centro della rosetta emerge uno stelo privo di foglie che porta in cima una infiorescenza a spiga molto alta con fiori singoli di colore bianco con una venatura centrale più scura che cominciano ad schiudersi partendo dal basso verso l’alto. I frutti sono capsule tondeggianti.
Sin dai tempi degli antichi greci l’asfodelo veniva considerata una pianta degli Inferi, la si piantava, infatti, sulle tombe come possibile fonte di nutrimento per i morti e pertanto era considerata nell’immaginario popolare come una pianta funerea; anche Omero, ad esempio, nel X libro dell’Odissea ne fa scorgere ad Ulisse un gran prato alle soglie dell’Ade in quella parte compresa tra il Tartaro ed i Campi Elisi dove stavano coloro i quali non erano stati ne buoni ne cattivi.
In tempi moderni la Rowling nel primo libro della saga di Harry Potter fa usare ad Herry la radice di asfodelo in polvere per preparare una pozione magica chiamata “Distillato della morte vivente”.
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In Sardegna, dove sono presenti estese garighe ad asfodelo, nel paese di Ollolai con le foglie raccolte in primavera e lasciate asciugare al sole, si preparano tradizionali canestri ottenuti con un’antica tecnica chiamata Iscrarionzu.
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Mentre la parte epigea della pianta è tossica per gli erbivori, i tubercoli radicali sono commestibili e molto appetiti da maiali ed istrici. Pur non essendo particolarmente gustosi, questi tuberi hanno consentito ai popoli mediterranei di sfamarsi in diversi periodi di guerre e carestie usandoli al posto delle patate.

Con la farina di radici di asfodelo si preparava un “pane dei poveri” dal sapore insulso e oggi difficilmente riproponibile anche se qualcuno ancora ci prova.

Bibliografia: Piante spontanee in Sicilia, Fabio Morreale, 2010, Natura Sicula;
Florario, Alfredo Cattabiani, 1996, Oscar Saggi Mondadori
 
Ringrazio Magda che  ha partecipato al quiz risolvendolo con grande facilità 

martedì 25 dicembre 2012

Terebinto, un arbusto "Rosso Natale"

Quando eravamo piccoli, nella Sicilia degli anni 60, non si usava fare l’albero di Natale ma si preparava il presepe. Subito dopo l’Immacolata, in un qualche gelido pomeriggio ennese prima dell’inizio delle vacanze, con mio fratello salivamo in soffitta a prelevare una vecchia cassetta di legno che custodiva da anni il necessario per mettere in atto la sacra rappresentazione: la carta per fare il cielo con dietro attaccate le lucine, la carta per fare le montagne, casette, pastori, greggi, un caravanserraglio di animali da cortile e ovviamente la capanna con annessi animali e famiglia.
Versione moderna del presepe anni '60
Ogni anno mio fratello, che essendo più grande dirigeva le operazioni, apportava qualche piccola innovazione: un mulino con le pale a ruota che un motorino elettrico faceva girare, il laghetto fatto con lo specchietto da cipria di mia madre, il fiume luccicante con la carta stagnola che andavamo a farci dare dal fioraio vicino casa, il mangiadischi per mandare la musica quando di sera si spengeva la luce; io avevo poca voce in capitolo ed in genere mi bastava “aiutare” ma un anno che avrei voluto inserire tra i personaggi del presepe i gladiatori con le tigri e le giraffe come avevo visto nel presepe della signora Seminara, mio fratello che era un fervente assertore del presepe tradizionale mi bocciò senza appello la proposta. L’albero di Natale lo trovavamo a casa degli zii che erano di tradizione “nordica” essendo la zia emiliana. Si andava in campagna, si adocchiava un pino (di abeti dalle mie parti manco a parlarne), si segava un bel ramo e lo si addobbava con fili dorati e poche palle dello stesso colore.
Il rosso, allora, non era di moda. Poi, negli anni a venire, a poco a poco, con l’avvento della pubblicità planetaria il Natale ha cominciato a tingersi di rosso prendendo spunto dal rosso Coca cola della palandrana del Santa Claus americano per contagiare nastri, pacchi, palline, tovaglie, piatti e anche le stelle di natale (americane pure quelle) e diventare così nell’immaginario collettivo il colore della festa.
   
Ed in campo vegetale? Tra le specie mediterranee che si apprestano ad affrontare il breve inverno del sud c’è un arbusto che, pur essendo specie spontanea che non ha tradizioni natalizie, per fogliame, portamento e gradevolezza estetica ben si adatta  alle esigenze scenografiche  del moderno Natale in rosso. Parlo del terebinto (Pistacia terebinthus) che in questi  primi giorni dell’inverno, in grandi macchie cespugliose, punteggia di rosso  le campagne alle pendici dell’Etna in una fascia altimetrica occupata da olivi e pistacchi e allo stato spontaneo, da leccio, ginestra e roverella fino a circa seicento metri di quota.


Questo arbusto o piccolo alberello ha foglie decidue che prima di cadere assumono diverse tonalità di rosso non solo nei diversi esemplari ma anche su parti diverse della stessa pianta in base all’esposizione. Rosso mattone, rosso brillante di foglie imparipennate coriacee, rosso cinorrodio dei  piccoli frutti portati in pannocchie terminali. 
 
 
Il terebinto chiamato comunemente scornabecco ha un apparato radicale che consente alla specie di abbarbicarsi a substrati pietrosi, poveri, aridi. La specie appartiene allo stesso genere del pistacchio (Pistacia vera) e per questo viene comunemente utilizzato come suo portainnesto in terreni sciarosi del versante occidentale etneo. Per me il terebinto è la specie del Natale, un arbusto che annuncia la festa e mette allegria in modo naturale senza gli artifici in technicolor del Natale moderno da pubblicità. 

giovedì 20 dicembre 2012

Un anno passato a "postare"

 
Natale è periodo di bilanci: a che punto ero quattro stagioni fa? cosa ho fatto quest’anno? che propositi maturo per l’anno a venire? Anche nel blog (che è puro divertimento) mi ritrovo a soppesare quanto fatto in questo lungo periodo e a valutare il livello di soddisfazione raggiunto. Non ho dubbi nell’ affermare che parlare di piante mi ha molto divertita. Trovare argomenti sempre nuovi, cercare spunti o elaborare un nuovo quiz o un cruciverba sono attività che hanno riempito i miei pomeriggi e mi hanno dato la spinta per uscire, fotografare, approfondire, studiare. Grazie, dunque, di cuore a tutti gli amici che hanno lasciato un commento facendomi sentire parte di un gruppo a cui mi legano passione botanica ed affetto.
 
e.. dunque
 
 
Buon Natale  e Buon Anno
 
a tutti ma un saluto ed un ringraziamento particolare ai miei
 “cari commentatori”
Audrie, Giulia Capotorto,  Zima,  Magda,  Taro,  Antimo,  Stranepiante,  Simonetta,  Santi (alias  il potatore),  Lidia, Giuliano, Penna,  Vivaio girasole,  Barbara,  Marcello Tringali,  Walter,  Marcello alias agronomo fumosa,  Irene,  Massimo Freschi 
in ordine progressivo di intervento 

venerdì 14 dicembre 2012

Hovenia dulcis, l'albero dell'uva passa

Una piacevole scoperta di una domenica passata "A’ Fera Bio"

Ogni seconda domenica del mese, a Catania, si svolge un mercatino delle produzioni biologiche equo-bio-locali  denominato ”A’ fera bio”; in passato la manifestazione aveva luogo nel perimetro esterno dell’Istituto Tecnico Agrario di Catania ma da un poco di tempo la fiera ha cambiato ubicazione svolgendosi dentro il cortile del Monastero dei Benedettini di San Nicolò l’Arena, in pieno centro storico. Il monastero è considerato, in città, luogo artistico e culturale per eccellenza essendo il secondo monastero benedettino per grandezza in Europa,  abitato dalla metà del 500 sino al 1866 da monaci provenienti dalle più importanti famiglie nobili cittadine che nelle diverse ricostruzioni ed ampliamenti settecenteschi chiamarono a lavorarvi i più conosciuti architetti dell’epoca. Dalla fine degli anni 70 il monastero è sede di varie Istituzioni Universitarie. Il luogo è, dunque, magnifico e quando posso ci vado volentieri con la scusa del mercatino bio perché si respira un’atmosfera rilassata con gente dai modi cordiali che vende in un contesto architettonico di grande piacevolezza e eleganza. Girando tra i diversi espositori che vengono da aree agricole dell’isola anche distanti da Catania, tra formaggi ed ortaggi rigorosamente Bi-o-lo-gi-ci! tra olio e pane tradizionale, ogni volta che vado, cerco il banchetto di una piccola azienda di Giarre che si chiama “Il Contadino Bio”.
E’ un’azienda a conduzione familiare che su una superficie di 13.000 mq ha riconvertito al biologico un vecchio limoneto di famiglia integrando la produzione agrumicola con un frutteto di specie subtropicali e tropicali che in terra di Sicilia si trovano bene, tanto da crescere e fruttificare con regolarità. Le produzioni biologiche ottenute sono esposte su un minuscolo banchetto dove accanto a noci, limoni, pompelmi ed olive trova posto un variegato assortimento di frutta esotica locale la cui visione scatena la mia voglia d’acquisto.
 
Avocado in diverse varietà insieme a frutti di Guava, Casimiroa e Fejoa; peperoncini di forma tozza chiamati Aji dulce provenienti dal Venezuela insieme alle più usuali zucchette africane (Sechium edule); e siccome non si vive di sola frutta esotica compro pure magnifici steli di Strelitzia reginae che come fiore reciso hanno una durata di oltre dieci giorni. Domenica scorsa, raccolto in mazzetti, vendevano tra l’altro qualcosa di molto particolare: grassocci tubercoli di consistenza carnosa contorti e ramificati, portati in cima ad esili peduncoli legnosi; a parte la forma assai strana, il grande stupore sta nel sapore di questi pezzetti carnosi che hanno un sorprendente gusto di... uva passa, già ammezzita e direi quasi già aromatizzata nel rhum.

La specie responsabile di tanta stranezza è Hovenia dulcis Thunb., un grande albero spogliante della famiglia delle Rhamnaceae noto appunto come “albero dell’uva passa” o, in inglese “Chinese raisintree” o “Japanese raisintree” essendo la specie originaria della regioni fredde himalayane della Cina, della Corea e del Giappone. Hovenia proviene dal freddo ed è dunque, specie comune nelle regioni del centro nord europeo come pianta ornamentale. In Sicilia non l’ho mai vista in coltura ma interpellando i venditori mi descrivono la specie come un albero di media grandezza con habitus molto simile al faggio. In primavera dopo la comparsa delle foglie inizia la fioritura che avviene in grandi racemi terminali sui rami giovani della pianta. La particolarità della specie sono i piccioli fiorali che nel corso della fioritura cominciano ad accrescersi ingrossandosi e dividendosi in modo dicotomico prima in due, poi in quattro e così via in modo progressivo formando un groviglio ramificato di aspetto disordinato.
E’ questa la parte edule della pianta dal sorprendente sapore dolce ed aromatico. Dai fiori si svilupperanno, poi, piccoli frutti sferici non commestibili che rimarranno attaccati al picciolo carnoso. Al termine della fioritura il grappolo ormai secco si stacca e cade al suolo agevolando non poco la raccolta. Tra le stranezze lette sul web una sostanza estratta dai semi e dalle foglie di hovenia sembrerebbe avere la capacità di fare passare la sbornia ai topi che, anche se abituati a bere forti quantità di alcol, con hovenia sembrerebbero preferire all’alcol le bibite analcoliche!

Hovenia dulcis, foglie
Ho avuto modo di vedere, in data successiva al post, anche la pianta di Hovenia; è un bell'albero di media grandezza  e per facilitarne il riconoscimento inserisco una foto delle foglie e dei frutti in fase di maturazione. 

sabato 8 dicembre 2012

Cruciverba botanico dicembre 012

Orizzontale 1: Iniziali di insigne botanico italiano vissuto alla metà del 1600; contribuì allo sviluppo del Giardino dei Semplici di Firenze; a lui Linneo ha dedicato un genere della famiglia delle Papaveracea; 3: Anemone coronaria; 6: insetti appartenenti ad una piccola famiglia di ditteri; ad essa appartengono la mosca della rosa e della carota; 9: Celosia cristata; 10: negli orti, striscia di terreno sopraelevata rispetto al suolo affiancata da canali di scorrimento dell’acqua irrigua; 11: genere cui appartiene la palma da cocco; 12: infiorescenza tipica della famiglia delle Poaceae (Gramineae); 14: Abbreviazione standard di Carl Linnaeus; 18: appellativo specifico di specie appartenenti ai generi Ammi ed Eryngium che deriva dalla parola latina capelli, chioma;19: ibrido intergenerico di orchidea Aerides x Ascocentrum x Phalaenopsis x Vanda. Verticale 2: Abbreviazione standard genere di orchidea Brapacidium; 3 pianta dalle grandi foglie comunemente nota come "orecchie di elefante”; 4: famoso vino DOC calabrese prodotto in provincia di Crotone; 5; iniziali del nome botanico di un’erbacea perenne della famiglia delle Rosaceae nota come “fragola matta”; 7: in botanica, fiore che ha gli organi fiorali inseriti più in basso dell’ovario; 8: iniziali di insigne botanico svedese studente di Linneo e grande amico di Joseph Banks; 9: abbreviazione del nome del botanico italiano Vincenzo De Cesati direttore, alla fine dell’800, dell’Orto Botanico di Napoli; 11: in botanica peli sottilissimi disposti sul margine, ad esempio di una foglia; 13: la... cima del prezzemolo inglese; 16: Abbreviazione standard del genere ibrido di orchidea Martiusara; 17: specie di falena appartenente al genere Fascellina; 18: iniziali del nome botanico di miagro rostellato.
 
post in formato PDF

Se ti piacciono i cruciverba botanici guarda pure quii
 
 

martedì 4 dicembre 2012

Montanoa bipinnatifida: l'albero delle margherite

Una specie arbustiva a fioritura tardo autunnale
 
In questa stagione dell’anno, quasi alle soglie dell’inverno, trovare specie arbustive in piena fioritura non è certo usuale neanche per i giardini mediterranei delle regioni a clima mite. Se infatti sono molte le specie da fiore che in autunno e sino a che il tempo si mantiene bello effettuano una seconda fioritura dopo quella primaverile (Odontonema, Cestrum, Solanum Brugmansia) non è frequente trovare arbusti che effettuano un’unica fioritura tra la fine del mese di novembre ed i primi giorni di dicembre. Di alcune di esse, come Dahlia maxonii e Hibiscus mutabilis, ho già parlato essendo specie che hanno una certa diffusione nei giardini siciliani; oggi invece vorrei descrivere una specie arbustiva messicana che fiorisce proprio in questo periodo ma che nonostante abbia gradevolissime qualità estetiche non trova nei giardini siciliani la diffusione che meriterebbe. Montanoa bipinnatifida è una Asteracea a portamento arbustivo che in Messico, suo paese d’origine, è nota come “albero delle margherite”. Ed è proprio questa la principale caratteristica della specie che in autunno si esibisce in una piacevole fioritura di grandi margherite bianche svettanti, in fitte pannocchie, in cima a fusti alti anche tre metri.

Montanoa bipinnatifida è un arbusto a portamento eretto e crescita molto vigorosa che ramifica sin dalla base formando un folto cespuglio sempreverde di belle e grandi foglie profondamente lobate, pelose sulla pagina inferiore, opposte.
I fusti erbacei sono cavi internamente ed è perciò conosciuta anche con il nome di “pianta cerbottana”. In Messico fiorisce in primavera mentre sulle rive del Mediterraneo scambia le stagioni fiorendo tra la fine di novembre ed i primi giorni di dicembre. In cima ai rami si formano gruppi terminali di grandi margherite bianche riunite in pannocchie. I fiori sono molto decorativi con il capolino che porta fiori ligulati bianchi e fiori tubulari gialli. I frutti, come in tutte le asteracee sono acheni muniti di pappi per favorire la disseminazione anemofila.
Predilige terreni profondi e buona disponibilità idrica; i fusti erbacei sono piuttosto fragili e dunque si dovrebbe trovare per essa una zona del giardino riparata dal vento. Dopo la fioritura la pianta deve essere severamente potata per mantenere una forma compatta quando poi in primavera svilupperà la nuova vegetazione. La propagazione potrà avvenire per talea utilizzando parti delle ramificazioni così potate. L'ho vista e fotografata per la prima volta all'Orto Botanico di Catania ed è un arbusto così gradevole per la fioritura delicata ed abbondante, in un periodo dell'anno avaro di colori, che non capisco come la specie non sia diffusa nei giardini del sud.  Per il nord c'è la scusante che la specie non tollera le gelate ma nei nostri giardini è un arbusto che meriterebbe miglior fortuna. 
Dove trovarla: Vivai Noaro
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