mercoledì 9 marzo 2011

Mimosa: "Finita la festa gabbato lo Santo"

Potete ben capire chi è, oggi, il “Santo gabbato”; da dove credete che abbiano preso tutti quei rametti di mimosa fiorita per omaggiare le donne nel giorno della loro festa? Ma, è chiaro, dai poveri alberi di mimosa in fioritura che dai giardini facilmente accessibili sono direttamente passati agli angoli delle strade, raccolti notte tempo da venditori improvvisati “fai da te”. E dire che la mimosa o meglio Acacia dealbata è specie così delicata da non sopportare di certo brutali maltrattamenti; il suo legno è tenero e le radici non approfondite; basta spesso del forte vento per staccarne di netto branche e rami.
 A parziale risarcimento per una pianta così bistrattata ecco alcune notizie agronomiche che la riguardano molto da vicino.
Il genere Acacia (famiglia delle Mimosaceae) comprende circa 450 specie distribuite nelle regioni tropicali e sub-tropicali del mondo ed in particolare in Africa ed Australia. Le circa dodici specie introdotte in Europa nel XVIII e soprattutto nel XIX secolo, si sono particolarmente adattate alle condizioni climatiche delle aree costiere del Mediterraneo dove fioriscono da dicembre a marzo, periodo corrispondente all' estate australe.

La coltivazione della mimosa come fronda fiorita da recidere, usata dai fioristi per composizioni di qualità, è in Italia tradizionalmente localizzata in Liguria. L'aspetto più interessante, che riguarda la produzione in vivaio di questa specie, è la propagazione che avviene per innesto, reso necessario dal fatto che molte delle varietà coltivate per la bellezza della fioritura non tollerano la presenza di calcare nel terreno; una minore suscettibilità nei confronti di questo fattore è stata riscontrata su alcune specie come, ad esempio, Acacia retinoides che viene, pertanto, utilizzata come portainnesto (utilizzo dell’apparato radicale) di varietà da fiore suscettibili.
Molto particolare è la tecnica di innesto che viene eseguito in estate (giugno-luglio) con il metodo per approssimazione: la tecnica consiste nell'avvicinare il portainnesto, coltivato in vaso, (del diametro di una sigaretta) ad una marza (rametto) della varietà da fiore da moltiplicare (coltivata in piena terra) scelta dello stesso diametro del portainnesto, in vegetazione e senza che abbia formato infiorescenze. Nel punto in cui si esegue l'innesto viene tagliata da ambedue i fusti una fettina di corteccia e di legno di 2-5 cm. Il taglio deve essere perfettamente liscio e piatto in modo che una volta congiunte le due parti si abbia una perfetta coincidenza degli strati cambiali; le due piante in corrispondenza del punto d'innesto vengono poi legate strettamente con un filo di rafia o di cotone, procedendo, poi, dopo dieci giorni al taglio della chioma della piantina di Acacia retinoides. L'elemento che caratterizza questo tipo d'innesto è rappresentato dal mancato distacco della marza dalla pianta madre da fiore alla quale essa rimane collegata sino al momento dell' avvenuto attecchimento che avviene in settembre-ottobre quando il germoglio ha raggiunto l'altezza di almeno un metro. In genere per agevolare le operazioni di contatto tra il portainnesto e le marze, al momento di eseguire gli innesti, la chioma delle piante madri viene abbassata sino al suolo con tiranti che ne legano i rami.
Chi l’avrebbe mai detto cosa ci sta  dietro ad un rametto di mimosa fiorito.
( A parziale risarcimento per il “Santo gabbato)”.

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