giovedì 28 febbraio 2013

Quiz botanico febbraio 013

Cinque indizi per una specie
 
Con rispetto, sette volte mi devo inchinare al tuo cospetto prima di raccogliere i sette doni che hai da offrirmi
 
 
Se la magia che è in me vuoi  utilizzare lontano dal gallo che canta mi devi tagliare

 
 Una fiaba strampalata del macabro danese mi racconta come una madre che sta dentro una teiera.
 
 
Abby e Martha, due anziane ziette, ci insaporivano il vino offerto ai  loro ospiti prima di seppellirli nel Canale di Panama.


Sono il prediletto di un  "Auriculare .. molto profumato”
 

lunedì 25 febbraio 2013

Calendula, sposa del sole

 
Cari amici Stefano, Lidia, Magda, siete stati tutti molto bravi ed avete indovinato il mio quiz con grande facilità; penso che sarà sempre più difficile riuscire a depistarvi. 
***
La calendula è uno dei fiori di campo più diffusi nell’area del Mediterraneo; specie nota sin dall’antichità per le sue apprezzate proprietà officinali è molto utilizzata nei giardini per la luminosità delle corolle, di un allegro colore giallo arancio e per la lunga fioritura che si estende dai primi mesi dell’inverno all’autunno inoltrato.
In Italia sono presenti allo stato spontaneo due specie: Calendula arvensis, dalle piccole corolle giallo sulfureo, spontanea al riparo di muretti e pietraie e presente nelle aree incolte dove forma prati tappezzanti e Calendula officinalis, specie a portamento eretto e corolle grandi di colore arancione da cui si sono originate per ibridazione la moltitudine di varietà orticole coltivate nei giardini.
Calendula spontanea

Calendula  in giardino
Il nome del genere deriva dalla parola latina calendae cioè primo giorno del mese probabilmente per indicarne la prerogativa di fiorire ogni mese per molti mesi all’anno. Le foglie sono in genere di forma ovata e colore verde chiaro ed emanano un odore caratteristico. I fiori della calendula così come quelli di altre Asteraceae sono in realtà un’infiorescenza detta capolino che ha la particolarità di aprirsi al mattino al comparire del sole per chiudersi al tramonto; questa prerogativa ha fatto inserire di diritto la calendula tra le specie da giardino più utilizzate per la realizzazione degli “Orologi di Flora”, curiosità botaniche che erano in voga all’inizio dell’800 dove lo scandire del tempo era segnato dall’aprirsi in successione delle corolle di fiori di diverse specie come racconta il Cavaliere Angelo M- Ricci nel suo libro “Orologio di Flora Scherzi botanici” datato Pisa 1827.
Osservò il grande Linneo e la gentil Madamigella sua figlia che alcuni fiori si aprono e si chiudono ad alcune ore determinate del giorno dal maggio fino ad agosto, il che fu detto Vigilia e Sonno delle piante. Un tal fenomeno suggerì l’idea di un Orologio nel quale i fiori offrissero l’indice ed i quadrante.   (VI ore pomeridiane XXII italiane).


La Calendula
Ha fiori radiati di un rosso carico dorato; nei bei giorni estivi lancia una favilla elettrica dagli stami
Passa dinanzi al Sole
Già l’ora sesta, e brilla
D’una sottil favilla
Ond’arse il primo Amor ...
calendule in attesa del sole
Sempre per la particolarità di aprire la corolla in presenza del sole, la calendula era indicata nei manuali medievali di botanica con il nome di solsequium (che segue il sole) o solis sponsa cioè sposa del sole.
I frutti della calendula sono acheni dalla forma arcuata che ricordano nell’aspetto la mezza luna; da essi è possibile riconoscere le diverse specie; il frutto può essere “rostrato” se ricurvo e prolungato in una specie di becco; cimbifome se ricurvo ma senza becco; anulare se molto ricurvo.
La calendula è pianta officinale conosciuta già di Romani per le proprietà antibatteriche e cicatrizzanti del succo tanto da essere utilizzata nella cura di ustioni ed abrasioni ed in genere per combattere la dermatite e l’acne. Santa Hildegard von Bingen, badessa benedettina del monastero di Ruperts-berg in Germania, vissuta all’inizio del XII secolo, studiosa di botanica e di medicina rese famosa la calendula come rimedio per molte malattie tanto che la Calendula officinalis è coltivata in Germania ancora oggi in modo intensivo ed iscritta nella farmacopea tedesca.
I fiori di calendula sono commestibili ed in cucina i petali, freschi o essiccati sono utilizzati come succedaneo dello zafferano per colorare risotti ed insalate, burro e formaggi. Con gli stessi si possono fare, una volta pestati e salati, guarniture per gli arrosti.

 

mercoledì 20 febbraio 2013

Tillandsie che passione!

Tillandsia usneoides
 "Intervista con il Collezionista"
Inauguro, oggi, una nuova rubrica del blog dal titolo “Intervista con il Collezionista”; chiunque si riconosca in questa particolare categoria di appassionati, esperti, competenti ed un poco ..fanatici utenti del verde da collezione, che strane e spesso imperscrutabili motivazioni spingono a dedicarsi ad una determinata, circoscritta e ben definita tipologia vegetale (cactaceae, bromeliaceae, rose, passiflorae, palme e via discorrendo), potrà raccontare e descrivere, a noi tutti,  la propria collezione spiegando i motivi o gli eventi che ne hanno determinato la nascita e l’evoluzione.
  ***
La prima collezione in “vetrina” parla il linguaggio esotico di una tipologia di piante, le tillandsie, di non facile coltivazione all’aperto, nel nostro ambiente climatico; tuttavia, Antonino, un collezionista siciliano trapiantato a Napoli, è riuscito, con passione e competenza a coltivarne con successo oltre 280 tra specie e varietà, mettendo insieme una collezione veramente eccezionale che annovera più di mille esemplari.
Antonino che sorregge un ramo di quercia con esemplari di  T. harrisii
Antonino, come è nata la tua passione per le tillandsie?
Sono nato in Sicilia nel 1976 e per lavoro vivo a Napoli dal 1998. Ho iniziato a coltivare le prime tillandsie nel 1996, acquistate ad una fiera in Sicilia, ma essendo la prima esperienza, ed essendo anche minime le indicazioni del venditore morirono presto. Poi dal 1998, arrivato a Napoli, vidi per la prima volta una Tillandsia aeranthos, proprio da alcuni amici che abitavano vicino casa mia. In quegli anni la mia passione era più accentrata sulle piante grasse, tanto che con semine ed acquisti arrivai in poco tempo a superare i 2000 esemplari, ma quella tillandsia, fu per me un forte richiamo, ancora di più perché con la lontananza da casa non avrei potuto più seguire la mia collezione di cactus come in passato. Cominciai così la collezione acquistando da un anziano della zona ciuffi di T. aeranthos che lui coltivava all’aperto.
Tillandsia aeranthos, un esemplare di oltre vent'anni
Negli anni successivi partecipando ad alcune mostre-mercato ebbi modo di conoscere quei pochi venditori di tillandsie che si trovano oggi in Italia, e allora iniziai ad aumentare lentamente il numero delle mie piante e delle specie, fino a quando, grazie anche ad internet da circa 5 anni ho conosciuto alcuni dei pochissimi collezionisti che si trovano in Italia e all’estero, e scambiando idee, tecniche di coltivazione e piante, confrontando le nostre esperienze e facendo anche nuovi acquisti sono arrivato adesso ad avere una collezione veramente imponente. Attualmente coltivo oltre 180 specie diverse; sono tutte specie xeriche, ovvero che resistono bene a condizioni di siccità, le cosiddette tillandsie grigie, e considerando poi le varietà e gli ibridi arrivo a circa 290, per un totale di oltre 1000 esemplari.
Tillandsia aeranthos v. alba, ancora molto rara in coltivazione

Tillandsia crocata, una delle più profumate
 
Tillandsia albertiana, una delle poche con i fiori rosso fuoco, molto resistente
Ci vuoi descrivere i caratteri botanici della tua collezione?
Le specie di tillandsia che preferisco sono quelle xeriche, quelle cioè che non necessitano di terriccio o vaso, ma basta fissarle ad un ramo o semplicemente appenderle ad un filo di ferro e posizionarle all’esterno, al sole o a mezz’ombra a seconda dell’esigenza della specie, avendo l’accortezza di rientrarle in casa in inverno se le temperature scendono al di sotto di 0°C.
Tillandsia tectorum, una delle più belle
Tra le specie che coltivo vi sono quelle che fanno parte del sottogenere “diaphoranthema” che sono molto piccole, alcune addirittura superano di poco il centimetro, tra queste ricordo la T. bryoides, la T. aizoides e la T. capillaris. Mentre tra quelle di dimensioni maggiori posso vantare una bella raccolta di T. aeranthos in ben otto forme e varietà diverse, e così anche per la T. tectorum che possiedo in 7 forme diverse.

T. brioydes, è una delle più piccole, i suoi fusti non superano i 3 cm ed i fiori si riescono appena a vedere


Tillasndsia xiphioides, specie di piccola taglia, resistente e dai fiori molto profumati
Con alcune specie tuttavia non riesco a trovare ancora un giusto modo di coltivazione, ma questo è dovuto soprattutto alla mancanza di uno spazio adeguato dove poterle tenere durante il periodo invernale; anche se non ho incentrato la collezione su un tema ben preciso, e se per questioni di spazio e ambientali ho preferito le specie xeriche tralasciando le terricole e quelle di ambienti più caldo umidi, non sono venute a mancare alcune caratteristiche particolari come avere fiori dai colori molto vistosi, o un profumo intenso, mentre altre catturano l’attenzione solo per la forma particolare o per il colore bianco argenteo che le contraddistingue.


Tillandsia duratii, specie di grandi dimensioni, resistente e con fiori molto profumati.
 
Tillandsia harrisii, ama il pieno sole e regala una fioritura lunga
Condividi questa passione con qualcuno?
La cosa che più mi ha dato soddisfazione nel realizzare la mia collezione è  stato il fatto di aver coinvolto tantissimi amici in questa passione e tantissimi che prima non conoscevo, da nord a sud; da  ormai 3 anni organizzo una volta l'anno un ordine collettivo dove tutti insieme abbiamo preso anche più di 1000 piante, che poi io smisto, facendo in questo modo ho trovato i canali giusti per avere piante di  ottima qualità, un buon numero di specie diverse a prezzi molto convenienti.
Per tutto questo lo scorso anno ho ricevuto un premio "Passione Verde" indetto dall'ass. ADiPA Campania, e patrocinato dal comune di Salerno, Evento pubblicizzato anche sulla rivista "Giardini & Ambiente",  oltre che 2 articoli sul quotidiano "Il Mattino" di Napoli. Io comunque non mi fermo qui, sto anche lavorando ad un libro sulle tillandsie in italiano. E anche per questo sono sempre alla ricerca di altri appassionati del genere per scambiare pareri sui modi di coltivazione, anche se in Italia le specie coltivate senza problemi da anni sono veramente pochissime, ma solo per una errata divulazione sulle vere esigenze che queste piante richiedono. 
Grazie Antonino per le splendide foto e per la passione che metti nella tua attività di collezionista.
 Sulle tillandsie guarda anche il mio post: tillandsie-in-sicilia-come-palloni-al vento

sabato 16 febbraio 2013

Furcraea selloa, una specie per grandi spazi

Tipi da Orto

Furcraea all'Orto Botanico di Palermo
Ho inserito la descrizione della Furcraea selloa nella rubrica dei“ Tipi da Orto” non perché la specie sia particolarmente rara o delicata o perché, essendo specie caraibica, richieda particolari cure colturali per adattarsi al clima mediterraneo; no, Furcraea selloa , specie molto simile alle agavi appartenendo alla stessa famiglia, dotata di uno stipite arboreo che può raggiungere i due metri di altezza e con foglie, carnose e spinose al margine, rigide come spade e disposte a corona intorno allo stipite, è semplicemente specie troppo grande ed ingombrante per ritrovarla nei piccoli giardini o dove si hanno dei bambini; gli spazi condominiali ed i luoghi di passaggio non le sono congeniali e neanche gli ambienti freddi le si addicono. Ecco perché gli esemplari più belli di questa specie, disposti scenograficamente in serie, li ho visti andando per orti botanici: a Palermo, ad esempio.
Tuttavia nei giorni scorsi , girando per le campagne intorno ad Adrano, sono tornata dopo tempo a rivedere il piccolo borgo di Carcaci.
E' un grumo di case nato intorno ad una sorgente d’acqua a partire dal XII sec., circoscritto, oggi, ad un minuscolo bar di campagna , a vecchi fabbricati, un tempo magazzini , una semplice chiesa con la facciata nera di pietra lavica ed un vecchio castello  in origine della famiglia dei duchi Paternò Castello ed ora della famiglia Ciancio che lo ha ristrutturato come residenza di campagna.



Il giardino del castello in assenza dei proprietari non era visitabile ma la stradetta che consente l’accesso alla casa era liberamente percorribile; ed io l’ho percorsa attirata da una composizione semplice ma sapiente di specie adatte al contesto e al clima capaci di infondere un forte senso di tranquillità: un viale di Melia, un gruppo di palme (Washingtonia robustaW. filifera) e agavi gigantesche a ridosso delle mura merlate che contornano il giardino.
Accanto ad esse una serie, magnifica ed inaspettata, di esemplari di Furcraea selloa var. marginata che come tanti "cavalli di Frisia"  proteggevano il giardino con lunghe, rigide foglie, stiracchiate al sole, puntate ad alzo zero.

Ho avuto l'impressione che, nonostante l'aspetto guerriero, siano piante da guardia mansuete.
Caratteri botanici della specie

Il genere Furcraea, appartenente alla famiglia delle Asparagaceae, è dedicato al chimico francese del XVIII secolo T. Fourcroy e comprende circa 20 specie di piante succulente originarie dell’America tropicale. Sono piante caratterizzate da una rosetta di grandi foglie basali o portate all’apice di un tronco di altezza variabile, spesso dentate, spadiformi; l’infiorescenza è a pannocchia ed è sostenuta da uno scapo fiorale alto anche vari metri. La specie più utilizzata a scopo ornamentale è Furcraea selloa il cui termine specifico fu dedicato dal botanico Koch all’amico e collaboratore Sello. La specie è caratterizzata dall’avere foglie lunghe oltre un metro munite sul margine di spine ricurve; pur essendo di origine colombiana si è naturalizzata in Madagascar dove la specie viene diffusamente coltivata per la produzione di fibra ricavata dalle lunghe foglie. A maturità la specie produce un’infiorescenza alta fino a 6 m che porta bulbilli utilizzati per la propagazione della specie. La Furcraea selloa var. marginata ha i bordi delle foglie colorati di bianco o giallo. E’ pianta ornamentale adatta per le regioni a clima asciutto e caldo.

martedì 12 febbraio 2013

Donnafugata: il parco del castello del Barone burlone

Percorrendo la stretta strada che da Ragusa scende verso il mare, in un paesaggio segnato da muretti a secco, carrubi e vacche che pascolano al sole, si incontra su di un poggio che domina un tratto di costa che da Punta Braccetto porta a Scoglitti, il Castello di Donnafugata, una delle più belle residenze storiche presenti nelle campagne della Sicilia orientale.
Più che un castello é un’elegante abitazione di campagna realizzata, nelle sue forme attuali, da Corrado Arezzo, Barone di Donnafugata, senatore del Regno e Sindaco di Ragusa, vissuto alla metà dell’ottocento, erede di una nobile famiglia che ebbe disponibilità della proprietà a partire dal XVII secolo. Secondo la leggenda la “Donna in fuga” che avrebbe dato nome alla baronia è la Regina Bianca di Navarra, vedova di Re Martino I d’Aragona, re del regno di Sicilia, che nel 1410 riuscì a fuggire da Palermo scampando alle mire del Conte Bernardo di Cabrera che sperava di convincere la regina a prenderlo in sposo e divenire in tal modo re; in Sicilia di dimore legate, nella tradizione, alla fuga della Regina Bianca ce ne sono tante quasi quanto quelle (direi una in ogni paese) che si fregiano di avere ospitato Garibaldi al suo passaggio e dunque, più verosimilmente, il toponimo “Donnafugata” deriverebbe da un etimo arabo con il significato di “Fonte della salute” per la presenza di una sorgente posta nelle vicinanze della dimora. Il castello in pietra bianca con le sue molteplici stanze, alcune delle quali ben conservate e aperte al pubblico ed il grande parco che lo circonda, svolgeva alla metà dell’800 il ruolo di grande residenza di campagna dove il Barone si ritirava alcuni mesi all’anno per riposare e seguire l’andamento delle sue proprietà.
Personalità eclettica, grande viaggiatore, musicista, amante del verde esotico ed intenditore di agricoltura, il barone Arezzo realizzò il parco come luogo di delizia dove rilassarsi nelle calde estati siciliane intrattenendo i suoi ospiti con scherzi, giochi d’acqua, invenzioni grottesche ed angoli suggestivi disseminati nel parco.
La grande superficie di circa 8 ettari era sostanzialmente suddivisa in tre aree principali: una parte ad orto e giardino con piante da frutto, le serre ed un piccolo orto botanico dove accogliere vari esotismi che a Palermo come a Ragusa facevano la gioia delle casate nobili dell’epoca. A ridosso del fabbricato, sotto le finestre del piano nobile, era ambientata l’area formale con un giardino geometrico alla francese con aiuole di lavanda e rosmarino a forma di stella e semi luna piene di fiori.

La zona più estesa e scenografica del parco era all’inglese, caratterizzata da una viabilità irregolare che indirizzava le passeggiate verso una serie di elementi simbolici: il viale di accesso ad una casina per i rinfreschi all’aperto (coffee house), il viale del tramonto e la collina con grotte e un tempietto neoclassico, ombreggiato da pini. Il parco doveva stupire e divertire ed era perciò disseminato di “amenità”. Famoso l’automa con sembianze da monaco barbuto nascosto dentro una finta cappelletta il cui meccanismo veniva azionato salendo sull’ultimo gradino; il malcapitato si trovava stretto in un improvviso e sgradito abbraccio dell’orrido monaco.
 
Sotto la collinetta artificiale una finta grotta era decorata con stalattiti di sughero a ricreare l’effetto di un antro buio e ospitava un automa che inghiottiva ed evacuava palline, tra spruzzi d’ acqua. Al di sopra della grotta un tempietto circolare aveva il tetto dipinto come un cielo di stelle per ospitare romantiche conversazioni su un sedile di ghisa. Tra gli intrattenimenti più richiesti dagli ospiti del Barone, vi era nel parco un labirinto realizzato con muri a secco, in pietra bianca ragusana e sorvegliato all’ingresso da un soldato di pietra; il labirinto ricalcava la forma a trapezio del celebre labirinto inglese di Hampton Court Palace, vicino Londra, che il Barone doveva avere visto ed apprezzato durante uno dei suoi innumerevoli viaggi; all’interno del labirinto rose rampicanti crescevano ovunque per impedire lo scavalcamento delle corsie.
Lo stile neogotico di fine Ottocento, presente in Sicilia in molte dimore del tempo, era ripreso nel parco nelle grottesche decorazioni di vasi e finestre e, in giardino, nell’ emiciclo posto a nord, che ospitava un boschetto di cipressi con due finte pietre sepolcrali (cenotafi).

Non mancavano poi, fontane e scherzi d’acqua distribuiti nei sedili del parco dove più probabile era la sosta. A distanza di oltre un secolo lo spirito del "Barone burlone" non aleggia più tra queste scenografie vegetali. Il parco acquisito nel 1982 dal comune di Ragusa in stato di quasi totale abbandono sta riprendendo progressivamente forma nelle sue aree principali ma delle oltre 1500 specie di alberi ed arbusti introdotte dal Barone ne rimangono appena un centinaio; tra esse, quattro esemplari ultra centenari di Ficus macrophylla subsp. macrophylla, una specie di ficus priva di radici aeree; tra le curiosità a loro riguardo: un antico privilegio della baronia di Donnafugata consentiva di utilizzare le foglie dei ficus come cartoline che il locale ufficio postale annullava e spediva regolarmente.
Interessante il viale delle casuarine della specie Casuarina verticillata caratterizzata da un fogliame più elegante e flessuoso rispetto alla più diffusa Casuarina equisetifolia.
Tra le rarità botaniche Pinus roxburghii una specie himalayana molto resistente all’aridità, presente nel parco con due soli esemplari ed un unico esemplare di Sideroxylon foetidissimum, un albero della famiglia delle Sapotaceae dal legno arancione e frutti neri, eduli. 
Nel parco di Donnafugata gli scherzi del Barone burlone non sono più in funzione ed ai moderni visitatori non resta che perdersi, per poi ritrovarsi, tra le corsie assolate del labirinto di pietra.
Fonti: G. Pirrone, L'isola del sole, Electa, Milano, 1994; B. Guccione, G. Nicastro, Il recupero del parco di Donnafugata, La Sicilia ricercata, anno secondo marzo 2000, Bruno Leopardi editore;
 
P.S. Il Parco ed il Castello sono stati da me rivisitati nel gennaio 2022 e sono sempre una bella meta; del Castello sono visitabili le stanze del primo piano con i relativi arredi; il giardino è ripulito ed è molto gradevole passeggiare tra  tempietti e grotte ma in alcuni punti la manutenzione è un poco grossolana come nel giardino all'italiana dove le siepi di rosmarino e salvia sono un unico grande groviglio. Nel complesso un giardino da vedere. 

giovedì 7 febbraio 2013

Cruciverba di Carnevale


Risolvendo le definizioni verticali si otterrà in orizzontale il nome di una specie a proprio agio durante il carnevale ..


1 La luna di carnevale;
2 Infiorescenza della carota;
3 Operazione colturale necessaria quando le radici fuoriescono dal foro di fondo del vaso;
4 Balsamina;
5 Vasto genere di succulente a fioritura invernale;
6 Varietà di arancia umbonata;
7 Quando la Brugmansia si chiamava...;
8 Ortaggio a radice fittonante che si semina in febbraio;
9 Danno provocato da eccesso di luce su foglie, generalmente, bagnate;
10 Cereale privo di glutine, molto energetico, adatto per zuppe invernali;
11 Messa a dimora;
12 Genere del Kiwi;
13 Lo si raccoglie quando si va ad asparagi;
14 Lo è il piretro;
15 Genere a cui appartiene un diffuso arbusto a fioritura invernale;
16 Azione di contatto che provoca vesciche;
17 Albero a fioritura invernale che ha molto da temere da una festa in arrivo.



 

martedì 5 febbraio 2013

Come due piselli in un baccello

Raccolto
E’ con un sentimento di fanciullesca gioia, misto ad un certo imbarazzo per la soddisfazione che provo, che pubblico le foto del "raccolto di piselli" effettuato quest’oggi in balcone.
 
La semina è stata fatta in ottobre in un vaso liberato da una pianta passata a miglior vita; pochi i semi utilizzati tra quelli avanzati in azienda dove i miei ragazzi-studenti avevano appena seminato piselli, applicando in pratica quanto poco studiato sui libri.
In questo tiepido inverno siciliano le piante di Adrano, cresciute e pasciute in azienda, sono in fioritura ma le mie, qui a Catania, coltivate in un balcone esposto a Mezzogiorno che guarda il mare, non solo sono fiorite ma si trovano già in avanzata produzione.
E dopo giorni di trepidante attesa oggi ho fatto il raccolto:  12 baccelli cicciottelli con semi bombardi, dal gusto così. 
Non riesco ad esprimere appieno la mia infantile soddisfazione.
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